Considerato in diritto
4. Per una maggiore sintesi della presente motivazione è opportuno prendere le mosse dall'esame del ricorso proposto nell'interesse di B.M.. Il ricorso è infondato.
4.1. Assume rilievo pregiudiziale la denuncia della violazione del divieto di immutazione, avanzata con il quinto motivo.
Il motivo è infondato. Si assume che la contestazione originaria attribuiva al B.M. la qualifica di preposto e che solo nel corso del giudizio egli si è visto attribuire la qualifica di dirigente.
L'affermazione non coglie il vero. Nell'imputazione recata dal decreto di citazione a giudizio il B.M. viene indicato come 'capo cantiere'; nel corso del giudizio verrà indicato anche come 'assistente di cantiere'. Trattandosi in entrambi i casi di qualifiche estranee al catalogo dei debitori di sicurezza definito dal d.lgs. n. 81/2008, per cogliere la portata della contestazione occorre guardare a ciò che viene contenutisticamente rimproverato al B.M.. Orbene, a questi si rimprovera di aver affidato al A.V. la conduzione del mezzo d'opera e di avergli consentito di prestare tale attività pur non avendo ricevuto alcuna formazione e informazione al riguardo.
Condotte che, come si vedrà subito appresso, possono essere tenute solo dal datore di lavoro e dal dirigente; ma nel caso di specie non è mai stato in discussione che la posizione datoriale spettasse al solo P.G.A..
Peraltro, nella giurisprudenza di legittimità è del tutto consolidata una interpretazione teleologica del principio di correlazione tra accusa e sentenza (art. 521 cod. proc. pen.), per la quale questo non impone una conformità formale tra i termini in comparazione ma implica la necessità che il diritto di difesa dell'imputato abbia avuto modo di dispiegarsi effettivamente, risultando quindi preclusi dal divieto di immutazione quegli interventi sull'addebito che gli attribuiscano contenuti in ordine ai quali le parti - e in particolare l'imputato - non abbiano avuto modo di dare vita al contraddittorio, anche solo dialettico. Sia pure a mero titolo di esempio può citarsi la massima per la quale "ai fini della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'art. 521 cod. proc. pen. deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione" (Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013 - dep. 29/11/2013, Di Guglielmi e altro, Rv. 257278).
Tra le implicazioni del principio vi è che risulta aspecifico e quindi inammissibile il ricorso che si limiti a segnalare la formale mancanza di coincidenza tra l'imputazione originaria ed il fatto ritenuto in sentenza. Aspecifico, giacché ai sensi dell'art. 581, co. 1 lett. c) cod. proc. pen., l'impugnazione deve enunciare, tra gli altri, "i motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta". L'art. 591, co. 1, lett. c) cod. proc. pen., poi, commina la sanzione dell'inammissibilità dell'impugnazione quando venga violato, tra gli altri, il disposto dell'art. 581 cod. proc. pen. Come costantemente affermato da questa Corte (tra le altre, sez. 6, 30/10/2008, Arruzzoli ed altri, rv. 242129), in materia di impugnazioni, l'indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell'art. 581 lett. c) c.p.p., costituisce di per sé motivo di inammissibilità del proposto gravame.
4.2. Va quindi esaminato il primo motivo di ricorso, che investe per l'appunto il tema dei compiti del dirigente, quale definito dall'art. 2 d.lgs. n. 81/2008 ai fini dell'applicazione delle norme recate dal decreto medesimo, e la rispondenza ad essi di quanto compiuto dal B..
Va sin da subito rilevato che taluni dei rilievi elevati dal ricorrente attingono il profilo della ricostruzione del fatto, senza porre in evidenza reali vizi della motivazione. Ciò vale in primo luogo per il dedotto travisamento della prova. Esso, lungi dal consistere in un errore sul significante (tra le ultima, Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017 - dep. 20/02/2018, Grancini, Rv. 272406), nel ricorso si traduce in una contestazione della valutazione della prova fatta dal giudice di merito, senza però identificarne i vizi logici e solo opponendo ad essa una valutazione alternativa che si vorrebbe vedere convalidata dal giudice di legittimità.
Peraltro, questa Corte ha posto in correlazione il travisamento della prova, quale vizio deducibile con ricorso per cassazione, e la conformità delle pronunce di primo e secondo grado. Si è così affermato che il vizio del travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", essere superato il limite costituito dal "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009 - dep. 08/05/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636; Sez. 1, n. 24667 del 15/06/2007 - dep. 21/06/2007, Musumeci, Rv. 237207; Sez. 2, n. 5223 del 24/01/2007 - dep. 07/02/2007, Medina ed altri, Rv. 236130), o il caso in cui entrambi i giudici di merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 44756 del 22.10.2013, Buonfine ed altri, n.m.).
Né l'una né l'altra occorrenza vengono segnalate dal ricorrente.
Messo in disparte quindi il dedotto travisamento della prova, vale osservare che i giudici di merito hanno ritenuto che il B.M. fosse un dirigente e non un mero esecutore degli ordini impartiti dal P.G.A..
La giurisprudenza di questa Corte insegna, con riferimento a colui che dà in concreto l’ordine di effettuare un lavoro, ma che non impartisce direttive circa le modalità di esecuzione di questo, che si tratta di soggetto che con quell'ordine si inserisce ed assume di fatto la mansione di dirigente sicché ha il dovere di accertarsi che il lavoro venga fatto nel rispetto delle norme antinfortunistiche, senza lasciare agli operai, non soliti ad eseguirlo, la scelta dello strumento da utilizzare (Sez. 4, n. 3483 del 21/12/1995 - dep. 05/04/1996, P.G. Pozzati ed altro, Rv. 20497101).
Si è aggiunto che in subiecta materia la figura di dirigente presuppone l'esistenza di comportamenti ricorrenti, costanti e specifici dai quali desumersi l'effettivo esercizio di funzioni dirigenziali, come tali riconosciute in ambito aziendale, anche nel campo della sicurezza del lavoro, con poteri decisionali al riguardo (Sez. 4, n. 13915 del 16/01/2008 - dep. 03/04/2008, Clari, Rv. 23958601).
Tali principi possono essere mantenuti fermi ma vanno raccordati a quanto previsto dal d.lgs. n. 81/2008. Il quale, all'art. 2, co. 1 lett. d) definisce indirettamente le funzioni dirigenziali: esse consistono nell'attuazione delle direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa in forza di competenze professionali, poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico.
Se si tengono presenti simili coordinate è agevole risolvere la questione nuovamente posta con il ricorso, sia sotto il profilo della violazione di legge che del vizio motivazionale, ovvero se la Corte di Appello abbia motivato senza manifesta illogicità e con aderenza ai dati probatori l'esercizio di fatto da parte del B.M. dei poteri dirigenziali; se abbia applicato correttamente il quadro normativo.
In primo luogo va escluso che abbia fondamento il rilievo accordato dal ricorrente alla qualifica di assistente di cantiere e alla corrispondenza tra quanto fatto concretamente dal B.M. e quanto previsto dal CCN a tale figura relativo. Come si è già accennato, l'organizzazione dell'impresa, in specie quella che opera nei cantieri temporanei e mobili, ha prodotto una nomenclatura non coincidente con quella del d.lgs. n. 81/2008; ma è a questa che occorre fare riferimento e ciò importa che le varie qualifiche (direttore dei lavori, direttore di cantiere, assistente di cantiere, capo cantiere, per citare le più diffuse) devono essere considerate nella loro sostanza e quindi tradotte nelle posizioni prevenzionistiche. Pertanto, che il B.M. avesse la qualifica di assistente di cantiere nulla dice in merito alla posizione in concreto assunta in rapporto alla disciplina prevenzionistica.
La Corte di Appello ha attribuito al B.M. la qualifica di dirigente perché organizzava la composizione delle squadre e così determinava la distribuzione dei compiti tra i lavoratori; in tal modo si è conformata ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, sia quanto ai poteri che connotano il dirigente sia in merito al rilievo che assume l'esercizio di fatto di quei poteri da parte di chi non è provvisto della qualifica (cfr. ex multis, Sez. 4, n. 22079 del 20/02/2019 - dep. 21/05/2019, Cavallari, Rv. 276265).
Quanto al profilo motivazionale, si tratta di verificare in qual modo la Corte di Appello ha giustificato il proprio giudizio, dell'esercizio di fatto da parte del B.M. dei poteri dirigenziali.
Dopo aver affermato che il B.M. si poneva come intermediario tra il P.G.A. e i lavoratori del cantiere di Sa Stria, nel senso che svolgeva funzioni di 'raccordo operativo', il primo giudice ha evidenziato che il B.M. oltre ad informare a fine giornata i dipendenti a riguardo dei lavori da compiere nella giornata successiva organizzava, anche telefonicamente, la composizione delle squadre incaricate della loro esecuzione. A fondamento di tale ricostruzione sono state citate le dichiarazioni del G.S., del R.M. e di altri lavoratori della Edil fabbro (OMISSIS).
La corte distrettuale, a pg. 56, ha ribadito che il B.M. aveva impartito le direttive concernenti la adibizione dei lavoratori ai lavori da compiersi nella giornata lavorativa: "... distribuiva infatti il lavoro ed organizzava le squadre che dovevano eseguirlo".
Ne consegue l'infondatezza della denuncia di un vizio motivazionale; al contempo emerge il carattere meramente antagonistico delle ulteriori affermazioni fatte dal ricorrente, di un compendio testimoniale deponente per l'assenza di compiti di direzione.
4.3. Infondato è anche il secondo motivo.
Si assume che la consapevolezza del B.M. in merito al fatto che la gru sarebbe stata manovrata dal A.V. è stata tratta dall'assenza in cantiere del lavoratore M.O., mentre nella stessa sentenza di primo grado si descrive l'accaduto dando conto della presenza di tale lavoratore.
In realtà la Corte di Appello non ha mai affermato che l'M.O. non fu presente in cantiere in un qualche momento del 22.12.2008; nelle pagine da 49 in avanti la corte distrettuale ha spiegato perché ha ritenuto che il B.M. fosse a conoscenza del fatto che la gru doveva essere manovrata dal A.V.. Egli aveva disposto che si movimentasse il frantoio nel cantiere di Sarroch; il P.G.A. aveva disposto che quello stesso giorno l'M.O. portasse delle componenti metalliche in un sito posto ad Uta. I due erano reciprocamente consapevoli delle decisioni dell'altro. Pertanto, è stata la conclusione tratta in modo non manifestamente illogico dalla Corte di Appello, il B.M. era consapevole che disporre la movimentazione del frantoio in quel giorno significava affidare al A.V. il compito di operare con la gru.
4.4. Nucleo del terzo motivo è la censura per non aver operato la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni dei testi M.O. e G.S., considerando questi come soggetti portatori di un concreto interesse a dare una ricostruzione dei fatti che li rendesse immuni da possibili responsabilità penali, in ipotesi emergenti dalla previsione dell'art. 20 d.lgs. n. 81/2008.
In via generale occorre tener presente che nell'operare la valutazione della prova testimoniale, non essendo necessari elementi di riscontro esterni, il giudice deve limitarsi a verificare l'intrinseca attendibilità della testimonianza - avuto riguardo alla logicità, coerenza ed analiticità della deposizione nonché all'assenza di contraddizioni con altre deposizioni testimoniali o con elementi accertati con i caratteri della certezza - sulla base della presunzione che, fino a prova contraria, il teste, ove sia in posizione di terzietà rispetto alle parti, riferisce di solito fatti obiettivamente veri (principio di affidabilità) e mente solo in presenza di un sufficiente interesse a farlo (principio di normalità), specialmente nel caso in cui dalla veridicità del dichiarato possano scaturire conseguenze pregiudizievoli per sé o per altri (principio di responsabilità) (Sez. 6, n. 3041 del 03/10/2017 - dep. 23/01/2018, P.C. in proc. Giro, Rv. 272152).
Tale interesse non può essere meramente ipotizzato, occorrendo elementi concreti che ne dimostrino l'effettiva esistenza.
Calando tali premesse nel giudizio di legittimità è del tutto evidente che il sindacato della Corte di cassazione opera sul quadro fattuale definito dai giudici di merito, dinanzi ai quali vanno approfondite le circostanze che possono dare corpo al giudizio di inaffidabilità del testimone.
Nel caso che occupa la difesa del B.M. ha sollecitato la corte territoriale a tener conto, nel giudizio di attendibilità del G.S., della qualità di preposto del medesimo e quindi delle possibilità che lo stesso dovesse essere sentito nelle forme di garanzia previste per chi non è semplice testimone.
La Corte di appello, a pagina 52 (ma anche a pg. 29, attraverso la sintesi delle scansioni della sentenza di primo grado), ha replicato che il G.S. non rivestiva la qualifica di preposto perché non aveva alcuna posizione gerarchicamente sovraordinata agli altri lavoratori; e che pertanto le dichiarazioni del medesimo dovevano essere valutate secondo i criteri valevoli per il testimone.
Sicché, da un canto è inammissibile la questione posta con il ricorso perché non avanzata nella sede di merito - e tal è, per il medesimo motivo, la censura che attiene alla testimonianza dell'O. dall'altro la similare questione, connessa ad una presunta qualità di preposto, ha trovato nella sentenza impugnata una non manifestamente illogica replica.
4.5. Il motivo incentrato sull'asserita abnormità del comportamento del A.V. assume a premessa essenziale che il B.M. ed il P.G.A. non fossero al corrente della prassi di consentire al A.V. di far uso del mezzo d'opera. Ne consegue che quanto sin qui esposto vale a rendere esplicita la manifesta infondatezza della censura.
4.6. Generico è il motivo che attiene alla valenza impeditiva del comportamento doveroso, concretizzandosi nell'affermazione della non valenza, non confrontandosi con l'affermazione dei giudici di merito secondo la quale l'imperizia del lavoratore fu tra le cause del sinistro.
4.7. Manifestamente infondata è la censura che attinge la motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, che la corte territoriale ha motivato facendo richiamo ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen.
Va rammentato, al proposito, che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019 - dep. 09/07/2019, Del Papa, Rv. 276288). Nella specie è stata inflitta una pena molto al di sotto della misura mediana.
4.8. In tema di provvisionale, la determinazione della somma assegnata è riservata insindacabilmente al giudice di merito, che non ha l'obbligo di espressa motivazione quando, per la sua non particolare rilevanza, l'importo rientri nell'ambito del danno prevedibile (Sez. 4, n. 20318 del 10/01/2017 - dep. 28/04/2017, Mazzella, Rv. 269882). Nel caso di specie la Corte di appello ha espressamente valutato la congruità delle somme stabilite dal Tribunale che, tenuto conto della loro entità e dell'evento realizzatosi, non appaiono arbitrarie e quindi suscettibili di censura in sede di legittimità.
4.9. In conclusione il ricorso va rigettato.
5. Il ricorso proposto nell'interesse di P.G.A. è infondato.
5.1. Giova muovere dalla valutazione della censura che lamenta la mancata considerazione di quanto con l'atto di appello si era osservato a riguardo dell'affidamento al A.V. del compito di manovrare la gru; gravame che faceva perno sulla presenza in cantiere dell'O..
Essa, per le ragioni che sono state esposte nel superiore paragrafo 4.3., è infondata.
5.2. In relazione al rilievo da accordare al comportamento non cautelare di altri soggetti presenti in cantiere va osservato come la censura fondi sulla implicita assegnazione al G.S. del ruolo di preposto. Ruolo che, come si è scritto al superiore paragrafo 4.4., è stato escluso dai giudici di merito. Peraltro, anche qualora fosse stato diversamente ritenuto non per questo risulterebbe esclusa la responsabilità del P.G.A., atteso che si consoliderebbe un'ipotesi di concorso di condotte colpose, tutte aventi efficienza eziologica e quindi tutte suscettibili di fondare il rimprovero penale, secondo la previsione dell'art. 41 cod. pen.
Quanto alla posizione dell'M.O., presente in cantiere e, nella prospettazione difensiva, indebitamente sottrattosi al compito di guidare la gru, per la quale egli solo tra i presenti aveva l'abilitazione, la corte distrettuale ha correttamente osservato che egli non era dipendente della Edil fabbro e non aveva titolo per dare disposizioni al A.V. (cfr. pg. 51).
5.3. Quanto al comportamento tenuto dal A.V., la motivazione resa dalla Corte distrettuale fa corretta applicazione dei principi costantemente ribaditi dal giudice di legittimità a riguardo dell'incidenza del comportamento negligente del lavoratore vittima del sinistro. Le più recenti formulazioni rimarcano che perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l’evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019 - dep. 25/06/2019, Simeone, Rv. 276242). Nel caso che occupa è pacifico che alcuna misura era stata adottata per fronteggiare l'eventuale imprudenza del A.V..
5.4. In merito alla valenza del mancato rilievo da parte degli organi ispettivi del difetto strutturale della gru, già la Corte di appello ha replicato al rilievo che in questa sede è stato ripetuto, osservando, con le parole del primo giudice, che quella valenza a favore del garante ritenersi solo se la fonte di pericolo è ignorata dal medesimo del tutto incolpevolmente. Il motivo elevato dal ricorrente ignora tale precisazione e si limita a ribadire, con automatismo già correttamente giudicato infondato, che se gli ispettori non avevano rilevato il vizio allora esso non era percepibile neppure dal P.G.A..
6. In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati ed i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali.