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Europe, Rome

Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 1367 | 16 gennaio 2023

ID 18711 | | Visite: 1466 | Cassazione Sicurezza lavoroPermalink: https://www.certifico.com/id/18711

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 5 del 16 gennaio 2023 n. 1367

Infortunio sul lavoro per il cedimento della piattaforma di scarico merci dell'autocarro. Falsa dichiarazione

Penale Sent. Sez. 5 Num. 1367 Anno 2023
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: BRANCACCIO MATILDE
Data Udienza: 09/11/2022

Ritenuto in fatto

1. Viene in esame la sentenza della Corte d'Appello di Milano, che ha confermato la decisione di primo grado con cui A.D. è stato condannato:
- alla pena di 20 giorni di reclusione, in relazione al reato di lesioni colpose da omissione di norme in materia di cautele sul lavoro, ai danni di G.R.N., feritosi per il cedimento della piattaforma di scarico merci dell'autocarro della società CSD, di cui l'imputato era legale rappresentante: la vittima ha riportato una frattura alla clavicola sinistra ed altre lesioni, giudicate guaribili in 25 giorni;
- alla pena di un mese di reclusione in ordine al reato di violenza privata aggravata, perché, al fine di conseguire l'impunità per il reato di lesioni colpose, costringeva G.R.N. ad attestare, all'addetto del Triage ospedaliero dove l'aveva accompagnato dopo l'infortunio, di essersi ferito a seguito di una caduta di un armadio nel proprio domicilio, minacciandolo e imponendogli di togliersi gli abiti da lavoro affinchè potesse essere più credibile la falsa dichiarazione.

2. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso l'imputato, tramite il difensore, articolando due motivi di censura.
2.1. Il primo argomento difensivo eccepisce violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, quanto all'affermazione di responsabilità del ricorrente per il reato di lesioni colpose.
La tesi proposta nel ricorso è che dall'istruttoria dibattimentale, riportata in modo impreciso ed omissivo nel provvedimento impugnato, emerge che le cautele antinfortunistiche erano state rispettate nel contesto dell'incidente occorso all'operaio­ persona offesa, poiché le rampe di scarico del camion risulta che fossero dotate di linguette di fissaggio e, quindi, adeguate allo scarico della piattaforma (si evocano le dichiarazioni di due testimoni su tre, in particolare di A.M., caposquadra, che ha effettuato la manovra di scarico merci dal camion).
Inoltre, sarebbe provata anche l'adeguata formazione professionale degli operai, per utilizzare i mezzi di scarico e carico.
2.2. Il secondo motivo di censura deduce violazione di legge e vizio di motivazione manifestamente illogica anche riguardo all'affermazione di colpevolezza riferita al delitto di violenza privata: il difensore evidenzia che il ricorrente non ha fatto alcuna pressione sulla vittima dell'infortunio, affinchè dichiarasse il falso, ma ha solo tentato di costruire una via d'uscita che lo lasciasse indenne da responsabilità da omesse cautele per consentire al cantiere di continuare a lavorare, con un comportamento moralmente censurabile ma non penalmente illecito.

3. Il PG Andrea Venegoni ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le deduzioni difensive del ricorrente attingono la prova dei reati, contestandone il portato e l'esito logico trattene dai giudici di merito, con motivi formulati secondo direttrici di censura che esulano dall'orizzonte cognitivo del giudice di legittimità: come noto non è ammesso il sindacato sul merito della vicenda sottoposta alla Cassazione, che giudica la correttezza motivazionale del provvedimento impugnato, la sua congruità argomentativa ma non la valenza delle prove, a meno che non si sia in presenza di un travisamento evidente degli elementi di fatto esaminati, e, in questo caso, con i limiti che derivano dalla presenza di una doppia pronuncia conforme.
In altre parole, non può che ribadirsi il principio consolidato, secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità - a meno che non si rivelino fattori di manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., tra le più recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Il ricorrente, invece, in entrambi i motivi di ricorso, tenta di coinvolgere il Collegio in una inammissibile rivalutazione degli elementi di prova, soprattutto della prova dichiarativa, confondendo, peraltro, il valore delle testimonianze, tentando di esportare i risultati, asseritamente positivi, di alcune dichiarazioni nella vicenda specifica, che riguarda non già un qualsiasi lavoratore, ma segnatamente la persona offesa dal reato, in relazione alla quale soltanto andava accertato il rispetto delle norme in materia di antinfortunistica sul lavoro e formazione utile a prevenire incidenti.
Estromettendo la valenza delle prove che hanno condotto la sentenza impugnata a determinarsi nel senso della colpevolezza, il ricorso si concentra, quindi, in maniera del tutto generica, su elementi diversi ovvero propone una assertiva e più favorevole lettura di quelli già centrati dalla Corte d'Appello, ripercorrendo gli elementi di fatto e sostenendo assertivamente la tesi che siano state rispettate le disposizioni normative antinfortunistiche.
Inoltre, come ha sottolineato anche il PG nella sua requisitoria scritta, il ricorso propone, in chiave di travisamento, un confronto diretto con i verbali del primo grado di giudizio, così ignorando l'obbligo di specificare i motivi di censura rispetto al provvedimento di secondo grado, indicando se non abbia tenuto conto di analoghe osservazioni proposte rispetto alle ragioni del Tribunale nell'atto di appello: è la sentenza di secondo grado, infatti, che costituisce il fulcro attorno a cui dovrebbe ruotare l'impugnazione proposta in sede di legittimità.
2.1. Infine, quanto alle osservazioni difensive relative al reato di violenza privata, appare evidente che il ricorrente confonde, ancora una volta, i piani di censura utili a sostenere un travisamento della prova ovvero una ragione di illogicità della sentenza di secondo grado, promuovendo uno dei moventi possibili del suo agire delittuoso - vale a dire il tentativo di nascondere la violazione di norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, in modo tale da tenere indenne la sua ditta da conseguenze economiche dannose - a causa di giustificazione della condotta.
In altre parole, non si contesta, da parte della difesa, la materialità di quanto è accaduto, e cioè le forti pressioni utilizzate nei confronti della vittima dell'infortunio affinchè non rivelasse quanto realmente accaduto ma fingesse un evento accidentale avulso dal contesto lavorativo, bensì se ne offre una lettura edulcorata in un'ottica favorevole all'imputato, ancorchè priva di qualsiasi supporto giuridico.
Di qui, l'esito di inammissibilità, per manifesta infondatezza, genericità ed apoditticità, anche del secondo motivo di ricorso.

3. Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul punto Corte Cost. n.186 del 2000), al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 3.000.
3.1. Il ricorrente deve essere condannato, altresì, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, presente in udienza tramite il difensore di fiducia, che ha depositato conclusioni e nota spese; si ritiene congrua la liquidazione di complessivi euro 4.438, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 4.438, oltre accessori di legge.

Così deciso il 9 novembre 2022.

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Tags: Sicurezza lavoro Cassazione

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