Ritenuto in fatto
1. La Corte d'appello di Brescia, in data 5 febbraio 2019, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Cremona, in data 1 marzo 2016, aveva condannato A.C. alla pena ritenuta di giustizia in relazione al delitto di lesioni personali colpose, con violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, contestato come commesso in danno di M.B. in data 1 ottobre 2011.
L'addebito che viene mosso al A.C., nella sua qualità di procuratore speciale delegato in materia di sicurezza della società Arvedi Tubi Acciaio s.p.a. di Cremona e direttore dello stabilimento della predetta società, é di avere omesso di segregare mediante apposite barriere la zona pericolosa ove era ubicata, sulla linea 5 dello stabilimento, una macchina reggiatrice impiegata per il confezionamento di fasci di tubi d'acciaio in forma esagonale; e di avere altresì omesso di controllare che i lavoratori rispettassero le norme di sicurezza e che non fossero poste in essere prassi lavorative non corrette. Tali condotte omissive, nell'assunto accusatorio recepito nel giudizio di merito, erano alla base dell'Infortunio occorso al M.B., dipendente della Arvedi, il quale, avendo ricevuto segnalazione della presenza di rigature sui tubi in fase di accatastamento, effettuava un controllo con la mano sinistra sul fascio di tubi in uscita, quando la linea di produzione si attivava al fine di spostare i tubi verso la successiva area di movimentazione: ciò che cagionava lo schiacciamento della mano del M.B., con le conseguenze lesive descritte nell'imputazione.
La Corte di merito ha respinto le censure mosse in appello dalla difesa del A.C., affermando che il rischio di schiacciamento era prevedibile ed anzi era stato previsto; che il M.B. si era procurato le lesioni nell'espletamento delle sue mansioni; che era stata comprovata la presenza e la tolleranza di prassi pericolose integranti la condotta colposa contestata; e che, se la zona fosse stata dotata di una protezione tale da bloccare il movimento dei rulli in occasione dell'accesso dei lavoratori, l'infortunio non si sarebbe verificato.
2. Avverso la prefata sentenza d'appello ricorre il A.C., con atto articolato in due ampi motivi.
2.1. Con il primo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa: la Corte di merito, pur confermando la decisione di primo grado, ne disattende alcune fondamentali affermazioni, come ad esempio quella secondo la quale non era sostenibile la prevedibilità del rischio-schiacciamento in relazione alla fase di lavorazione in corso al momento dell'infortunio, prevedibilità che invece la Corte distrettuale ravvisa giudicando di fatto irrilevante la presenza di un documento per il lavoro sicuro; in realtà, obietta il deducente, il fatto non era prevedibile perché non vi era alcuna necessità che gli addetti alla parte terminale della linea produttiva accedessero alla zona dell'incidente, tanto più per un controllo dei tubi in uscita; e già in primo grado si era dato atto dell'incomprensibilità della verifica di qualità da parte della persona offesa e della totale assenza di organi pericolosi nel punto della linea ove avvenne l'infortunio, tale non essendo la presenza di un carico che viene sospinto su una rulliera priva di moto. Quanto alla procedura di lavoro PLS 09, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, essa non individuava espressamente il rischio di schiacciamento in tutte le fasi di lavoro della linea 5, atteso che tale rischio non era indicato proprio in relazione alla fase in atto al momento dell'infortunio. Tale errore percettivo, secondo il deducente, si risolve in una forma di travisamento della prova. Ed ancora, non é vero che l'infortunio fosse avvenuto nella fase di stiva-formazione esagono e reggiatura automatica, come si afferma nella sentenza impugnata, ma nella fase immediatamente successiva, ossia durante il transito dell'esagono sui rulli; inoltre, erra la Corte distrettuale nell'affermare che il teste a discarico D. abbia affermato che la mancata adozione della barriera fosse legata a un problema operativo di passaggio del carico anziché all'imprevedibilità del rischio, laddove il teste si riferiva chiaramente alla parte finale della linea, e non al punto della linea stessa ove avvenne l'incidente. Sotto altro profilo, l'assunto secondo il quale vi sarebbe stata una prassi lavorativa pericolosa, accreditato sia dal Tribunale che dalla Corte di merito, era stato smentito dai testi I. (secondo il quale il controllo veniva effettuato manualmente solo quando il carico é già spostato oppure a valle della zona dell'incidente) e D. (il quale non viene creduto dalla Corte di merito perché, come capo reparto, avrebbe l'interesse a sostenere l'assenza di pratiche pericolose e l'esercizio corretto del dovere di controllo).
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla configurabilità del nesso causale tra la condotta contestata e l'evento: a fronte di un'evidente incertezza nella ricostruzione della dinamica dell'infortunio, la Corte di merito ha accreditato una ricostruzione diversa rispetto a quella recepita nell'imputazione, adombrando ii sospetto di un'anticipazione delle operazioni di imbracatura dei fasci, che ad avviso della Corte di merito ben spiegherebbe gli esiti traumatici da schiacciamento, ma che é risultata in realtà indimostrata nel giudizio; oltre a ciò, é stata accordata piena attendibilità alla persona offesa, mentre inspiegabilmente non é stato dato credito alla deposizione del capo reparto D., di segno completamente diverso.