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Cassazione Penale Sez. 3 del 06 giugno 2025 n. 21277

ID 24110 | | Visite: 143 | Cassazione Sicurezza lavoroPermalink: https://www.certifico.com/id/24110

CP Sez  3 del 06 giugno 2025 n  21277

CP Sez. 3 del 06 giugno 2025 n. 21277 / Responsabilità mancata nomina coordinatore per la sicurezza

ID 24110 | 13.06.2025 / In allegato

Cassazione Penale Sez. 3 del 06 giugno 2025 n. 21277
Crollo al PalaTrieste: confermata la responsabilità per mancata nomina del coordinatore per la sicurezza

...

Cassazione Penale Sez. 3 del 06 giugno 2025 n. 21277
Dott. RAMACCI Luca - Presidente
Dott. DI STASI Antonella - Relatore
Dott. GIORGIANNI Giovanni - Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria - Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere

Fatto

1. Con sentenza del 06/06/2024, la Corte di appello di Trieste, decidendo in sede di giudizio di rinvio a seguito della sentenza n. 42845/2023 della Corte di cassazione, in parziale riforma della sentenza emessa in data 17/05/2019 dal Tribunale di Trieste, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato A.A. in ordine ai reati contestati ai capi C), D), E), F), G), in quanto estinti per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena inflitta all'imputato in relazione ai residui reati di cui ai capi A) e B) in anni uno e mesi tre di reclusione, confermando nel resto.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione l'imputato A.A. ed il responsabile civile Azalea Promotion Srl, chiedendone l'annullamento ed articolando i motivi di seguito enunciati.

A.A. propone un unico motivo di ricorso, con il quale deduce omessa motivazione sul punto decisivo relativo al nesso di causalità tra condotta ed evento.

Argomenta che la Corte di appello, nel rivalutare la sussistenza del nesso di causalità, non aveva esaminato il comportamento in concreto che sarebbe stato tenuto da un ipotetico coordinatore, ma si era limitata ad esaminare la facoltà di attuare un comportamento previsto dalla legge e, cioè, la sospensione dei lavori; in particolare, non era stato considerato un aspetto decisivo e, cioè, se l'ipotetico coordinatore, avuta dal progettista l'esplicita assicurazione che il montaggio della struttura era regolare, avrebbe per certo emanato un provvedimento di sospensione dei lavori.

L'Azalea Promotion Srl propone un unico motivo di ricorso, con il quale deduce violazione di legge in relazione all'art. 92, lett. f) D.Lgs. 81/2008 e vizio di motivazione in ordine agli obblighi in capo al coordinatore esecutivo per la sicurezza e alla valutazione delle evidenze probatorie riguardo la percepibilità del rischio.

Argomenta che la Corte di appello, pur avendo seguito i canoni ermeneutici dettati dalla sentenza della Corte di cassazione, nel l'effettua re il giudizio astratto controfattuale, non aveva interpretato correttamente art. 92 lett. f) D.Lgs. 81/2008 né valutato correttamente gli elementi probatori emersi nell'istruttoria di primo grado; i Giudici di appello avevano dato una lettura solo parziale delle dichiarazioni testimoniali e ritenuto che sin dalla primissima mattina del tragico evento si fossero palesati segnali premonitori del crollo, così insorgendo l'obbligo dì intervento del coordinatore per l'esecuzione dei lavori; la valutazione era apodittica ed erronea perché basata su una valutazione ex post della situazione con la consapevolezza che il crollo era effettivamente avvenuto; le dichiarazioni testimoniali, invece, se lette nella corretta luce, non evidenziavano in maniera perentoria l'evidenza del pericolo; era apodittica anche l'affermazione che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori sarebbe stato ragionevolmente presente in cantiere e che sarebbe stato quantomeno informato.

3. Il difensore dell'Azalea Promotion Srl ha chiesto la trattazione orale del ricorso in pubblica udienza. Il Pg ha depositato memoria ex art. 611 cod. proc. pen., nella quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi. La parte civile ha depositato memoria ex art. 611 cod. proc. pen., nella quale ha concluso chiedendo il rigetto o la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.

Diritto

1. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili.

2. Va ricordato, in premessa, che i poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l'annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge penale oppure per mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Invero, nel primo caso, il giudice di rinvio ha sempre l'obbligo di uniformarsi alla decisione sui punti di diritto indicati dal giudice di legittimità e su tali punti nessuna delle parti ha facoltà di ulteriori impugnazioni, pur in presenza di una modifica dell'interpretazione delle norme che devono essere applicate da parte della giurisprudenza di legittimità.

Nel caso, invece, di annullamento per vizio dì motivazione - come nella specie- il giudice di rinvio conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato anche se è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento.

In tale ipotesi, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (Sez.4, 21 giugno 2005, Poggi, Rv 232019), il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata. Ciò in quanto spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, senza essere condizionato da valutazioni in fatto eventualmente sfuggite al giudice di legittimità nelle proprie argomentazioni, essendo diversi i piani su cui operano le rispettive valutazioni e non essendo compito della Corte di cassazione di sovrapporre il proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a tali aspetti.

Ed invero, eventuali elementi di fatto e valutazioni contenuti nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti per il giudice di rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al fine della individuazione del vizio o dei vizi segnalati e, non, quindi come dati che si impongono per la decisione a lui demandata (Sez. 4, n. 20044 del 17/03/2015, Rv. 263864; Sez. 4, n. 44644 dd 18/10/2011, Rv. 251660; Sez. 5, n. 6004 del 11/11/1998, dep. 16/02/1999, Rv. 213072; Sez. 3, n. 9454 del 10/07/1995, Rv. 202879).

3. Nella specie, la Corte territoriale ha integrato la motivazione colmando le lacune motivazionali evidenziate nella sentenza di annullamento di questa Corte n. 42845/2023, che aveva evidenziato il mancato approfondimento di due aspetti di fatto decisivi ai fini della valutazione di responsabilità e la correlata carenza motivazionale: la valutazione del contenuto della posizione di garanzia gravante sul coordinatore per l'esecuzione dei lavori e l'effettuazione del e giudizio controfattuale.

I Giudici di appello, dando atto che il riconoscimento della qualifica di committente in capo all'imputato e la violazione da parte di costui dell'obbligo di nominare il coordinatore per l'esecuzione dei lavori a norma dell'art. 90, comma 4 del D.Lgs. 81/2008, costituivano punti già oggetto di accertamento definitivo, hanno approfondito gli aspetti suindicati e, in aderenza alle risultanze istruttorie, hanno argomentato quanto segue.

Con riferimento al primo profilo, è stato evidenziato che: al coordinatore per l'esecuzione dei lavori a norma dell'art. 90, comma 4 del D.Lgs. 81/2008, oltre alla funzione di alta vigilanza sulla generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio ed interferenziale, è demandato in ogni caso, "e norma dell'art. 92, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 81/2008, l'obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazione fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate; tale obbligo sorge nel caso in cui il professionista sia in grado di avvedersi o comunque di essere informato dell'esistenza di un pericolo grave ed imminente, a prescindere dal fatto che detto pericolo sia correlato a un rischio interferenziale; chiari e inequivocabili segnali del crollo verificatosi a PalaTrieste verso le ore 13.30 del 12 dicembre 2011 erano stati riscontrati già alcune ore prima e si era configurata, quindi, la situazione di "pericolo grave ed imminente " contemplata dall'art. 92, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 81/2008; la conclamata situazione pericolo sarebbe stata ragionevolmente percepibile da parte del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ove presente in cantiere e, comunque, se non presente, sarebbe stato quantomeno informato degli inequivocabili segnali di pericolo in atto; erano, dunque, sussistenti tutti i presupposti previsti dall'art. 92, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 81/2008 per l'attivazione del potere/dovere del coordinatore di sospendere i lavori (cfr pp. 41, 42, 43,44, 45 e 46 della sentenza impugnata).

La motivazione è congrua e non manifestamente illogica nonché conforme al principio di diritto, secondo cui il potere-dovere inibitorio di sospensione dei lavori, attribuito ex art. 92, comma 1, lett. f), D.Lgs. 81/2008, al coordinatore per l'esecuzione dei lavori, è correlato a qualsiasi ipotesi in cui quest'ultimo riscontri direttamente un pericolo grave e imminente, a prescindere dalla verifica di specifiche violazioni della normativa antinfortunistica e del rischio interferenziate, la cui gestione è, invece, correlata agli obblighi di alta vigilanza, previsti dalle lettere a)-d) del medesimo art. 92 (Sez.4, n. 42845 del 04/10/2023, Rv.285380 - 01); essa, quindi, si sottrae al sindacato di legittimità.

Con riferimento al secondo profilo, è stato sottolineato che oggetto della integrazione motivazione era costituito dai chiedersi se fa nomina del coordinatore per l'esecuzione dei lavori da parte dell'imputato sarebbe valsa ad impedire la verificazione dell'evento dannoso. I Giudici di appello hanno dato risposta positiva a tale quesito e, quindi, ritenuto, in aderenza alle risultanze istruttorie, che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ove nominato dal committente, avrebbe di fatto attivato tempestivamente i suoi poteri inibitori, scongiurando la verificazione dell'evento dannoso, sulla base delle seguenti argomentazioni: il coordinatore per l'esecuzione dei lavori avrebbe certamente compreso l'entità del pericolo creatosi nel cantiere all'interno dei PalaTrieste, in considerazione dei fatto che per rivestire tale ruolo sono richiesti non solo dei titoli di studio ben precisi, ma anche l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni e, quindi, una specifica professionalità ed una comprovata esperienza; il pericolo era stato percepito chiaramente da tecnici non qualificati presenti sul luogo ed era di evidenza tale da essere percepito anche da una persona non qualificata nella materia; il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, responsabile dell'incolumità dei lavoratori ma anche del pubblico che di lì a poche ore avrebbe fatto ingresso nel palazzetto per assistere al concerto programmato, in virtù della competenza professionale ed esperienza pratica, non si sarebbe certamente accontentato delle rassicurazioni fornite da un progettista che non era nemmeno presente all'interno del palazzetto e che, quindi, non aveva visto quanto stava accadendo; inoltre, lo stesso progettista avrebbe dato un rilievo maggiore ad una segnalazione proveniente dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori, un professionista in grado di gestire opportunamente un evento di quelle dimensioni e di opporsi al progettista in presenza di chiari segnali di pericolo per l'incolumità delle persone; infine, è stato rimarcato che andava esclusa l'interferenza di fattori causali alternativi nella verificazione dell'evento dannoso, non essendo stato riscontrato nulla in proposito (cfr. pp. 47, 48,49,50 della sentenza impugnata).

La motivazione è congrua e non manifestamente illogica nonché conforme al principio di diritto, secondo cui in tema di nesso di causalità, l'accertamento, in caso di condotta omissiva, deve essere effettuato mediante un preliminare giudizio ed. esplicativo, afferente alla ricostruzione, con certezza processuale, di ciò che è accaduto sul piano naturalistico e un successivo giudizio ed. controfattuale, implicativo o predittivo, volto ad accertare se la condotta doverosa omessa, ove tenuta, avrebbe potuto impedire l'evento, ostando l'esito negativo del giudizio esplicativo, pur in presenza di un comportamento colposo, all'affermazione al responsabilità (Sez.4, n. 36942 del 18/09/2024, Rv.287001 -01).

4. A fronte di un percorso argomentativo adeguato e corretto in diritto, i ricorrenti, con le censure sollevate, si limitano sostanzialmente a proporre una lettura alternativa del materiale probatorio, dilungandosi in considerazioni in punto di fatto, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, non essendo demandato alla Corte di cassazione un riesame critico delle risultanze istruttorie.

5. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.

6.Essendo i ricorsi inammissibili e, in base al disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

7. I ricorrenti vanno, inoltre, condannati, in base al disposto dell'art. 541 cod. proc. pen. alla rifusione delle spese del grado sostenute della parte civile che, avuto riguardo ai parametri di cui alle tabelle allegate al D.M. n. 55/2014, come aggiornate sulla base del DM n. 147/2022, all'impegno profuso, all'oggetto e alla natura del processo, si ritiene di dover liquidare nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputato ed il responsabile civile alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 3.686,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma il 30 aprile 2025.

Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2025.

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