Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: DI SALVO EMANUELE Data Udienza: 23/01/2019
Fatto e diritto
1. G.B. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all'art. 590 cod. pen., perché, in qualità di amministratore unico della s. r. I. "Castel Belts", cagionava lesioni personali gravi al dipendente P.M., il quale, mentre era intento ad attrezzare una macchina tagliastrisce, operazione per svolgere la quale era necessario smontare i ripari in plexiglas, che proteggevano le mani dai rulli, inavvertitamente urtava, con il piede, il pedale della macchina, così riavviandola e finendo con la mano sotto i rulli. 2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché la macchina interessata all'infortunio era stata posta dal datore di lavoro fuori uso perché non a norma, così come segnalato da apposito cartello, secondo quanto dichiarato in dibattimento dalla stessa persona offesa, la quale ha anche precisato di non avere nell'immediato riferito della presenza del cartello perché nessuno gli aveva posto al riguardo domanda alcuna. È chiaro peraltro che la persona offesa era restia a riferire ciò, avendo utilizzato una macchina che, secondo quanto univocamente affermato dai testimoni escussi in dibattimento, come U. e M., colleglli di lavoro del P.M., non poteva essere usata. I testi F. e S. non erano invece in grado di riferire in ordine a tale circostanza, la prima perché in maternità e il secondo perché aveva mansioni completamente diverse. Del resto, si trattava di un capannone di 750 m quadri, suddiviso in reparti, in cui lavoravano 15-16 lavoratori, ragion per cui è perfettamente comprensibile che i testi non abbiano potuto fornire dettagli in merito alla problematica in disamina. La circostanza che il macchinario sia stato sottoposto a manutenzione, sia immediatamente prima che immediatamente dopo l'infortunio, è ascrivibile non al fatto che il macchinario fosse in uso ma all'intento del G.B. di valutare se fosse più conveniente metterlo a norma anziché dismetterlo. L'affermazione della Corte d'appello secondo cui non vi era alcuna altra macchina che sostituisse quella interessata collide invece con le dichiarazioni sia dei colleghi di lavoro della persona offesa che del funzionario della ASL, il quale ha riferito che ve ne era una nuova. 2.1. Il comportamento del lavoratore è da qualificarsi in termini di abnormità, trattandosi di un operaio esperto, che esercitava le proprie mansioni da vent'anni e che era stato adeguatamente formato circa l'utilizzo della macchina tagliastrisce. Egli indebitamente e consapevolmente rimise in funzione il macchinario, senza che il G.B. potesse prevedere ciò. È dunque da considerarsi interrotto il nesso di causalità. 2.2. Ingiustificatamente è stata negata la concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla aggravante contestata, nonostante l'imputato abbia tenuto il macchinario in questione a disposizione dell'autorità procedente per ben otto mesi, affinché potessero essere compiuti tutti gli accertamenti, con un atteggiamento di piena collaborazione, che lo ha indotto anche a sottoporsi ad esame. L'affermazione che il cartello sarebbe stato posto in epoca successiva all'incidente non trova alcun riscontro nelle risultanze dibattimentali ed è stata addirittura smentita dalle medesime. 2.3. Erroneamente è stata rigettata la richiesta di applicare la sola pena pecuniaria della multa o, in alternativa, di sostituire la pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria, atteso che la circostanza che l'imputato abbia riportato precedenti condanne a sola pena pecuniaria, come pena principale o come sanzione sostitutiva, non osta affatto alla reiterazione dell'applicazione della sanzione pecuniaria medesima, tanto più che le sanzioni sono state tutte debitamente pagate e le condanne riguardano fatti risalenti nel tempo e reati posti a tutela di beni giuridici diversi. 2.4. Ingiustificatamente è stata negata la concessione della sospensione condizionale della pena, nonostante la precedente condanna fosse ad anni uno di reclusione e la presente sia a mesi due di reclusione, con un cumulo, dunque, abbondantemente al di sotto del limite dei due anni. 3. Risalendo il fatto al 29-1-2010, è maturato il termine prescrizionale, di anni 7 e mesi 6, onde il reato è estinto per prescrizione. Il ricorrere di una causa di estinzione del reato preclude la disamina della questione relativa alla fondatezza o meno dei motivi di ricorso. Quand'anche, infatti, dovesse addivenirsi, al riguardo, ad una valutazione in senso positivo, essa comporterebbe l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con conseguente prosecuzione del processo dinanzi al giudice del rinvio. Ma la prosecuzione del processo è incompatibile con l'obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato (Sez. U., 21-10-1992, Marino; Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244275 - 01; Cass., 23-1-1997, Bormgia, Rv. 208673; Cass., 24 -6- 1996, Battaglia, Rv.205548). Né, d'altronde, è possibile, in questa sede, fare applicazione del disposto dell'art. 129 cpv. cod. proc. pen., non risultando evidente il ricorrere di una delle cause di non punibilità di cui alla predetta norma, in considerazione delle ragioni espresse nella motivazione della decisione impugnata. 4. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Così deciso in Roma, il 23-1-2019.
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