Considerato in diritto
I ricorsi sono infondati.
1. Prima di soffermarsi sulle doglianze articolate nei ricorsi, si ritiene utile una breve premessa ricostruttiva, al fine di inquadrare i fatti di causa.
Dunque, a seguito di taluni controlli eseguiti dall'Arpa Piemonte presso la sede della società "Amambiente service s.r.l.", con sede in Lagnasco, impegnata nel trattamento, trasporto, stoccaggio e smaltimento di rifiuti di ogni genere e nella intermediazione e commercio di rifiuti con e senza detenzione, emergevano talune irregolarità nel comparto "gestione rifiuti", riguardanti lo stoccaggio anomalo e illegale di quantitativi di rifiuti di varia natura; in particolare, venivano accertate delle difformità rispetto a talune prescrizioni imposte con l'autorizzazione integrata ambientale, rilasciata dal Comune di Lagnasco con atto del 21 maggio 2015, con particolare riferimento all'errata classificazione e all'accumulo di determinati rifiuti. Tale condotta è stata in primo luogo attribuita dall'Arpa a uno solo dei soci amministratori, D.P., destinatario di una delega di funzioni, attribuitagli con delibera del consiglio di amministrazione del 9 ottobre 2010: D.P., la cui posizione è stata separata, optava per la procedura estintiva di cui agli art. 318 bis ss. del d. lgs. n. 152 del 2006, mentre nel frattempo l'originaria contestazione, avente ad oggetto il reato di cui agli art. 110, 40 comma 2 cod. pen. e 29 quattuordecies comma 3 lett. B del d.lgs. n. 152 del 2006, veniva estesa anche ai restanti componenti del consiglio di amministrazione della società, ovvero G.C., R.C., S.G. e A.D..
Costoro, tuttavia, sono stati assolti dal Tribunale "per non aver commesso il fatto", ritenendosi valida la delega di funzioni rilasciata in favore di D.P. e comunque escludendosi profili di responsabilità in capo agli odierni ricorrenti.
2. Orbene, l'impostazione seguita dal Tribunale appare immune da censure. Al riguardo occorre innanzitutto premettere che, pur essendo l'istituto della delega di funzioni espressamente disciplinato con riferimento alla prevenzione nei luoghi di lavoro (art. 16 ss. del d. lgs. n. 81 del 2008), tuttavia tale previsione è stata ritenuta operante anche in altri settori, come ad esempio in tema di osservanza degli obblighi previdenziali e assistenziali (Sez. 3, n. 31421 del 27/03/2018, Rv. 273758), in relazione alla disciplina penale dei prodotti alimentari (Sez. 3, n. 46710 del 17/10/2013, Rv. 257860) e in materia ambientale (Sez. 3, n. 27862 del 21/05/2015, Rv. 264197), essendosi ogni volta precisato che, in ognuno di questi settori, al fine di giustificare l'esonero da responsabilità dei soggetti deleganti, resta ovviamente ferma la necessità di verificare l'esistenza dei requisiti di validità della delega, occorrendo cioè, oltre la forma scritta, che il soggetto delegato possegga tutti i requisiti di professionalità richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate e che al delegato sia attribuita l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate, essendo altresì necessario che la delega abbia un contenuto specifico rispetto ai settori di competenza delegati.
Orbene, nel caso di specie, deve escludersi che la valutazione del Tribunale sulla validità della delega rilasciata in favore di D.P. presenti vizi di legittimità rilevabili in questa sede, essendo stato evidenziato nella sentenza impugnata, in modo pertinente, che, con la delibera del 9 ottobre 2010, sono state attribuite a D.P., persona dotata di adeguate capacità tecniche nel settore ambientale, autonomia di firma e di spesa e indipendenza gestionale e funzionale, con poteri di rappresentanza dinanzi a enti pubblici e privati per le necessarie incombenze.
I requisiti di cui all'art. 16 del d. lgs. n. 81 del 2008 sono stati dunque ritenuti ragionevolmente sussistenti, essendo stata assicurata peraltro idonea pubblicità alla delega, decisa in seno a una valida assemblea del consiglio di amministrazione e risultante anche dalle visure societarie della Camera di commercio.
Né appaiono fondate le censure di genericità sollevate dai ricorrenti, posto che i compiti assegnati a D.P. sono stati sufficientemente specificati ("tutte le attività intese a fare attuazione e adempimento alle norme previste in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, privacy, gestione del personale dipendente, prevenzione incendi, tutela dell'ambiente in particolare la gestione dei rifiuti"), non essendo decisiva l'obiezione secondo cui la materia dei rifiuti rientrava nell'oggetto sociale, comprendendo questo anche le attività di intermediazione e commercio di rifiuti, tanto è vero che, nel medesimo verbale del 9 ottobre 2010, sono state attribuite agli altri componenti del consiglio di amministrazione diverse funzioni, di tipo commerciale e amministrativo, in ragione delle distinte professionali di ciascuno. In tal senso deve quindi ritenersi che l'assegnazione delle varie deleghe abbia comportato non una modifica dello statuto societario, ma solo una legittima distribuzione dei compiti tra i soggetti coinvolti nell'amministrazione della società.
3. Ciò posto, rimane da affrontare un ultimo punto, ovvero quello relativo all'assolvimento degli oneri di vigilanza da parte dei soggetti deleganti.
A tal proposito deve osservarsi che, se è senz'altro corretta l'affermazione dei ricorrenti secondo cui l'attribuzione della delega di funzioni non fa venir meno il dovere di controllo del delegante sul corretto espletamento delle funzioni conferite, come del resto previsto espressamente dal comma 3 del citato art. 16, tuttavia, nel caso di specie, non è stata comprovata la "culpa in vigilando" degli imputati. Ed invero la sentenza impugnata non ha trascurato di affrontare questo profilo, evidenziando al riguardo, con un apprezzamento fattuale non sindacabile in questa sede, che le violazioni oggetto di contestazione pur attenendo a materie inerenti l'oggetto dell'attività di impresa, hanno però riguardato aspetti del tutto marginali e specifici, quali modeste difformità rispetto alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, non riconducibili a una preventiva "politica aziendale".
Tale valutazione appare invero coerente con il tenore dell'imputazione, dove sono descritte talune irregolarità nelle modalità di stoccaggio di rifiuti, che ben possono ricondursi a iniziative estemporanee e comunque temporalmente circoscritte.
Ne consegue che, in mancanza di prove sia rispetto all'esistenza di una comune strategia aziendale nelle modalità di trattamento dei rifiuti, sia in ordine all'eventuale natura macroscopica delle violazioni accertate, non può ritenersi né che gli imputati abbiano concorso con dolo nelle violazioni ascrivibili al soggetto da loro delegato, né che siano venuti colposamente meno ai loro doveri di controllo rispetto all'operato di D.P., non essendo stata peraltro delineata adeguatamente, sia nella contestazione che nei ricorsi, la condotta che gli imputati avrebbero dovuto attuare al fine di impedire l'inosservanza delle prescrizioni.
3. Alla luce di tali considerazioni, non essendo ravvisabili nell'apparato motivazionale della sentenza impugnata lacune o incongruenze argomentative, non vi è spazio per l'accoglimento dei ricorsi, di cui pertanto si impone il rigetto.