Considerato
1. Con unico motivo il ricorrente deduce violazione ed errata applicazione degli artt. 115, 116, 420 c. 5, 421 e 445 c.p.c., insufficiente e contraddittoria motivazione, osservando che la Corte aveva omesso di provvedere sulle istanze istruttorie e, in particolare, sulla richiesta di consulenza tecnica, violando l'art. 445 c.p.c., il quale prevede espressamente l'esperimento della consulenza nei procedimenti in materia di prestazioni previdenziali ed assistenziali;
2. il ricorso è inammissibile perché la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di legittimità e l'esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l'orientamento consolidato;
3. va rilevato, infatti, che la statuizione riguardo la mancanza di prova circa l'esercizio in modo continuativo delle mansioni descritte in ricorso, e, quindi, dell'allegata esposizione a rischio, sostanzialmente rimasta incensurata, ha carattere preliminare rispetto all'eventuale espletamento di una c.t.u., alla quale non può essere affidata la prova del fatto costitutivo del diritto fatto valere e, specificamente, del nesso causale tra le mansioni in concreto svolte e la malattia;
4. la giurisprudenza di questa Corte di legittimità è ferma nel ritenere che la consulenza non possa essere finalizzata ad esonerare la parte dall'onere della prova, né possa essere richiesta a fini esplorativi alla ricerca di fatti, circostanze o elementi non provati (Cass. n. 15219 del 05/07/2007), poiché essa non costituisce un mezzo di prova, ma è finalizzata all'acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze (Cass. n. 5914 del 09/11/1981, Cass. n. 9461 del 21/04/2010);
5. va ricordato quanto espressamente affermato sul punto in tema di equo indennizzo: <il dipendente ha l'onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità della patologia denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni inerenti la qualifica rivestita, non potendosi considerare sufficiente il mero richiamo alle mansioni astrattamente previste. Ne consegue che, ove sia mancata l'indicazione di tali fatti, la prova del fatto costitutivo e del nesso causale non può essere affidata all'accertamento peritale, non costituendo la consulenza di ufficio un mezzo sostitutivo dell'onere della prova, ma solo uno strumento istruttorio finalizzato ad integrare l'attività del giudice per mezzo di cognizioni tecniche con riguardo a fatti già acquisiti> (Cass. n. 16778 del 17/07/2009);
6. alla luce delle argomentazioni esposte emerge che il giudicante ha correttamente applicato le regole che presiedono all'onere della prova, gravando sull'assicurato l'onere di dimostrare l'esposizione al rischio e il nesso di causalità tra detta esposizione e la malattia, talché nessun profilo di violazione di legge è ravvisabile e la censura si risolve in una inammissibile intrusione nel potere di valutazione delle prove del giudice del merito;
7. in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, con esclusione di statuizioni sulle spese a carico della parte ricorrente, in presenza di dichiarazione sostitutiva ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ.;
8. non sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, essendo stata la parte ammessa al gratuito patrocinio a spese dello Stato;