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ID 17630 | 18.09.2022 / Documento in allegato
Le malattie infettive e parassitarie, in particolare la malaria, contratte in occasione di lavoro sono ritenute infortuni sul lavoro. Rilevante, in merito, è la Sentenza della Corte Costituzionale n. 226/1987.
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La malaria è considerata attualmente una grave e comune malattia tropicale. Si tratta di un’infezione, dovuta ad un protozoo della specie Plasmodium, trasmessa agli esseri umani attraverso la puntura di zanzare anofele. I lavoratori in aree malariche (Africa sub sahariana, bacino del Mediterraneo, Italia compresa) possono contrarre la malattia. Le malattie infettive e parassitarie contratte in occasione di lavoro sono ritenute infortuni sul lavoro.
Il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 all’art. 2, secondo comma, riporta: “…è considerata infortunio sul lavoro l’infezione carbonchiosa. Non è invece compreso tra i casi di infortunio sul lavoro l’evento dannoso derivante da infezione malarica, il quale è regolato da disposizioni speciali”.
Il periodo ha valore storico ed era motivata dal fatto che in Italia la malaria era diffusa così tanto che il rischio di contrarla era considerato generico. Ma arrivò il DDT e le campagne di bonifica sanarono l’Italia da quella piaga.
Nel 1987 la sentenza della Corte Costituzionale n. 226 dichiarava l’incostituzionalità dell’art. 2, secondo comma, del TU relativamente al capoverso riguardante la malaria, sottolineando come “… tale infezione, che colpisca il soggetto in occasione di lavoro, è da annoverare tra gli infortuni sul lavoro, di cui ha peraltro tutti i requisiti giuridici prescritti: evento dannoso che incide sulla capacità lavorativa (malattia parassitaria), avvenuta per causa violenta (puntura dell’insetto), in occasione di lavoro (ambiente in cui è presente la zanzara anofele)…”.
Nei casi di malaria, dunque, deve essere presentata all’INAIL di residenza del lavoratore la domanda di indennità giornaliera per infortunio e di indennizzo del danno biologico, accompagnata dalla certificazione della malaria e dall’indicazione del datore di lavoro e del luogo di lavoro all’estero o in Italia, dove si è contratto tale parassitosi.
(art. 2, 2° comma, TU 1124/65; Cor. Cost. 226/87)
Fonte: ANMIL
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