Cassazione Penale Sez. 4 del 14 luglio 2025 n. 25730

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ID 24372 | 01.08.2025 / In allegato

Cassazione Penale Sez. 4 del 14 luglio 2025 n. 25730
Caduta dall'alto di un corpo contundente e decesso del lavoratore. 
Confermata la responsabilità del datore per omessa valutazione del rischio di caduta oggetti e mancata formazione del lavoratore.

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Cassazione Penale Sez. 4 del 14 luglio 2025 n. 25730
Dott. MONTAGNI Andrea - Presidente
Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere
Dott. MARI Attilio - Consigliere
Dott. DAWAN Daniela - Consigliere
Dott. SESSA Gennaro - Relatore

SENTENZA

sul ricorso proposto da
A.A., nato a F il (Omissis),
avverso la sentenza in data 01/10/2024 della Corte di appello di Firenze;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gennaro Sessa;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Olga Mignolo, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni scritte depositate, in data 23/06/2025, dal difensore delle parti civili B.B., C.C. e D.D., avv.to Stefano Bordoni, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni scritte depositate, in data 30/05/2025, dal difensore dell'imputato, avv.to Antonio Grillea, che ha chiesto l'annullamento, con o senza rinvio, dell'impugnata sentenza.

Fatto

1. Con sentenza in data 01/10/2024, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza con cui, il precedente 22/11/2021, il Tribunale di Grosseto aveva affermato la penale responsabilità di A.A. in ordine al delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica.
Nello specifico, il predetto, in qualità di titolare dell'impresa omonima e, quindi, di datore di lavoro di E.E., è stato giudicato penalmente responsabile del decesso di quest'ultimo, avvenuto per effetto delle gravi lesioni riportate a seguito dell'impatto contro la regione fronto-temporale di un corpo contundente in caduta dall'alto, in ragione dell'omessa valutazione, nel DVR e nel POS, del rischio di caduta di oggetti e della mancata formazione del lavoratore con riguardo a tale tipo di rischio.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del A.A., avv.to Antonio Grillea, che ha articolato quattro motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione a quanto previsto dall'art. 40, comma 2, cod. pen., inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 220, 533 e 603 cod. proc. pen. e vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità, in punto di indicazione della causa dell'evento, individuata, senza l'effettuazione di una perizia, in una condotta omissiva del datore del lavoro connotata da profili di colpa.
Sostiene, in specie, che, nella decisione impugnata, sarebbe stata ricostruita una dinamica del sinistro rispetto alla quale non vi sarebbe certezza "al di là di ogni ragionevole dubbio", posto che si sarebbero illogicamente valorizzate, a tal fine, le risultanze della consulenza medica in atti, in cui si dava atto di un "violentissimo traumatismo meccanico di tipo contusivo per azione di un corpo contundente di consistenza dura che attinse l'uomo alla testa" e la riscontrata collocazione del corpo dell'infortunato dopo il sinistro per inferirne conclusioni in ordine al concreto svolgimento dei fatti basate sulla scienza personale del giudice, nonostante l'assenza di elementi che consentissero di escludere la possibilità di una dinamica alternativa e senza far luogo - come sarebbe stato, invece, doveroso fare - alla rinnovazione istruttoria, mediante l'effettuazione di una perizia.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso ci si duole, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall'art. 40, comma 2, cod. pen. e di vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità, in punto di individuazione della causa meccanica della lesività.
Sostiene, in specie, che, nella decisione della Corte territoriale, si sarebbe individuato l'oggetto la cui caduta dall'alto avrebbe causato il grave ferimento e il successivo decesso del lavoratore mercé la valorizzazione delle sole dichiarazioni del teste F.F. e a dispetto del mancato rinvenimento, da parte degli ispettori dell'U.S.L. intervenuti sul luogo dell'accaduto, di oggetti recanti tracce ematiche o di materiale organico, così illegittimamente ed illogicamente affermando che il datore di lavoro, con condotta caratterizzata da un evidente profilo di colpa, avesse omesso di adottare, nel DVR e nel POS, misure atte a prevenire la caduta di oggetti dall'alto.

2.3. Con il terzo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l'inosservanza della norma processuale di cui all'art. 220 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione per manifesta illogicità, in punto di mancata acquisizione di una consulenza tecnica medico-legale della difesa.
Assume al riguardo che la mancata acquisizione, in esito alla sollecitata rinnovazione istruttoria, di tale documento probatorio - in cui si sosteneva che l'evento lesivo, per la peculiare conformazione del caschetto protettivo e per punto d'impatto sulla teca cranica dell'oggetto contundente, si sarebbe verificato anche qualora in cui l'infortunato avesse indossato tale strumento protettivo -avrebbe inficiato la decisione della Corte territoriale, che, in tesi, sarebbe pervenuta a ritenere lo stesso irrilevante ai fini decisori, in base ad un indebito utilizzo di scienza privata.

2.4. Con il quarto motivo di ricorso si duole infine, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., di violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 163 e 164 cod. pen. e di vizio di motivazione per carenza, in punto di denegata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Sostiene, in specie, che, nella decisione impugnata, la mancata concessione di tale beneficio, pur espressamente sollecitata con uno dei motivi di appello, risulterebbe illegittima e non argomentata, posto che la Corte territoriale non avrebbe effettuato il dovuto giudizio prognostico, omettendo, peraltro, ogni motivazione al riguardo.

3. Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all'art. 23, commi 8 e 9, del D.L. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall'art. 5-duodecies del D.L. n. 162 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 199 del 2022 e, da ultimo, dall'art. 17 del D.L. n. 75 del 2023, convertito, con modificazioni, nella legge n. 112 del 2023.

Diritto

1. Il ricorso presentato nell'interesse di A.A. è infondato e dev'essere, pertanto, rigettato per le ragioni che, di seguito, si espongono.

2. Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dall'art. 40, comma 2, cod. pen., inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 220, 533 e 603 cod. proc. pen. e vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità, in punto di indicazione della causa dell'evento, individuata in una condotta omissiva del datore del lavoro connotata da profili di colpa, sostenendo che, nella decisione impugnata, sarebbe stata recepita una ricostruzione dell'incidente rispetto alla quale non vi sarebbe certezza "al di là di ogni ragionevole dubbio", posto che si sarebbero illogicamente valorizzate le sole risultanze della consulenza medica, oltre alla riscontrata collocazione del corpo dell'infortunato subito dopo il sinistro, per inferirne conclusioni in ordine allo svolgimento dei fatti basate sulla scienza personale del giudice, a dispetto dell'assenza di elementi valevoli ad escludere la possibilità di una dinamica alternativa e senza far luogo a una rinnovazione istruttoria, mercè l'effettuazione di una perizia.
Ritiene in proposito il Collegio che la Corte territoriale, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha individuato con precisione (in particolare, alle pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata) la condotta omissiva del datore di lavoro ritenuta causativa del sinistro mortale, che, in esito alla ricostruzione della dinamica del sinistro in termini di caduta dall'alto di un corpo contundente imprudentemente appoggiato sul piano metallico della trivella e spostatosi per effetto delle vibrazioni causate dal funzionamento del macchinario, ha indicato segnatamente nell'omessa valutazione, nel DVR e nel POS, del rischio di caduta di oggetti dall'alto e nella mancata formazione del prestatore di lavoro con precipuo riferimento al tipo di rischio di fatto verificatosi.
Con tale impianto argomentativo non si confronta, tuttavia, il ricorrente che ha articolato doglianze viziate da un'evidente genericità intrinseca, che si risolvono, in sostanza, in una richiesta di rivalutazione in fatto dell'accaduto, inammissibile nel giudizio di legittimità.
Né appare riscontrabile, nel caso di specie, la dedotta inosservanza della norma processuale di cui all'art. 603 cod. proc. pen., in conseguenza del rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria mediante l'effettuazione di una perizia funzionale alla ricostruzione della dinamica del sinistro, costituendo consolidato insegnamento della Suprema Corte quello secondo cui "Nel giudizio di appello, la rinnovazione di una perizia... può essere disposta solo se il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, ed il rigetto della relativa richiesta, se logicamente e congruamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità, trattandosi di un giudizio di fatto" (così, da ultimo, Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, P.G. c/Caratelli, Rv. 274996-02, nonché, in precedenza, Sez. 2, n. 34900 del 07/05/2013, S., Rv. 257086-01).

3. Del tutto infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall'art. 40, comma 2, cod. pen. e di vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità, in punto di individuazione della causa meccanica della lesività, sostenendo che, nella decisione impugnata, si sarebbe individuato l'oggetto la cui caduta dall'alto avrebbe causato il grave ferimento e il successivo decesso del lavoratore mercé la valorizzazione delle sole dichiarazioni del testimone F.F., a dispetto del mancato repertamento di oggetti recanti tracce ematiche o di materiale organico, così da concludere, in maniera del tutto illogica, che il datore di lavoro, con condotta colposa, avesse omesso di adottare, nel DVR e nel POS, misure atte a prevenire la caduta di oggetti.
Osserva al riguardo il Collegio che la decisione della Corte territoriale non presenta il dedotto vizio motivazionale.
Ciò perché i giudici di secondo grado hanno coerentemente e logicamente descritto l'eziologia dell'evento (in specie, alle pagg. 2-4 della sentenza oggetto d'impugnativa), individuando, alla stregua del narrato dell'indicato testimone oculare e della documentazione medica rilasciata dal presidio ospedaliero, la causa del ferimento del prestatore d'opera nel violento impatto di un oggetto in caduta dall'alto contro la regione cranica fronto-temporale del predetto, nel mentre questi era intento ad espletare le mansioni cui risultava addetto senza indossare - come sarebbe stato necessario - il casco protettivo.
Orbene, a fronte di un impianto argomentativo di tal genere, connotato da un'indubbia linearità, la dedotta lamentazione si appalesa viziata da genericità intrinseca, non essendosi in alcun modo indicate le ragioni dell'ipotizzato vizio motivazionale.
Deve quindi ragionevolmente concludersi che la doglianza in oggetto si risolve in un'inammissibile richiesta di rivalutazione dei fatti, dei quali si sollecita, in sostanza, una ricostruzione alternativa a quella effettuata dalla Corte di appello.
È però ben noto che il giudice di legittimità non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, essendogli preclusa, in radice, la rivalutazione dell'accadimento fattuale.
Tanto chiarito, deve altresì escludersi che la decisione impugnata sia affetta dal vizio di violazione di legge egualmente contestato con il motivo in disamina, non avendo il ricorrente in alcun modo esplicitato, nel corpo dell'impugnativa, le ragioni, in tesi, fondanti tale lamentazione.

4. Palesemente infondato è, ancora, il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta l'inosservanza della norma processuale di cui all'art. 220 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione per manifesta illogicità, in punto di mancata acquisizione di una consulenza tecnica medico-legale della difesa, assumendo che tale statuizione, conseguente al rigetto della richiesta difensiva di rinnovazione istruttoria, avrebbe inficiato la decisione della Corte territoriale, che sarebbe pervenuta a ritenere tale documento irrilevante ai fini decisori in base ad un indebito utilizzo di scienza privata.
Ritiene in proposito il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, sia insussistente il denunziato vizio motivazionale.
Ciò perché la mancata acquisizione del menzionato documento probatorio -in cui si sosteneva che l'evento lesivo, per la peculiare conformazione del casco protettivo e per il punto d'impatto sul capo del lavoratore dell'oggetto in caduta, si sarebbe verificato anche nel caso in cui il primo avesse indossato la protezione - non ha affatto viziato di illogicità la decisione della Corte di appello, posto che i giudici del merito sono pervenuti all'opposta conclusione, in esito alla ritenuta inconferenza, ai fini decisori, della consulenza medico-legale de qua, con un percorso argomentativo lineare e tutt'altro che illogico, nell'ambito del quale, lungi dal far uso della propria scienza privata, hanno ritualmente valorizzato la circostanza, inferita dal referto stilato dai sanitari dell'ospedale ove l'infortunato fu condotto e confermata dal testimone oculare F.F., che il punto d'impatto del corpo contundente era collocato tra la regione frontale e quella temporale del capo del predetto, ossia in un'area della calotta cranica che lo strumento di protezione, se indossato, avrebbe adeguatamente salvaguardato.
D'altro canto, non è dato riscontrare nella decisione impugnata neanche la denunziata inosservanza della norma processuale di cui all'art. 220 cod. proc. pen., essendosi già chiarito che la decisione reiettiva della richiesta di rinnovazione istruttoria mediante acquisizione di una consulenza di parte, per la sua natura di giudizio fattuale, non è censurabile in sede di legittimità, ove corredata - come nel caso di specie - da motivazione congrua e logica (così la già citata Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, P.G. c/Caratelli, Rv. 274996-02).

5. Infondato è, infine, il quarto motivo di ricorso, con cui ci si duole di violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 163 e 164 cod. pen. e di vizio di motivazione per carenza, in punto di denegata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, sostenendo che la decisione impugnata risulterebbe, in parte qua, illegittima ed immotivata, in quanto la Corte territoriale, a fronte di una specifica richiesta difensiva formulata con uno dei motivi di appello, avrebbe obliterato l'effettuazione del dovuto giudizio prognostico, senza argomentare in alcun modo la determinazione assunta.
Rileva al riguardo il Collegio che la disamina della decisione impugnata disvela che effettivamente la Corte di appello, seppur investita, con l'atto di gravame, della richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena, omise di adottare qualsiasi statuizione sul punto.
È pur vero, tuttavia, che l'imputato risultava già ilio tempore gravato da plurime condanne per delitto, due delle quali a pena detentiva condizionalmente sospesa, fattore che precludeva, in radice, un'ulteriore fruizione, da parte sua, del medesimo beneficio.
Tale circostanza induce questo giudicante a ritenere infondata la doglianza prospettata con il motivo in disamina, trovando applicazione il principio secondo cui "Il vizio di motivazione che denunci la mancata risposta alle argomentazioni difensive, può essere utilmente dedotto in Cassazione unicamente quando gli elementi trascurati o disattesi abbiano un chiaro ed inequivocabile carattere di decisività, nel senso che una loro adeguata valutazione avrebbe dovuto necessariamente portare, salvo intervento di ulteriori e diversi elementi di giudizio, ad una decisione più favorevole di quella adottata" (in tal senso, Sez. 2, n. 37709 del 26/09/2012, Giarri, Rv. 253445-01, nonché, più di recente, Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 27/01/2016, Perna e altri, Rv. 267723-01).

6. Alla stregua delle considerazioni che precedono, risultando insussistenti i vizi denunziati, il ricorso dev'essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.

7. Non può essere disposta la rifusione delle spese sostenute, nel presente grado di giudizio, dalle parti civili B.B., C.C. e D.D., in quanto la memoria difensiva riversata in atti dal loro patrocinatore, per la genericità del contenuto, non fornisce alla decisione alcun apporto suscettibile di positivo apprezzamento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma l'1 luglio 2025.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2025.

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