Considerato
1. Il ricorso, denunciando violazione dell'art. 1362 e segg. c.c., in relazione all'art. 54 CCNL 1994/1997, dell'art. 47 CCNL 1998/2001, dell'art. 42 CCNL 2002/2005 del comparto della ricerca, dell'art. 26 del d.P.R. n. 171/1991 e della disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 230/1995 (art. 360 n. 3 c.p.c.), addebita alla sentenza di avere erroneamente interpretato la disciplina contrattuale in tema di diritto all'indennità di rischio radiologico dei dipendenti esposti a radiazioni ionizzanti.
2. A sostegno dell'impugnazione l'INAIL rappresenta, in sintesi, quanto segue:
- l'introduzione della Legge n. 460 del 1998 ha segnato il passaggio da un sistema basato su meri requisiti soggettivi, quale il solo fatto dell'esercizio della professione di radiologo, ad un sistema ancorato a precisi elementi oggettivi, come l'accertamento della continua e permanente esposizione a rischio radiologico, ampliando, conseguentemente, le categorie destinatarie di tali beneficio al di là del settore della radiologia medica, sempre subordinatamente all'accertamento della sussistenza delle condizioni oggettive richieste;
- nel processo di estensione di tale disciplina a categorie precedentemente non individuate, avvenuto in sede di contrattazione collettiva nell'ambito del comparto della ricerca, si colloca l'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 171 del 1991 (recante il recepimento dell’accordo per il triennio contrattuale 1988/1990 concernente il personale degli Enti di ricerca), il cui testo, oltre a richiamare pedissequamente l'art. 1, commi 2 e 3, della Legge n. 460 del 1988, prevede l'istituzione di un'apposita Commissione composta da almeno tre esperti qualificati della materia per l’accertamento della sussistenza delle condizioni per l'erogazione del beneficio in parola;
- la contrattazione collettiva di settore (art. 54 CCNL 1994/1997, art. 47 CCNL 1998/2001) ha richiamato in primo luogo l'art. 26 del d.P.R. n. 171/1991, con una proposizione che non può che essere interpretata come rinvio alla disciplina ivi contenuta, atteso che diversamente avrebbe richiamato esclusivamente il D.Lgs. n. 230 del 1995;
- dunque, in mancanza dell'accertamento della quantità di radiazioni cui il lavoratore è stato esposto, effettuato da tale Commissione tecnica, resta preclusa all'Amministrazione la possibilità di riconoscere il beneficio oggetto di causa;
- il giudizio espresso dalla Commissione tecnica non può spiegare effetti anche per il periodo anteriore al momento in cui la valutazione è stata operata.
3. Il ricorso è inammissibile, come già statuito in identica fattispecie da questa Corte con sentenza n. 31081/2017, per le ragioni tutte indicate nella motivazione della medesima sentenza, da intendersi qui trascritta ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ..
4. In particolare, è stato evidenziato che, secondo l'assunto dell'INAIL, le disposizioni contenute nei CCNL del comparto degli enti di ricerca succedutesi nel tempo devono essere interpretate nel senso che con il richiamo nelle stesse contenuto sia all'articolo 26 del d.P.R. n. 171 del 1991, sia al D.Lgs. n. 230/95, le parti sociali abbiano voluto mantenere inalterato il meccanismo previsto dal richiamato art. 26, che subordina la corresponsione dell'indennità oggetto di causa alla verifica da parte dell'apposita Commissione tecnica.
5. Tale essendo il nucleo della censura svolta con il ricorso per cassazione, la risoluzione della questione in punto di diritto lascia impregiudicata l'altra questione, pure rilevante ai fini del giudizio e costituente un'autonoma ratio decidendi, relativa al carattere costitutivo o meramente dichiarativo delle pronunce della Commissione tecnica di cui all'art. 26 d.P.R. n. 171/91. Difatti, mentre la Corte d'appello ha espressamente attribuito al relativo accertamento carattere dichiarativo ed effetto retroattivo, l'Istituto ricorrente si è limitato alla mera enunciazione, neppure compiutamente esplicitata, del carattere costitutivo di tale accertamento e quindi della sua efficacia solo ex nunc e non ex tunc. Del tutto generica è la censura svolta al riguardo (pag. 12, ultima parte), limitata all'apodittico assunto secondo cui nessuna indennità potrebbe essere riconosciuta per il periodo anteriore al 6 ottobre 2008.
6. E' noto che il ricorso per cassazione costituisce un rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall'ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes deciderteli, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sezioni Unite, n. 7931 del 2013; conf. Cass. n. 4293 del 2016). Tale orientamento costituisce lo sviluppo di quello secondo cui, quando la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l'annullamento della sentenza (da ultimo, Cass. 9752 del 2017).
7. Vale aggiungere che altre sentenze di questa Corte hanno rigettato analoghi ricorsi proposti dall'INAIL alla stregua di argomentazioni di inammissibilità del tutto sovrapponibili (Cass. n. 21666/2017 e 21555/2017, punti 12 e 13).
8. Per le ragioni sopra esposte, aventi carattere assorbente, il ricorso va dichiarato inammissibile, con onere delle spese a carico di parte soccombente.
9. Le spese sono liquidate, nella misura indicata in dispositivo, in favore del procuratore, avv. Paolo D'Urbano, dichiaratosi antistatario.