Ritenuto in fatto
1.Il sig. L.D. ricorre per l'annullamento della sentenza del 19/01/2018 della Corte di appello di Bologna che, rigettando la sua impugnazione, ha confermato la condanna alla pena di 2.000 euro di ammenda inflitta con sentenza del 12/10/2015 del Tribunale di Reggio Emilia per il reato di cui all'art. 590, commi primo, secondo e terzo, cod. pen., a lui ascritto perché, quale socio amministratore della società in nome collettivo «PAVIMENTI L.D.», datore di lavoro e responsabile del Servizio di prevenzione e protezione ambientale, aveva cagionato per colpa al dipendente A.M. lesioni personali gravi, consistite nella frattura del braccio destro, dalle quali era derivata al predetto l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre quaranta giorni; colpa consistita nell'aver messo a disposizione dei lavoratori dipendenti una pressa automatica rotativa ad otto stazioni dalla quale erano stati rimossi gli schermi fissi di protezione atti ad impedire l'accesso dei lavoratori stessi alle zone pericolose, mantenendone solo uno, di ridotte dimensioni, nella parte terminale della tramoggia di scarico del calcestruzzo, così che il A.M., per rimuovere del ghiaino dalla tavola porta stampi in rotazione, aveva allungato la mano sotto lo schermo rimasto e rimaneva intrappolato con l'avambraccio nella rotazione della tavola. Il fatto è contestato come commesso in Poviglio l'8 marzo 2011.
1.1. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui, non considerando le emergenze istruttorie, sostiene che il macchinario "fosse sprovvisto di barriere" di protezione e che non fossero "evidentemente attive le cellule fotoelettriche".
Deduce che: a) tutte le funzioni di controllo del macchinario erano eseguibili rimanendo in sicurezza alla consolle di comando; b) le parti rotative erano perfettamente segregate; c) l'operatore disponeva del potere di arresto macchina rimanendo alla consolle che si trovava a distanza dall'area di movimento della macchina stessa; d) quest'ultima era munita di dispositivi antinfortunistici meccanici (barriere metalliche di protezione, fisse e mobili, che segregavano le parti in movimento) ed elettrici (cellule fotoelettriche che arrestavano la macchina non appena qualcosa o qualcuno si fosse ingerito nel suo perimetro); e) i testimoni della difesa avevano confermato che il macchinario lavorava sempre con tutte le barriere in opera, anche al momento dell'infortunio; f) il fatto che l'ispettore del lavoro l'avesse rinvenuto privo di alcune parti delle barriere in sede di ispezione effettuata subito dopo l'infortunio non prova il contrario, ma si spiega con la necessità di agevolare le operazioni di soccorso; g) l'ispettore, del resto, non aveva nemmeno controllato se le cellule fotoelettriche fossero esistenti e funzionanti; h) la testimonianza della parte civile è assolutamente falsa allorquando sostiene che l'infortunio si era verificato perché la cazzuola era rimasta incastrata proprio sotto la barriera di protezione, peraltro, contraddittoriamente ammettendo l'esistenza delle barriere al momento dell'infortunio e comunque l'esistenza delle cellule fotoelettriche.
1.2. Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell'art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in punto di ricostruzione della dinamica dell'evento.
Deduce al riguardo l'illegittima disapplicazione della testimonianza di W.D., benché presente ai fatti. Questi aveva riferito del comportamento abnorme, imprevedibile e non necessario tenuto dal lavoratore che, pur potendo rimanere alla consolle di comando per governare la macchina, si era avvicinato a quest'ultima e, senza arrestarla, aveva volontariamente infilato il braccio sotto la barriera di sicurezza. Dunque, conclude, il lavoratore - che pure era stato addestrato ed istruito - ha serbato un comportamento abnorme che è causa immediata e diretta dell'Infortunio. Dalle stesse parole di quest'ultimo, del resto, si evince che: a) la barriera era alta fino alle sue spalle; b) la cazzuola non poteva passare sotto la feritoia esistente tra il bordo inferiore della barriera e la macchina; c) non vi era necessità di rimuovere il ghiaietto perché la macchina si autopuliva; d) egli stesso aveva ammesso che doveva rimanere fermo alla consolle e non doveva avvicinarsi alla macchina in movimento. Il macchinario, dunque, era conforme alle regole di sicurezza e prevenzione infortuni e il lavoratore era stato addestrato e istruito e dotato dei dispositivi individuali di protezione.