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La disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto (art. 184-ter del D.L.vo 152/2006) è riservata alla normativa comunitaria, la quale consente agli Stati membri, solo in assenza di indicazioni comunitarie e, dunque, non in contrasto con le stesse, di valutare caso per caso tale possibile cessazione: il destinatario del potere di determinare la cessazione della qualifica di rifiuto è, dunque, per la Direttiva 2008/98, solo lo Stato.
Il MATTM con nota n. 10045, del 1° luglio 2016, con oggetto: "Disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto - Applicazione dell'articolo184-ter del decreto legislativo 03 aprile 2006, n. 152", relativamente all'art. 184-ter aveva espresso che:
"in via residuale, le Regioni – o gli enti da queste individuati – possono, in sede di rilascio dell’autorizzazione prevista agli articoli 208, 209 e 211, e quindi anche in regime di autorizzazione integrata ambientale, definire criteri EoW previo riscontro della sussistenza delle condizioni indicate al comma 1 dell’articolo 184-ter, rispetto a rifiuti che non sono stati oggetto di regolamentazione dei succitati regolamenti comunitari o decreti ministeriali”.
Con la sentenza n. 1229 del 28 febbraio 2018, la Sezione Quarta del Consiglio ha negato che esista una potestà concorrente rispetto a quella riconosciuta allo Stato dalla stessa direttiva 2008/98/CE (cd. direttiva quadro in materia di rifiuti).
Tale decisione si fonda, infatti, sul dato letterale fornito dall’art. 6 della direttiva, ai sensi del quale in assenza di criteri a livello comunitario, e solamente in tal caso, gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile.
È, dunque, la stessa direttiva a non riconoscere il potere di valutazione “caso per caso” ad enti e/o organizzazioni interne allo Stato, ma solo allo Stato medesimo, posto che, citando la sentenza in commento, la predetta valutazione non può che intervenire, ragionevolmente, se non con riferimento all’intero territorio di uno Stato membro.
Il Legislatore, ha correttamente investito, con l’art. 184-ter del D.L.vo 152/2006, il regolamento ministeriale del potere di intervenire ai fini della “declassificazione” caso per caso, individuando “specifiche tipologie di rifiuto” e prevedendosi “se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti”, e considerando “i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto”.
Inoltre è netta la posizione su circolari del Ministero dell’Ambiente: il Consiglio di Stato afferma che “non possono assumere rilevanza eventuali diverse considerazioni desumibili da circolari emanate dal Ministero dell’Ambiente, cui compete, più propriamente, l’esercizio del potere regolamentare in materia”.
E' quindi irrilevante la nota n. 10045 del Ministerno dell'Ambiente, del 1° luglio 2016, avente ad oggetto proprio l’applicazione del citato art. 184-ter.
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