Cassazione Civile Sez. Lav. n. 27669 | 21 novembre 2017
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Responsabilità datore di lavoro: caduta operaio su una protezione marcia
Calcolo danno biologico differenziale
Cassazione Civile Sez. Lav. n. 27669 del 21 novembre 2017
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: DE GREGORIO FEDERICO
Data pubblicazione: 21/11/2017
La Corte di Appello di Brescia con sentenza n. 160 in data 29 marzo 7 aprile 2012 rigettava il gravame interposto da BERTANI TRASPORTI S.p.A. contro DERADA Raffaele, avverso la pronuncia del giudice del lavoro di Mantova in data 11 ottobre 2011, che aveva accolto la domanda dello stesso DERADA, volta ad ottenere il risarcimento del danno differenziale non patrimoniale derivato dall'infortunio sul lavoro avvenuto il 3 dicembre 2007, per cui la società convenuta era stata condannata al pagamento della somma di euro 40.820,81.
Ad avviso della Corte distrettuale, era infondata l'eccezione relativa alla escussione del teste MANENTI, siccome validamente disposta dal giudice di primo grado ai sensi dell'articolo 421 c.p.c., in relazione a quanto indicato dal testimone VERGNA Mauro, dopo che il procuratore costituito dell'attore ne aveva fornito il nominativo (il Manenti peraltro aveva dichiarato che il lavoratore infortunatosi era scivolato cadendo di schiena verso la protezione che non aveva retto, per cui era caduto a terra ed aveva potuto constatare che il paletto di protezione che aveva ceduto era marcio).
Nel caso di specie, secondo la Corte territoriale, sussisteva la responsabilità, di natura contrattuale ex art. 2087 c.c., di parte datoriale in ordine al sinistro verificatosi, per cui non era stata fornita prova liberatoria dalla società, ai sensi dell'articolo 1218 dello stesso codice. La generale situazione di pericolo e di rischio risultava oggetto di rilievi da parte del Servizio di prevenzione della Asl di Mantova, che aveva censurato l'amovibilità del parapetto e comunque la lassità di una difesa costituita da funi metalliche rivestite di plastica, unita alla circostanza dello scarso spazio a disposizione di colui che si trovava ad operare su di un piano di calpestio del tutto irregolare e con la porzione centrale aperta verso il vuoto. A prescindere dalle misure strutturali per ovviare a questa situazione, che competevano al costruttore del mezzo, non vi era dubbio che una così palese situazione di rischio dovesse essere oggetto di intervento da parte del datore di lavoro, che avrebbe dovuto dotare il mezzo quantomeno di ripari più idonei.
[...]
Avverso l'anzidetta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione BERTANI TRASPORTI S.p.A. con atto della 3 e 4 settembre 2012 affidato a CINQUE motivi, cui ha resistito DERADA Raffaele mediante controricorso notificato il 3 ottobre 2012, in seguito illustrato da memorie ex art. 378 c.p.c.. chiaramente che la somma di 60.522,00 euro corrispondeva al solo valore di complessivo punteggio, sul quale andava applicata la maggiorazione personalizzata, che era stata contenuta nella misura del 20%, sicché il danno biologico permanente era stimabile in ragione di complessivi 72.956,40 euro, cui andava aggiunto l'importo di 6330,00 euro per invalidità temporanea, dato non contestato. Dal suddetto totale andava, quindi, detratto l'indennizzo percepito dall'INAIL per danno biologico, sicché era del tutto corretta la quantificazione del danno non patrimoniale differenziale in ragione di euro 40.820,81. In proposito non potevano invece computarsi le somme liquidate dall'INAIL per prestazioni attinenti al ristoro del danno patrimoniale, essendo d'altro canto irrilevante la possibilità che sommando il danno non patrimoniale, liquidato dall'Istituto e dal giudice, e la rivalsa dell'Inali, per quanto corrisposto al lavoratore come danno patrimoniale, parte datoriale possa trovarsi esposta per un ammontare superiore a quello previsto per la liquidazione interamente privatistica del danno, senza che questo meccanismo sia motivo di alcuna censura, attenendo ad una scelta de/legislatore e che dipendeva dal particolare disvalore sociale per il colpevole del danno subito dal lavoratore nello svolgimento delle sue prestazioni.
Avverso l'anzidetta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione BERTANI TRASPORTI S.p.A. con atto della 3 e 4 settembre 2012 affidato a CINQUE motivi, cui ha resistito DERADA Raffaele mediante controricorso notificato il 3 ottobre 2012, in seguito illustrato da memorie ex art. 378 c.p.c..
Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell'articolo 421 c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 dello stesso codice, riguardo all'assunzione del teste MANENTI Giacomo, disposta di ufficio dal giudice.
Con il secondo motivo è stata lamentata la violazione o falsa applicazione degli articoli 1218, 2087 e 2697 c.c.. [...]
Con il terzo motivo di ricorso, la società si è doluta della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza ai sensi dell'articolo 360 n. 5 c.p.c., non avendo la Corte territoriale spiegato assolutamente in modo convincente la ragione della mancanza di prova liberatoria.[...]
Con il quarto motivo è stata denunciata omessa ed insufficiente motivazione ex articolo 360 n. 5 c.p.c. [...]
Con il quinto motivo, infine, la ricorrente ha denunciato la violazione dell'articolo 10 del d.P.R. n. 1124 del 1965, dell'art. 13 decreto legislativo numero 38 del 2000, nonché vizio della motivazione. [...]
Tanto premesso, il ricorso va respinto in base alle seguenti considerazioni. [...]
Invero, risulta correttamente applicata nella specie la disciplina vigente in materia di responsabilità contrattuale per infortuni sul lavoro, di guisa che una volta provato che l'infortunio si è verificato mentre il lavoratore stata eseguendo attività cui era adibito e che la sua caduta dall'alto -con conseguenti lesioni personali e postumi- è dipesa dal cedimento di alcuni elementi di protezione, relativi alla struttura (bisarca), sulla quale il DERADA stava operando, la prova liberatoria resta comunque a carico di parte datoriale, che però nella specie non risulta averla debitamente fornita. Dalla deposizione testimoniale, pressoché interamente riportata alle pagine 4 e 5 dell'impugnata sentenza, emerge in particolare che la caduta non dipese soltanto da carenze strutturali, relative alle protezioni installate sulla bisarca, peraltro emendabili, ma soprattutto dal fatto che il paletto che aveva ceduto risultava marcio, di modo che la cattiva manutenzione di quest'ultimo resta indubbiamente imputabile alla società, che aveva la disponibilità dell'automezzo, non rilevando evidentemente il fatto della mera omologazione. Rileva, altresì, la situazione di pericolo e di rischio, già pure evidenziata dal Servizio di prevenzione di Mantova, che aveva "censurato l'amovibilità del parapetto e comunque la lassità di una difesa costituita da funi metalliche rivestite di plastica, unita alla circostanza dello scarso spazio a disposizione dell'autista, che si trovava ad operare su di un piano di calpestio del tutto irregolare e con la porzione centrale aperta verso il vuoto". Di conseguenza, opportunamente la Corte di Appello osservava che, indipendentemente dalle misure strutturali di stretta competenza del costruttore del mezzo (questione estranea al procedimento e quindi palesemente irrilevante), non vi era dubbio che la descritta situazione pericolosa e di rischio dovesse formare oggetto d'intervento da parte datoriale, che avrebbe quindi dovuto dotare la bisarca almeno di più idonei ripari. Tale ragionevoli e adeguate argomentazioni peraltro vanno integrate dall'anzidetta circostanza, probabilmente determinante, inerente al cedimento del paletto marcio, così come constatato dal teste oculare Menanti, il quale aveva assistito alla caduta di schiena del DERADA verso la protezione che non aveva retto, ossia il paletto marcio; marciume, con conseguente fragilità della protezione, chiaramente, quindi, non ascrivibile a difetti strutturali di fabbricazione, ma a cattiva manutenzione da parte della società, che aveva quindi pacificamente la giuridica disponibilità della bisarca (se non addirittura la piena proprietà del veicolo, ma il titolo della disponibilità del mezzo in capo alla datrice di lavoro è palesemente irrilevante ai fini della decisione).[...]
Pertanto, il ricorso va respinto con conseguente condanna della soccombente al pagamento delle relative spese.
la Corte RIGETTA il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 4000,00 per compensi ed in euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, con attribuzione al procuratore anticipatario del controricorrente, avv. Sergio Vacirca.
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