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Cassazione Penale Sez. 4 del 1° Ottobre 2025 n. 32520

CP Sez. 4 del 1° ottobre 2025 n. 32520

CP Sez. 4 del 1° ottobre 2025 n. 32520 / Responsabilità preposto per omessa vigilanza uso corretto attrezzatura di lavoro

ID 24679 | 03.10.2025 / In allegato

Cassazione Penale Sez. 4 del 1° ottobre 2025 n. 32520 
Omessa vigilanza sul corretto uso della scala a pioli doppia e caduta del lavoratore: responsabilità del preposto

Fatto

1. La Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza emessa il 18 settembre 2023 dal Tribunale di Ivrea che ha dichiarato colpevole A.A. perché, nella qualità di preposto e capo cantiere della C.C. SERVICES di D.D., per i lavori edili eseguiti presso il cantiere allestito in un edificio comunale a C, ometteva di sovraintendere e vigilare sull'osservanza, da parte del lavoratore B.B., delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza, in violazione dell'art. 19, comma 1, lett. a) D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81; in particolare, ometteva di vigilare sul corretto utilizzo da parte del predetto lavoratore della scala a pioli doppia ovvero consentiva il suo utilizzo senza che vi fosse altro lavoratore a trattenerla ai piedi, cosicché il B.B., al fine di procedere alle operazioni di pulizia delle finestre dell'edificio, con la rimozione delle ragnatele, posizionandosi a cavalcioni sulla predetta scala, perdeva improvvisamente l'equilibrio e precipitava a terra procurandosi lesioni gravi. Il Tribunale aveva altresì condannato l'imputato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio civile, disponendo una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 20.000, nonché la rifusione delle spese di costituzione in favore della parte civile.

2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell'imputato sollevando i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2.1. Con i primi due motivi, si deduce l'omessa motivazione in relazione alla scelta autonoma del lavoratore di compiere operazioni inutili (in quanto propedeutiche ai lavori non commissionati e quindi non da eseguire), in contrasto con le direttive ricevute, con impiego di strumenti di cantiere per usi diversi da quelli autorizzati dal preposto (primo motivo), nonché l'omessa considerazione del disposto dell'art. 20, comma 1, lett. a), c), e), g), D.Lgs. 81/08 e della diretta, immediata ed esclusiva rilevanza causale della violazione commessa dal lavoratore rispetto alla causazione dell'infortunio (secondo motivo). Non è stato infatti dimostrato che l'attività fosse necessaria, mentre è rimasto quantomeno dubbio che il preposto abbia ordinato al lavoratore di togliere ragnatele su tutto il soffitto.
La motivazione è altresì illogica perché l'art. 20, lett. b), D.Lgs. 81/08 impone ai lavoratori di eseguire solo le opere che vengano loro espressamente richieste, mentre, nel caso di specie, il lavoratore avrebbe operato al di fuori delle direttive ed in violazione dei propri obblighi, così interrompendosi il nesso causale;
2.2. Con i motivi terzo e quarto si deducono la manifesta illogicità, la contraddittorietà e la mancanza della motivazione in relazione alla lamentata concessione della provvisionale.

3. In data 9 giugno 2025 sono pervenute conclusioni della parte civile patrocinata dall'avv. Maria Luisa Rossetti.

Diritto

1. Il ricorso è infondato.

2. I primi due motivi sono privi di pregio oltre che reiterativi di doglianze a cui la Corte territoriale ha offerto risposte corrette in diritto e non manifestamente illogiche. L'art. 2, comma 1, lett. e), D.Lgs. 81/08 definisce il preposto come la "persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa". In quanto tale, egli assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro (Sez. 4, n. 12251 del 19/06/2014, dep. 24/03/2015, De Vecchi e altro, Rv. 263004: "In tema di infortuni sul lavoro, il preposto, titolare di una posizione di garanzia a tutela dell'incolumità dei lavoratori, risponde degli infortuni loro occorsi in violazione degli obblighi derivanti da detta posizione di garanzia purché sia titolare dei poteri necessari per impedire l'evento lesivo in concreto verificatosi"), anche nel senso di impedire prassi lavorative contra legem.

Tanto premesso, la Corte di appello di Torino ha osservato come tutti gli elementi probatori raccolti, compreso quanto emergente dal materiale fotografico in atti, abbiano pienamente confortato le dichiarazioni del lavoratore circa l'incarico ricevuto dall'imputato di effettuare quel lavoro di pulizia e come la prospettazione difensiva per cui il B.B. avrebbe assunto un'iniziativa autonoma in tal senso, sostenuta dall'imputato e molto malamente dal teste E.E., collega dell'infortunato, sia risultata in contrasto con tutto quanto provato in dibattimento, anche sulla scorta di considerazioni logiche da cui agevolmente si è ricavato che nella parte del soffitto, corrispondente alla zona del pavimento ove giaceva l'infortunato dopo la caduta, l'intonaco era scrostato ed ammalorato e la muratura non pulita: circostanza che rendeva del tutto logica che in quel luogo fosse necessaria un'operazione propedeutica di pulizia, niente affatto estranea al tipo di lavorazioni in atto, di cui era stato incaricato il lavoratore.

Indipendentemente dal conferimento dell'incarico da parte dell'imputato, la sentenza impugnata ha ricordato che l'attività svolta dal B.B. era avvenuta "palesemente sotto gli occhi" dell'imputato, il quale era, secondo la testimonianza dello E.E., intento a pulire proprio intorno al punto dove i due operai lavoravano e, quindi, non poteva non avere visto il B.B. salire sulla scala e procedere alle operazioni di pulitura. Lo stesso imputato, peraltro, come ricorda la Corte territoriale, aveva precisato, nel corso dell'esame, di aver sentito un rumore anomalo e, voltandosi, di aver visto il lavoratore a terra, a riprova che le attività di quest'ultimo si stavano svolgendo alla presenza e sotto gli occhi del A.A.

Quanto alle asserite abnormità ed esuberanza della condotta del lavoratore, è noto che i destinatari delle norme antinfortunistiche sono esonerati da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente possa qualificarsi come abnorme. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di prevenzione antinfortunistica, affinché la condotta del lavoratore possa qualificarsi come abnorme, e come tale idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile quanto piuttosto che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748; Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386). In altri termini, per essere ritenuta interruttiva del nesso causale la condotta del lavoratore deve collocarsi in qualche modo al di fuori dell'area di rischio della lavorazione in corso. Nel solco tracciato dai principi appena enunciati, la Corte di appello ha congruamente escluso qualsivoglia abnormità od esorbitanza nella condotta dell'infortunato, che aveva ricevuto l'incarico dall'imputato, il quale era presente nelle immediate vicinanze, impegnato a sovraintendere e monitorare l'operato dei due operai in un cantiere di ridotte dimensioni.

I motivi terzo e quarto in tema di provvisionale sono inammissibili, posto il pacifico principio per cui non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Tuccio Gaetano, Rv. 277773 - 02; Sez. 2, n. 43886 del 26/04/2019, Saracino Sara, Rv. 277711).

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute nel presente grado di legittimità dalla parte civile B.B. che vanno liquidate in Euro tremila, oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute nel presente grado di legittimità dalla parte civile B.B., che liquida in Euro tremila, oltre accessori come per legge.

Così deciso il 18 giugno 2025.

Depositato in Cancelleria l'1 ottobre 2025.

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