Considerato in diritto
1. Il ricorso deve essere accolto.
2. Il primo motivo è fondato.
3. Va, innanzitutto, ricordato che "In materia di prevenzione di infortuni sul lavoro, in caso di lesioni personali colpose derivanti dall'omessa adozione delle cautele necessarie ad eliminare la pericolosità di un macchinario, deve escludersi il rapporto di specialità tra la disposizione di cui all'art. 437 cod. pen. - che prevede il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele - e quella di cui all'art. 590, secondo comma, cod. pen., mancando un rapporto di continenza tra tali norme, per la diversità, nei due reati, dell'elemento soggettivo (dolo nel primo caso e colpa nel secondo), della condotta (non essendo inclusa nello schema legale del primo la condotta costitutiva del secondo) e dell'evento (costituito, nel primo caso, dal comune pericolo di disastro o di un infortunio - il cui effettivo verificarsi non è elemento costitutivo del reato medesimo perché costituisce ove si realizzi, circostanza aggravante - e dalle lesioni nel secondo caso). (Sez. 4, n. 6156 del 19/12/2017 - dep. 08/02/2018, Oliva, Rv. 271970).
4. Ciò premesso, ritiene questo Collegio che debba darsi continuità all'orientamento secondo cui "Ai fini della configurabilità dell'ipotesi delittuosa descritta dall'art. 437 cod. pen., è necessario che l'omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l'inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l'attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l'integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all'ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo. (Sez. 1, n. 4890 del 23/01/2018 - dep. 31/01/2019, PG c/ Prunas, Rv. 276164 ; Sez. 1, n. 18168 del 20/01/2016, P.M. in proc. Antonini altri, Rv. 266881; Sez.l, n. 6393 del 02/12/2005, dep. 2006, Strazzarino, Rv. 233826).
5. La norma incriminatrice, infatti, è collocata fra i delitti contro la pubblica incolumità o di comune pericolo (Titolo II, capo VI del codice penale), accomunati dalla caratteristica potenza espansiva del danno che la condotta dolosa sanzionata può arrecare all'integrità personale di una pluralità di persone. La diffusività del pericolo giustifica l'anticipazione della soglia di punibilità ad un momento che precede l'eventuale evento dannoso, che si pone, laddove si realizzi, come una circostanza aggravante del reato. Si tratta di ipotesi caratterizzate -nella comune esperienza- per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all'incolumità personale, che esprimono cioè una capacità lesiva in grado di coinvolgere una pluralità di persone, in un modo che non è precisamente definibile. Di qui l'idea di indeterminatezza del danno che caratterizza i reati di comune pericolo.
6. E' chiaro, tuttavia, che le condotte dolose descritte dall'art. 437 cod. pen. - omissione, rimozione o danneggiamento di cautele destinate a prevenire gli infortuni sul lavoro- ben possono rilevare anche quando la diffusività del pericolo sia circoscritta alla 'collettività' di coloro che gravitano intorno all'ambiente di lavoro, essendo principalmente l'integrità fisica dei lavoratori l'oggetto della tutela anticipata. Non necessariamente, dunque, l'indefinitezza dei soggetti che possono essere attinti dalle conseguenze della condotta coincide con l'intera collettività, ben potendo limitarsi ad una specifica comunità di soggetti intesa come un numero di lavoratori sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo, senza di che mancherebbe in radice la possibilità di un'offesa al bene giuridico tutelato. (Sez. 1, Sentenza n. 11161 del 20/11/1996, Rv. 206428; Sez. 4, Sentenza n. 10812 del 04/05/1989, Rv. 181921).
7. Anche così circoscritta la dimensione soggettiva del pericolo, dunque, ciò che connota il reato resta la diffusività del rischio potenziale di danno, che non può pertanto coincidere con la possibilità di arrecare danno ad un'unica persona, come non condivisibilmente ritenuto da alcune pronunce (cfr. "Il reato di cui all'art. 437 cod. pen. è integrato anche nel caso in cui il pericolo interessi soltanto il singolo lavoratore addetto alla macchina priva del dispositivo atto a prevenire gli infortuni" Sez. 4, Sentenza n. 57673 del 24/11/2017, Rv. 271693; ma anche: Sez. 1, Sentenza n. 12464 del 21/02/2007, Rv. 236431; Sez. 1, Sentenza n. 8054 del 11/03/1998, Rv. 211778)
8. E,' infatti, proprio l'astratta potenzialità della condotta a determinare una situazione di pericolo per una pluralità di persone -ancorché numericamente e spazialmente determinata- che contraddistingue l'anticipazione della punibilità alla minaccia del danno all'incolumità fisica, ché altrimenti, in assenza della dimensione pubblica del pericolo, si finirebbe considerare punibile un comportamento specificamente rivolto ad omettere, escludere o rimuovere cautele finalizzate alla tutela di un lavoratore determinato, mutando il bene giuridico tutelato anziché nella salute pubblica, nel senso di 'collettiva' e plurale, pur nei limiti indicati, in quella individuale.
9. Ad escludere una simile lettura, oltre alla collocazione del reato fra i delitti contro la pubblica incolumità, concorre la previsione del secondo comma della disposizione di cui all'art. 437 cod. pen. che chiarisce come il prodursi dell'evento, quale concretizzazione del pericolo sanzionato dal primo comma, costituisca un aggravamento del reato anche qualora ne derivi 'un infortunio', cioè un evento dannoso che può riguardare un singolo individuo. L'utilizzo dell'articolo indeterminativo 'un' anziché di quello determinativo assume un significato esegetico preciso, posto che laddove il primo comma fosse riferito alla tutela del singolo e non della collettività, il legislatore penale avrebbe posto in relazione il secondo comma con il primo facendo ricorso alla locuzione aggettivale 'l'infortunio'. Cioè proprio quell'unico specifico evento temuto e descritto dal primo comma. La precisa scelta linguistica, nondimeno, contribuisce a spiegare che il pericolo di mettere a repentaglio l'incolumità di più persone - di per sé sanzionato- può, in concreto, realizzarsi anche con la produzione di un danno nei confronti di uno solo dei soggetti esposti al rischio, non essendo necessario che esso coinvolga la salute pubblica, ben potendo la minaccia del bene collettivo trasformarsi nella realizzazione di un evento che coinvolge l'individuo. Il che rende evidente la distinzione fra la condotta pericolosa, riguardante la collettività, e l'evento dannoso configurabile anche nei confronti del singolo.
10. La necessaria diffusività del pericolo si riflette anche sulla dimensione spazio-temporale della minaccia, che deve sempre comprendere una pluralità di soggetti, ancorché individuabili in una comunità, com'è quella dei lavoratori di uno stabilimento produttivo.
11. Ne discende, nondimeno, che laddove l'impianto o l'apparecchiatura difettante delle cautele destinate a prevenire infortuni, per la volontaria omissione o rimozione delle medesime, non preveda l'utilizzazione contemporanea da parte di una pluralità di lavoratori o non sia idonea a sprigionare una forza dirompente, in grado di coinvolgere numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile, il reato di cui all'art. 437 cod. pen. non può ritenersi integrato perché non è configurabile il pericolo comune, non avendo l'azione criminosa l'attitudine a coinvolgere una molteplicità di individui.
12. Va, dunque, esclusa la configurabilità del reato contestato, contrariamente a quanto ritenuto dalla decisione impugnata, in un'ipotesi, come quella di specie, in cui al macchinario, privato della cautele antinfortunistiche, sia destinato un lavoratore per turno.
13. La sentenza deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.