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ID 25090 | 09.12.2025 / In allegato
Sanità e assistenza sociale, nel nuovo numero di Dati Inail l’analisi su un settore in trasformazione
Al netto dei contagi da Covid-19, nel quinquennio 2020-2024 l’andamento delle denunce di infortunio è stato stabile, con dinamiche differenziate tra assistenza sanitaria, servizi residenziali e non residenziali. Oltre un caso su cinque riguarda incidenti avvenuti in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro
Nei primi anni del quinquennio 2020-2024 l’andamento infortunistico nel settore della Sanità e assistenza sociale è stato fortemente influenzato dai casi da Covid-19. Al netto dei contagi, infatti, l’andamento delle denunce è stato sostanzialmente stabile (+1,4%), con dinamiche differenziate tra assistenza sanitaria (-6,1%), servizi residenziali (+10,9%) e non residenziali (+35,2%). A evidenziarlo è il nuovo numero del periodico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, che descrive i profondi cambiamenti in atto nel sistema sanitario nazionale. Il numero degli occupati, infatti, ha subito gli effetti dei blocchi del personale, rimessi in discussione solo a seguito della pandemia, e dell’invecchiamento della forza lavoro, mentre l’indebolimento della sanità pubblica ha lasciato spazio a una crescita sempre più marcata del privato, con la spesa delle famiglie per prestazioni in strutture non accreditate più che raddoppiata tra il 2016 e il 2023.
La categoria più colpita è quella degli infermieri. Nel quinquennio osservato le denunce di infortunio (esclusi i contagi da Covid) provengono in prevalenza da donne – circa il 70% nell’assistenza sanitaria e oltre l’80% nei servizi sociali – e da lavoratori con un’età compresa tra i 45 e i 59 anni. Oltre una denuncia su cinque riguarda casi avvenuti in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. Gli infermieri risultano la categoria più colpita (circa il 30% delle denunce), seguiti da operatori sociosanitari e socioassistenziali. Le lesioni più diffuse sono contusioni, distorsioni e distrazioni (67% dei casi in occasione di lavoro definiti positivamente al netto dei contagi), che interessano prevalentemente gli arti inferiori, in particolare ginocchia e caviglie, e sono determinate da cadute (oltre un quarto dei casi). La colonna vertebrale è molto colpita in quanto coinvolta anche nelle lesioni dovute a movimenti sotto sforzo fisico, che rappresentano un terzo delle cause di infortunio.
Nel 2024 accertate quasi 2.500 aggressioni sul lavoro. Le aggressioni sul posto di lavoro restano una delle criticità più rilevanti per il settore, tanto da spingere il legislatore a emanare nel 2020 una legge ad hoc a tutela dei suoi operatori. Nel 2024 l’Inail ha riconosciuto 2.464 infortuni da aggressione, un dato in linea con il biennio precedente ma molto più alto rispetto al periodo pandemico, quando le strutture sanitarie e assistenziali erano soggette a forti restrizioni di accesso. Le violenze provengono soprattutto da utenti, pazienti o loro familiari, colpiscono in prevalenza infermieri, fisioterapisti e operatori socioassistenziali e rappresentano un infortunio su 10 in occasione di lavoro nella sanità, una quota tripla rispetto al complesso dell’Industria e servizi. Quasi la metà delle aggressioni avviene in ospedali e case di cura, oltre un terzo nelle strutture residenziali e circa il 17% nei servizi non residenziali, con le contusioni alla testa come lesione più frequente. In un settore ad alta occupazione femminile, anche le vittime degli episodi di violenza sono prevalentemente donne (il 72% del totale nel 2024).
L’organizzazione degli spazi per la prevenzione della violenza. Pur mancando studi sistematici che colleghino direttamente la configurazione degli spazi con una minore incidenza di episodi di violenza, le osservazioni di contesto suggeriscono che l’attenzione alla progettazione degli ambienti sanitari può influenzare positivamente, in modo indiretto ma significativo, il clima operativo e la sicurezza del personale. Alcuni elementi come la visibilità reciproca tra operatori, la separazione dei flussi tra utenza e personale, spazi di attesa sorvegliati e con comfort ambientale adeguato, la presenza di vie di fuga e sistemi di allarme facilmente accessibili, possono infatti contribuire a ridurre le situazioni di isolamento e vulnerabilità.
Le malattie professionali in aumento. Per quanto riguarda le malattie professionali, nel 2024 nel settore della Sanità e assistenza sociale ne sono state denunciate 4.395, con un incremento del 23,9% rispetto al 2023, superiore di due punti percentuali alla crescita registrata nell’Industria e servizi. Le tecnopatie riguardano in larga maggioranza lavoratrici (77% nel quinquennio) e in otto casi su 10 colpiscono i lavoratori e le lavoratrici over 50. Oltre l’84% delle patologie interessa il sistema osteomuscolare e il tessuto connettivo: dorsopatie e disturbi dei tessuti molli sono le malattie più frequenti, legate agli sforzi e alle posture incongrue richieste nell’assistenza ai pazienti. Seguono le malattie del sistema nervoso, quasi tutte sindromi del tunnel carpale (8,5%), i disturbi psichici e comportamentali (2,0%), spesso riconducibili a condizioni di stress, e i tumori (1,9%).
La nuova norma UNI 11719 sulla protezione delle vie respiratorie. Per la protezione degli operatori sanitari esposti ad agenti chimici e biologici, la Consulenza tecnica salute e sicurezza evidenzia che è particolarmente rilevante la nuova versione della norma UNI 11719 di recentissima pubblicazione, che fornisce linee guida aggiornate per la scelta, l’uso e la manutenzione degli apparecchi di protezione delle vie respiratorie (Apvr). Rispetto alla versione pubblicata nel 2018, la nuova norma definisce le modalità di formazione e addestramento all'uso degli Apvr. Per la valutazione dell’idoneità dei dispositivi con facciali a tenuta è confermata l’esecuzione della prova di adattabilità sul singolo portatore, il cosiddetto “fit test”.
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Fonte: INAIL

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