Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Sez. 10, 12 giugno 2025, n. 219 - CGE n. 219/24
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Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Sez. 10, 12 giugno 2025, n. 219 - CGE n. 219/24 / Rischio biologico giustifica obbligo vaccinazione
ID 24196 | 30.06.2025 / Sentenza allegata
La normativa europea sulla SSL non osta a una normativa nazionale in forza della quale "un datore di lavoro può obbligare i lavoratori con i quali ha concluso un contratto di lavoro a farsi vaccinare se sono esposti a un rischio biologico".
Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttiva 89/391/CEE - Obblighi dei datori di lavoro - Direttiva 2000/54/CE - Agenti biologici - Vaccini
[...]
I punti 1 e 2 di questo allegato VII della 2000/54/CE precisano che, se esiste un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa della loro esposizione ad agenti biologici contro i quali esistono vaccini efficaci, il loro datore di lavoro dovrebbe «offrire» loro la vaccinazione, e che tale vaccinazione dovrebbe aver luogo «conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali», e i lavoratori devono, peraltro, essere informati circa vantaggi e inconvenienti «sia della vaccinazione sia della non vaccinazione».
L'obbligo vaccinale, del caso, non costituisce un’«attuazione» del diritto dell’Unione delle direttive 2000/54/CE e 2000/54/CE, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1 (Ambito di applicazione - Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati.), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Ne consegue che una disposizione nazionale, (del caso) si colloca al di fuori dell'ambito di applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e non può, pertanto, essere valutata alla luce delle disposizioni di quest'ultima, in particolare del suo articolo 3, paragrafo 1 (Diritto all’integrità della persona - Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica), o del suo articolo 31, paragrafo 1 (Condizioni di lavoro giuste ed eque - Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose).
Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:
L'articolo 6 (Obblighi generali dei datori di lavoro), paragrafi 1 e 2, nonché l'articolo 9 (Vari obblighi dei datori di lavoro), paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, e l'articolo 14 (sorveglianza sanitaria), paragrafo 3, della direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), come modificata dalla direttiva (UE) 2020/739 della Commissione, del 3 giugno 2020, in combinato disposto con l'allegato VII (Codice di condotta raccomandato per la vaccinazione), punti 1 e 2, della direttiva 2000/54/CE, come modificata, devono essere interpretati nel senso che:
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