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Prevenzione esposizione occupazionale al rischio biologico da lesione percutanea accidentale

Prevenzione dell’esposizione occupazionale al rischio biologico

Prevenzione dell’esposizione occupazionale al rischio biologico derivante da lesione percutanea accidentale (puntura, ferita, taglio) nel settore ospedaliero e sanitario - Gruppo di studio PHASE (People for Healthcare Administration, Safety and Efficiency) 

ID 24757 | 18.10.2025 / In allegato

Compendio tecnico e raccomandazioni per il recepimento e l’attuazione in Italia della Direttiva 2010/32/UE del Consiglio dell’Unione Europea

L’esposizione occupazionale al rischio biologico è un evento grave e frequente che riguarda, nel mondo, milioni di lavoratori del comparto sanitario. Nell’adempimento delle loro molteplici funzioni, gli operatori sanitari e gli ausiliari addetti ai servizi socio-sanitari sono esposti al contatto accidentale con sangue, e con altri materiali biologici potenzialmente infetti, con una frequenza largamente superiore a quella osservabile nella popolazione (esposizione occupazionale).

Tra gli oltre sessanta agenti patogeni trasmissibili per via ematica a seguito di un’esposizione accidentale (1) si impongono all’attenzione, per la gravità delle patologie associate, i virus dell’immunodeficienza umana (HIV), dell’epatite C (HCV) e dell’epatite B (HBV) (*). Le modalità di esposizione prevalenti sono due (2):

- Esposizione mucocutanea: si verifica quando il materiale biologico potenzialmente infetto entra accidentalmente in contatto con le mucose degli occhi e/o della bocca e con la cute (integra o lesa) dell’operatore esposto. Circa il 25% delle esposizioni totali è di tipo mucocutaneo.

- Esposizione percutanea: si verica quando l’operatore si ferisce accidentalmente con un tagliente contaminato, ad esempio con un ago, una punta, una lama, un frammento di vetro. Circa il 75% delle esposizioni totali è di tipo percutaneo. (2)

Nell’esposizione percutanea, la probabilità che gli agenti patogeni potenzialmente presenti nei materiali biologici (e soprattutto nel sangue) infettino l’operatore esposto (sieroconversione) (**), è di gran lunga superiore alla probabilità che ciò possa accadere a seguito di un’esposizione mucocutanea (ad esempio, nel caso del virus dell’epatite C, il tasso di infezione da esposizione percutanea è cinque volte maggiore del tasso di infezione da esposizione).

Inoltre, a parità di altre condizioni, la profondità della ferita ed il volume di sangue trasferito/inoculato sono variabili in grado di influenzare significativamente la probabilità di infezione (3),(4).

Da quanto precede, è lecito attendersi che gli atti medici che prevedono l’uso di aghi ed altri dispositivi taglienti/pungenti in grado di trasferire significative quantità di sangue a seguito di un’esposizione percutanea, rappresentino l’ambito di maggiore pericolo. Esattamente a questa conclusione convergono le decine di autorevoli studi condotti in molti Paesi da quando, nei primi anni novanta, il fenomeno è stato sistematicamente posto sotto osservazione. In particolare: 

- Con oltre i due terzi delle esposizioni percutanee totali a proprio appannaggio, le punture accidentali (cioè le ferite inferte da un ago o da un dispositivo pungente assimilabile ad un ago) rappresentano la modalità di esposizione largamente dominante.

- Premesso che tutte le punture accidentali prodotte da aghi e taglienti contaminati sono in grado di veicolare i patogeni trasmissibili per via ematica e che, conseguentemente, tutte le punture accidentali devono essere, senza distinguo alcuno, prevenute ed evitate è comunque opportuno considerare quanto segue:

- - Gli aghi cavi e i cateteri periferici intra-venosi (cateteri i.v.) utilizzati per accedere direttamente all’apparato circolatorio del paziente (vene ed arterie) sono i dispositivi medici che, in seguito ad esposizione percutanea, provocano il maggior numero di sieroconversioni all’HIV, HCV e HBV.

- - In caso di ferita provocata da aghi cavi utilizzati per la somministrazione intramuscolare e/o sottocutanea di farmaci, da lancette per prelievo capillare, da aghi solidi e, in generale, da taglienti utilizzati nelle pratiche chirurgiche (aghi da sutura, bisturi), la quantità di materiale biologico presente sulla loro superficie (e quindi inoculabile a seguito di puntura accidentale/ferita) è solitamente inferiore a quella contenuta in un ago/dispositivo cavo utilizzato per accedere direttamente ai vasi sanguigni (es. prelievo venoso/ arterioso, posizionamento di catetere periferico intra-venoso): tale circostanza riduce il rischio di infezione, anche se casi di infezioni da HIV o HCV, nell’ambito delle procedure qui considerate, sono comunque stati ben documentati e descritti in letteratura.

Dalle numerose statistiche raccolte è, inoltre, ben noto che la frequenza di incidenti attribuibili ai dispositivi in questione (intesa come numero di punture accidentali ogni 100.000 presidi utilizzati) risulta inferiore a quella registrata con altre tipologie di ago cavo utilizzate direttamente in vena/arteria (es. aghi a farfalla e aghi cannula).

Di contro è corretto ed importante sottolineare che ogni anno, nel mondo, vengono usati miliardi di siringhe ipodermiche a scopo iniettivo, si eseguono milioni di prelievi capillari per il controllo della glicemia nei pazienti diabetici e un chirurgo può essere sottoposto, nell’ambito di un solo intervento, a numerose punture provocate dall’ago da sutura: ne consegue che il minor rischio di infezione e la più bassa frequenza di incidenti vengono, almeno in parte, controbilanciati dal maggior numero di occasioni di utilizzo.

Concludendo: anche le punture e le ferite riconducibili ai dispositivi in questione trovano piena e giusta collocazione tra le modalità di esposizione al rischio biologico negli operatori sanitari e, in quanto tali, devono essere prevenute e, possibilmente, eliminate utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. 

- Poichè la maggioranza dei prelievi ematici (venosi e capillari), dei posizionamenti di cateteri i.v. e delle somministrazioni endovenose, intramuscolari e sottocutanee di farmaci vengono eseguiti da infermieri, questa categoria professionale è in assoluto la più esposta alle punture accidentali e alle loro conseguenze.

È inoltre rilevante citare la problematica della trasmissione di potenziali agenti patogeni dall’operatore sanitario con infezione al paziente. Casi di trasmissione operatore-paziente dei virus dell’immunodeficienza umana (HIV), dell’epatite C (HCV) e dell’epatite B (HBV), sono stati segnalati in letteratura soprattutto nell’ambito delle procedure chirurgiche.

Questo fenomeno aggiunge un’ulteriore dimensione al problema dell’esposizione occupazionale al rischio biologico negli operatori sanitari: l’impatto diretto sulla sicurezza e la salute del cittadino-paziente esposto (suo malgrado e non per scopi professionali) alla possibilità di contrarre una grave malattia a seguito di un intervento medico. (5), (6)
...

(*) Nel nostro Paese, l’85% degli operatori sanitari risulta immunizzato all’epatite B grazie alla copertura vaccinale. Restano comunque da considerare sia le significative differenze tra nord e sud (93% vs 78%), sia il problema dei non-responder.
(**) Nel parlare e nello scrivere comune, il termine “sieroconversione” è divenuto, nel tempo, sinonimo di “avvenuta infezione”. In realtà il suo significato tecnico è un po’ diverso e più complesso. Nel presente documento il termine viene utilizzato nell’accezione comune.

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