Cassazione Penale Sez. 4 del 23 giugno 2025 n. 23318
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CP Sez. 4 n. 23318/2025 / Infortunio con macchinario - Omessa formazione e omessa consegna manuale d'uso
ID 24162 | 25.06.2025 / In allegato
Cassazione Penale Sez. 4 del 23 giugno 2025 n. 23318
Macchinario sprovvisto di carter di protezione e ferita al dito dell'operatore. Omessa formazione e omessa consegna del manuale d'uso: nessuna abnormità nel comportamento del lavoratore
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23318 Anno 2025
Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente
Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere
Dott. CALAFIORE Daniela - Relatore
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere
Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere
1. Con sentenza del 31 maggio 2024, la Corte d'Appello di Firenze ha confermato la decisione del Tribunale di Arezzo del 5 novembre 2021, che aveva ritenuto A.A., in qualità di datore di lavoro, responsabile del reato di lesioni gravi subite dal dipendente B.B., rimasto ferito a un dito della mano sinistra e giudicato guaribile in tempo superiore a 40 giorni.
In particolare, la condotta colposa contestata allo A.A. si riferiva alla violazione degli artt. 71, comma 4 lettera A) punto 1 e 87, comma 2, lettera C) D.Lgs. n. 81 del 2008, perché nella qualità di datore di lavoro ometteva di prendere le misure necessarie affinché l'attrezzatura di lavoro venisse installata ed utilizzata in base alle istruzioni d'uso. Segnatamente, consentiva l'utilizzo del macchinario denominato "Linea completa Exeller" marca Finetech tipo Rw/01/2007 anno 2008 matricola (omissis), sprovvista di carter posti a protezione degli organi in movimento (cinghie e pulegge, coltelli e nastro trasportatore), atti a impedire il contatto tra l'operatore e il macchinario, così che il lavoratore, al fine di rimuovere delle strisce di cartone prodotte dagli scarti di lavorazione che occludevano l'aspiratore, infilava la mano nel condotto dell'aria urtando le lame in movimento. In A, il 30 maggio 2018.
2. Secondo la ricostruzione dei fatti condivisa dai giudici di merito, era accaduto che il lavoratore, all'epoca dei fatti dipendente della ditta Tecnicart Srl, il giorno indicato nella contestazione, stava lavorando a un macchinario, quando si era posta la necessità di ripulire il tubo di aspirazione dello scarto prodotto dalla lavorazione che lo stesso stava effettuando. Per togliere il materiale scartato, il lavoratore aveva utilizzato le mani, mentre la macchina era in movimento e, accidentalmente, nel compiere tale operazione, era stato colpito da una lama della macchina, riportando una ferita a un dito della mano. Il teste C.C., che aveva effettuato un sopralluogo per conto della USL di A, a seguito dell'infortunio, aveva precisato di aver esaminato il macchinario sul quale stava lavorando il lavoratore infortunato, rilevando che era privo di un dispositivo di sicurezza. In particolare, il teste aveva appurato che la parte sottostante al piano di lavoro era sprovvista di carter, il quale invece avrebbe dovuto essere posto a protezione delle parti in movimento del macchinario. Tale mancanza aveva consentito al lavoratore di entrare in contatto con le lame, anche mentre il macchinario era in movimento, esponendolo al pericolo. Anche nel documento di valutazione dei rischi era stata prevista la necessità di installare il carter ed era stato fatto obbligo al datore di lavoro di proteggere tutte le parti in movimento.
Da ciò la responsabilità dell'imputato, posto che la condotta colposa non veniva meno in ragione delle dichiarazioni dei testi della difesa, secondo cui il lavoratore era stato adeguatamente formato sull'uso del macchinario e che lo stesso aveva la disponibilità del libretto delle istruzioni dal quale emergeva che tutte le operazioni avrebbero dovuto essere compiute a macchinario spento e da personale specializzato. Nessun atto abnorme era addebitabile al lavoratore, non essendo la sua condotta eccentrica rispetto alle proprie mansioni.
3. La Corte d'Appello, nel confermare l'accertamento del Tribunale, ha pure respinto la richiesta di rinnovazione istruttoria mediante perizia, a fronte della esauriente istruttoria espletata. La condotta era grave perché la precauzione omessa era di agevole realizzazione, idonea ad impedire l'evento, per la prognosi di guarigione del lavoratore e per la formazione aspecifica fornita allo stesso infortunato. Anche il profilo sanzionatorio è stato confermato, trattandosi di pena prossima al minimo edittale, ulteriormente ridotto per la concessione delle attenuanti generiche.
4. Avverso la sentenza della Corte d'Appello, A.A. ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore, sulla base di tre motivi, sintetizzati come segue ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
- Con il primo motivo, si deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1 lett. d) cod. proc. pen., la mancata assunzione di prove decisive in grado di appello e precisamente la mancata disposizione di perizia sul macchinario RX 01/2007 Exceller Line, presso cui l'infortunato era impiegato al momento del fatto, nonché la mancata assunzione del teste C.C.; nonché vizio di motivazione, in ragione della contraddittorietà della motivazione e dell'apparenza della medesima, con conseguente violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio in capo all'imputato. Il ricorrente, riportato il riferimento alla "esauriente istruttoria svolta", con il quale la Corte d'Appello aveva rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria in appello, ha evidenziato che la contestazione mossagli aveva avuto ad oggetto una singola specifica ipotesi di colpa specifica, per cui il relativo accertamento non avrebbe potuto prescindere dalla approfondita e analitica ricognizione delle caratteristiche e delle modalità d'uso del macchinario a contatto del quale il lavoratore si era procurato, in modo imprudente a seguito di una sconsiderata condotta, la ferita al dito. La necessità della perizia, ad avviso del ricorrente, sarebbe resa evidente dal non aver la Corte d'Appello, in mancanza, potuto verificare che l'eventuale spegnimento del macchinario avrebbe in concreto evitato l'evento. Si sarebbe dovuto, attraverso l'espletamento della sollecitata perizia, appurare se il nocumento subito dal lavoratore fosse dovuto effettivamente all'assenza del carter inferiore ovvero, come sembrava più verosimile, per il fatto aver immesso l'arto nel condotto dell'aria. A fronte di tali decisivi interrogativi, la sentenza impugnata si era limitata a fare riferimento alla foto 9 tratta dal fascicolo del p.m., rimarcando che vi era già la predisposizione dei fori per l'installazione del carter inferiore di protezione e che ciò era previsto nel manuale, dove si parlava di installazione di più carter. La difesa aveva anche insistito per ottenere la rinnovazione dell'esame del teste C.C., posto che lo stesso aveva avuto modo di affermare di essere intervenuto a distanza di circa quattro mesi dall'infortunio, per cui il macchinario avrebbe potuto subire modificazioni, posto che non aveva mai formato oggetto di sequestro. Il motivo, inoltre, sviluppa diversi dubbi interpretativi sulle dichiarazioni rese dallo stesso lavoratore infortunato e su quelle rese dal teste C.C., ritenendole foriere di dubbi e ambiguità sulle effettive caratteristiche del macchinario e anche sulla compatibilità temporale tra le previsioni del documento di valutazione dei rischi (datato 4 giugno 2018) e la data dell'evento (13 maggio 2018). Si mette in evidenza l'idoneità del macchinario a consentire l'effettuazione di operazioni da remoto (tramite webcam) e la insufficiente competenza tecnica dimostrata dal giudice d'appello nello spiegare l'effettiva dinamica del sinistro.
- Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce vizio di motivazione in merito alla ritenuta attendibilità della testimonianza resa dalla parte offesa B.B., nonché in ordine alla ritenuta inattendibilità del teste D.D.; si deduce la mancata motivazione relativamente alla mancata valorizzazione della testimonianza resa da E.E. e F.F., in ragione della contraddittorietà del ragionamento svolto dalla sentenza impugnata. La stessa aveva motivato nel senso di negare una condotta del lavoratore arbitraria ed eccentrica, entrando in piena contraddizione con la contestuale affermazione del rispetto dell'obbligo di formazione e della diramazione di direttive sull'utilizzo del macchinario. In particolare, il motivo si rivolge al capo 3.1 della sentenza impugnata, che aveva affermato che il lavoratore infortunato non aveva ricevuto adeguata formazione, che allo stesso non era stato consegnato il manuale d'uso del macchinario e che l'attività realizzata, in base alla quale questi fini per infortunarsi, non rientrava nell'attività manutentiva. Inoltre, era stato accertato che l'attività in questione era stata espressamente demandata al lavoratore e quindi rientrava nell'ambito delle proprie mansioni. Ciò, ad avviso del ricorrente, sarebbe assolutamente incongruente con l'inciso operato dalla Corte, secondo cui si era trattato di un mero avvicinamento accidentale al macchinario, che mai avrebbe potuto cagionare l'evento, atteso che l'area nella quale erano collocati i coltelli, il cui contatto fu causa dell'infortunio, era prettamente interna al macchinario. Dunque, sostiene il ricorrente, fu l'iniziativa del lavoratore attraverso l'introduzione del proprio arto all'interno del macchinario a determinare l'evento. Al fine di supportare la tesi, il ricorrente rimanda al fascicolo fotografico in atti e insiste nel ritenere che la circostanza del cosiddetto intoppo non poteva ritenersi altro che una vera e propria avaria del macchinario, con la conseguente necessità di richiedere l'intervento di apposito personale. Si trattò quindi di un'azione improvvida del lavoratore, che rendeva manifesta l'irrilevanza dell'assenza del Carter rilevata dal teste e che l'evento si determinò per l'esclusiva azione del lavoratore stesso. Del resto, l'istruttoria, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, aveva dimostrato che il lavoratore aveva frequentato corsi di formazione per il settore rischio alto e che era stato debitamente informato sui rischi generali specifici e residui connessi alle lavorazioni effettuate. Proprio sulla mancata consegna del manuale d'uso, oltre che in ordine alla specifica formazione, si era quindi formata la prova in sede istruttoria nel senso totalmente contrario rispetto a quello affermato dalla Corte d'Appello. Il ricorrente deduce, altresì, che altri testi trascurati nella ricostruzione della Corte d'Appello, quale F.F., avevano rilevato quali fossero le istruzioni ricevute in caso di avarie dei macchinari aziendali, come il divieto per il lavoratore di accedere alla parte bassa del macchinario, circostanza ribadita dal medesimo teste, il quale aveva dichiarato la necessità di chiamare in tali casi il manutentore e cioè il testo stesso.
- Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la nullità della sentenza e contestualmente il vizio di motivazione, oltre che, in relazione agli articoli 133 e 533 cod. proc. pen. e all'articolo 590 cod. pen., l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale in ordine alla commisurazione della pena la manifesta e logicità della motivazione, con vizio risultante dal provvedimento impugnato. Ritiene ricorrente che, anche a voler ritenere acclarata la responsabilità penale dell'imputato, in ogni caso dovrebbe operarsi la revisione del trattamento sanzionatorio in quanto con l'atto di appello l'imputato aveva chiesto la riforma del capo della sentenza del Tribunale in cui veniva comminata la pena di mesi due di reclusione ed Euro 400 di multa, che era prevista in via alternativa. La Corte d'Appello, con motivazione erronea aveva invece ritenuto conforme a legge e congrua la pena irrogata dal Tribunale, mentre a mente dell'articolo 590, terzo comma, cod. pen., rilevante in forza del fatto contestato e cioè lesioni personali colpose a seguito di infortunio sul lavoro, all'interno del paradigma della lesione grave, la norma prevede la pena della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da Euro 500 ad Euro 2000 quindi non la pena congiunta.
5. La Procura Generale, nella persona della Sostituta Procuratrice Francesca Costantini, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei primi due motivi di ricorso e l'accoglimento del terzo, con annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio.
7. La difesa dell'imputato ha depositato memoria in replica alle conclusioni del Procurato generale, insistendo nei motivi di ricorso.
1. I primi due motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
2. La consolidata giurisprudenza di legittimità ha fissato il principio, relativo alla specificità richiesta dall'art. 581 cod. proc. pen., secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione nel caso in cui manchi la correlazione tra le ragioni poste a fondamento dalla decisione impugnata e quelle argomentate nell'atto di impugnazione, atteso che questo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, Rv. 286468 - 01; n. 19951 del 2008 Rv. 240109 - 01, n. 11951 del 2014 Rv. 259425 - 01).
La sentenza impugnata, nel respingere il motivo d'appello con il quale l'imputato aveva sollecitato l'espletamento di una perizia tecnica sul macchinario, finalizzata ad evidenziare se il costruttore avesse in effetti previsto la collocazione di un carter anche sulla parte inferiore del macchinario, ha affermato che tale richiesta non poteva ritenersi necessaria all'accertamento dei fatti, posto che gli stessi erano stati congruamente ricostruiti mediante l'intero compendio probatorio acquisito al processo. Tale laconica risposta, peraltro, va letta e considerata nella prospettiva dell'approfondimento operato dalla Corte territoriale in vista dell'affermazione di responsabilità, laddove l'imputato, con il primo motivo dell'appello, aveva devoluto al giudizio d'impugnazione i medesimi temi richiamati a sostegno della richiesta di espletamento della perizia tecnica.
In particolare, la Corte territoriale ha tratto prova del proprio convincimento da plurime fonti, poste in ragionato confronto critico. In particolare, alla pagina 2 della sentenza impugnata, la Corte territoriale ha affermato con certezza che il macchinario a cui era adibito l'infortunato non era munito di un carter di protezione anche nella parte inferiore, ove erano alloggiati i contro coltelli in movimento durante il suo funzionamento. Il dato è emerso dalle dichiarazioni del lavoratore parte offesa, il quale aveva in passato effettuato la medesima operazione per ripulire l'aspirazione dello scarto della carta. Era necessario, su alcuni tipi di formato di scarto, sbloccare il refilo togliendo il tubo, tirando via il tappo e ricollegando il medesimo tubo. In genere, lo scarto si bloccava in punti più distanti da quello ove si trovavano i contro coltelli in movimento, ma in quella circostanza l'operatore fu costretto ad operare con le mani fino ai contro coltelli, senza che ci fosse alcuna protezione per le dita.
3. Il lavoratore aveva pure negato di aver mai ricevuto il manuale della manutenzione del macchinario e che gli avessero indicato di spegnere il macchinario in caso di blocco dello scarto, non trattandosi di operazione di manutenzione ma attinente alle proprie mansioni ordinarie.
La Corte ha pure dato atto che le contrarie affermazioni del teste manutentore, erano state smentite dal fatto che neanche il manuale recava tale stringente indicazione e, a tale proposito, ha riepilogato gli interventi di manutenzione relativi all'impianto ivi previsti. In particolare, la Corte territoriale ha dedotto che il punto fosse oscuro e che la prassi di considerare normale lo sblocco dello scarto mediante interventi a macchina in movimento fosse indice già di un consenso prestato alla realizzazione di una condotta particolarmente pericolosa. La sentenza ha quindi osservato che il datore di lavoro non aveva preso misure adeguate a prevenire il rischio, né il lavoratore era stato informato in modo adeguato su tale rischio e formato e addestrato in maniera specifica all'utilizzo della macchina, nonostante il documento di valutazione dei rischi (alla pagina 187, cap. 8 paragrafo 7 punto 6.6.) prevedesse tali adempimenti in relazione all'uso del macchinario in questione. Alla pagina 3 la sentenza impugnata ha espressamente rilevato che il DVR imponeva al datore di lavoro di proteggere mediante carter di protezione le parti in movimento della macchina, al fine di evitare il rischio di infortunio per i dipendenti. Anche il manuale d'uso del macchinario prevedeva alla pag. 56 lo stesso dovesse essere completamente inaccessibile durante il funzionamento e a pag. 57, nel paragrafo dedicato alla sicurezza antinfortunistica, espressamente vietava assolutamente di rimuovere i carter di sicurezza o di rendere inattive le sicurezze antinfortunistiche, riferendosi non a un singolo carter, ma a più carter. Era pure previsto il divieto di eseguire riparazioni provvisorie o interventi di ripristino non conformi alle istruzioni, oppure di affidare interventi o manutenzioni e riparazione a personale non addestrato dal costruttore.
4. Dunque, era rimasto provato che tali divieti erano stati ampiamente disattesi, tanto che la difesa del datore di lavoro aveva virato verso il giudizio di abnormità della condotta del lavoratore. Ma anche tale tattica non poteva essere accolta, posto che il lavoratore non aveva comunque ricevuto il manuale d'uso, né poteva ritenersi pacifico che l'intervento eseguito al momento dell'infortunio potesse definirsi come manutentivo, con obbligo per il lavoratore di spegnere il macchinario e richiedere l'intervento del manutentore. Modalità mai seguita dal lavoratore, che seguiva la prassi descritta già da prima dell'infortunio. Dalla stessa documentazione depositata dal datore di lavoro era emerso che al lavoratore non era stata impartita la formazione specifica riferita a quel macchinario Exeller Line tipo RW/01/2007; l'attestato di abilitazione rilasciato all'esito di un corso di formazione teorico pratico si riferiva ai lavoratori addetti alla conduzione di carrelli elevatori industriali con conducente a bordo e non il macchinario in questione. Non risultava che al lavoratore fosse stato mai consegnato il manuale d'uso, come dallo stesso lavoratore affermato. L'atto del lavoratore, seppure imprudente, non poteva definirsi abnorme, perché non eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificamente attribuite nell'ambito del ciclo produttivo.
5. A fronte di tale struttura della motivazione, il ricorrente, eludendo in modo evidente le chiare ragioni addotte a sostegno dell'affermazione di responsabilità, sposta l'attenzione su argomenti logici del tutto eccentrici rispetto al tema della omessa considerazione del rischio specifico, quale la asserita necessità di espletare una perizia, quando invece il ragionamento della Corte d'Appello relativo alla ricostruzione delle modalità di causazione dell'infortunio, è completo e congruo e fondato su fonti di cognizione di particolare evidenza probatoria.
Peraltro, per la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, la rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 (dep. 2016) Rv. 266820 - 01, Ricci).
6. Altrettanto inammissibile, perché basato su considerazioni di mero apprezzamento delle prove non deducibile in sede di legittimità, caratterizza il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce il vizio di motivazione relativo al tema di stretta competenza del giudice di merito di apprezzamento del materiale istruttorio, in funzione della critica del punto della decisione che ha negato il carattere abnorme della condotta del lavoratore. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, cui il Collegio aderisce, poiché la mancata osservanza di una norma processuale intanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), non è ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell'art. 192 c.p.p., la cui inosservanza non è in tal modo sanzionata" (così questa Sez. 4, n. 51525 del 4/10/2018, M., Rv. 274191; in conformità v., già in precedenza, Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, Pecorelli e altro, Rv. 271294; Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567; Sez. 6, n. 7336 del 8/1/2004, Meta ed altro, Rv. 229159 - 01; Sez. 1, n. 9392 del 21/05/1993, Germanotta, Rv. 195306; più recentemente, v. Sez. 6, n. 4119 de 3C/05/2019, dep. 2020, Romeo Gestioni Spa, Rv. 278196).
Anche in questo caso, il ricorrente si appoggia ad una parziale indicazione dei percorsi della motivazione, asserendo di trarne la prova della contraddittorietà.
Tuttavia, senza incorrere in salti logici, la sentenza impugnata, al capo 3.1. ha congruamente spiegato, come si è sopra descritto, perché l'atto del lavoratore seppure improvvido non poteva definirsi abnorme.
8. Da quanto si è sin qui detto, risulta evidente che anche il profilo, in verità residuale rispetto alle critiche rivolte alle valutazioni di merito sull'apprezzamento delle fonti di prova, che denuncia la errata applicazione dell'art. 71 TUSL è del tutto privo di correlazione con la motivazione della sentenza impugnata. Il ricorrente, infatti, non considera, come si è chiarito al punto precedente, che la rassegna delle condotte alternative omesse, concretando la causalità della colpa addebitata all'imputato, è stata rappresentata, in relazione alla formulazione del giudizio controfattuale, dopo aver adeguatamente spiegato i termini della palese violazione del DVR, laddove lo stesso aveva previsto il mezzo per contenere il rischio derivante dall'utilizzo del macchinario, ma era rimasto del tutto non adempiuto. Dunque, la sentenza non ha applicato in modo erroneo la previsione normativa e la denuncia del vizio di violazione di legge si fonda su considerazioni estranee al ragionamento seguito dalla Corte di merito e manifestamente infondate.
9. Sul punto, non pare ultroneo ribadire che l'art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008, norma dal chiaro tenore letterale, pone al centro del sistema prevenzionistico lavorativo il momento della valutazione e, dunque, della previsione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, previsione che spetta al datore di lavoro e deve essere completa, dovendo riguardare, per l'appunto, "tutti i rischi". Trattasi di norma che riempie di contenuto quella che pone l'obbligo datoriale per eccellenza, neppure delegabile, delineato all'art. 17, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, quello cioè di redigere il documento di cui all'art. 28 citato.
Già da tempo la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il datore di lavoro è tenuto a indicare, all'interno di tale documento, in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali e i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori e, trattandosi di un dovere fondamentale del sistema prevenzionistico, il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016, dep. 2017, Furlan, Rv. 270355 - 01). Il che giustifica, altresì, la costante giurisprudenza della Corte di legittimità, secondo cui il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, anch'egli debitore, in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, di un obbligo di garanzia (art. 20 D.Lgs. n. 81/2008), può costituire concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, soltanto allorquando questi abbia attuato anche le cautele che sono finalizzate a disciplinare e governare il rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242 - 01).
10. È fondato il terzo motivo.
Il Tribunale ha irrogato la pena di mesi due di reclusione ed Euro 400 di multa, con i doppi benefici della sospensione della pena e della non menzione, e la Corte d'Appello ha confermato integralmente la pronuncia.
Tuttavia, come rilevato dal ricorrente, l'art. 590 cod. pen., terzo comma, prevede, in caso di lesioni gravi, la pena da tre mesi a un anno di reclusione o della multa da Euro 500 ad Euro 2000 e non la pena congiunta della reclusione e della multa.
Pertanto, ferma la responsabilità penale accertata dalla Corte d'Appello, la sentenza va annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio e, per tale aspetto, rinviata alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte d'Appello di Firenze. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2025.
Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2025.
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