Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso si appalesa manifestamente infondato nella parte in cui si censura la decisione di qualificare come inutilizzabili le dichiarazioni rese dal coimputato V.S., laddove - lo si ricava agevolmente dalla lettura della motivazione della sentenza - era stata la stessa difesa a sollevare la questione dell'inutilizzabilità di dette dichiarazioni. L'argomento é tanto più privo di consistenza in quanto é lo stesso ricorrente a dare per acquisito che la dinamica del sinistro (ossia ciò su cui V.S. avrebbe potuto riferire) «non é oggetto di rilievi o censure» (pag. 9 ricorso).
Nel prosieguo, il motivo di ricorso in esame risulta comunque infondato nell'enunciare due argomenti che costituiscono a ben vedere l'oggetto (anche) dei motivi di ricorso successivi: ossia l'idoneità del D.V.R. a delineare e prevenire il rischio nella specie concretizzatosi, nonché la natura eccezionale e imprevedibile del comportamento imprudente della vittima.
1.1. Invero, quanto al primo aspetto, é noto che il documento di valutazione dei rischi, previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; é compito del datore di lavoro, una volta individuato il rischio, predisporre le misure precauzionali e procedimentali, ove necessarie, per impedire l'evento (cfr. la recente Sez. 4, n. 27186 del 10/01/2019, D'Ottavio, Rv. 276703). La Corte di merito, con ampio e conducente percorso argomentativo, ha escluso che tale compito sia stato correttamente assolto dal V.P. nella sua qualità datoriale, evidenziando una serie di manchevolezze che, tra loro coordinate, hanno assunto rilevanza sul decorso causale dell'infortunio e che, ove non vi fossero state, avrebbero ragionevolmente evitato l'esito mortale dell'incidente. Il D.V.R., osserva la Corte barese (pag. 16 sentenza), non si é fatto carico di chiarire quali fossero le modalità comunicative audio-video tra la sala tecnica - ove si trovava il nastro trasportatore - e il comando della macchina ove operava il nipote della vittima: é chiaro che, se vi fosse stata la possibilità di comunicare fra i due protagonisti dell'episodio, V.S. non avrebbe azionato l'impianto mentre lo zio vi stava operando per rimuovere il materiale inerte. La Corte di merito ha altresì chiarito che il cordino di sicurezza era posizionato in modo del tutto inadeguato rispetto a quanto stabilito dalla normativa, sia per essere collocato solo su un lato del nastro, sia per la distanza eccessivamente ravvicinata rispetto al rullo (pag. 12 sentenza). Inoltre, é stato evidenziato che vi era totale carenza di dispositivi di sicurezza (sensori, fotocellule per far scattare l'arresto automatico dell'impianto, ecc.) che sollevassero il lavoratore da un onere di attenzione che si traduceva, di fatto, in un affidamento esclusivo del rischio a suo carico (pp. 13 e 20 sentenza). La Corte di merito ha altresì richiamato le prescrizioni di cui agli allegati V e VI al D.Lgs. 81/2008 (con particolare riguardo, rispettivamente, ai requisiti di sicurezza di elementi mobili e all'uso delle attrezzature di lavoro in cui siano presenti elementi mobili) per evidenziare come nel caso di specie le cautele ivi prescritte non fossero state adeguatamente attuate (pp. 15 - 16 sentenza). In definitiva, la Corte distrettuale ha ampiamente evidenziato gli elementi di lacunosità rispetto alle misure da adottare per prevenire i rischi del tipo di quello concretizzatosi in occasione dell'incidente.
1.2. Quanto all'aspetto concernente l'asserita esclusività della colpa dell'accaduto in capo alla vittima, tale da integrare un comportamento di tale abnorme imprudenza da non essere prevedibile né prevenibile, si rammenta il principio, affermato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp), in base al quale, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, é necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (negli stessi termini vds. anche Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 - dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 - dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247); oppure, quanto meno, che il rischio concretizzatosi rientri bensì nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, Sentenza n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222).
Di contro, l'impugnata sentenza (pp. 17 - 20) rende ampiamente ragione dell'impossibilità di qualificare il comportamento dello A.S. - quantunque indubbiamente caratterizzato da imprudenza e, come tale, idoneo a concorrere causalmente all'infortunio e al suo esito letale - come idoneo ad assorbire l'intera incidenza causale dell'evento mortale, rilevando di contro la prevedibilità ed evitabilità di un simile comportamento da parte dell'odierno ricorrente, ed essendo del resto di tutta evidenza che nell'ambito della sfera di rischio nella specie concretizzatasi rientrava anche la circostanza che l'operatore, nell'effettuare la manutenzione e la pulizia del nastro trasportatore in base alle sue mansioni, posizionasse la mano e il braccio all'interno di un macchinario pericoloso. Risulta comunque evidente, ed ampiamente argomentato dalla Corte di merito, che la formazione e l'esperienza del lavoratore non hanno reso imprevedibile fino all'abnormità il pur incauto comportamento dello A.S..
2. Gli aspetti fin qui evidenziati rendono evidente anche l'infondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso, in cui il ricorrente si diffonde nel cercare di argomentare circa l'asserita imprevedibilità del comportamento della vittima, di cui si é però rilevata l'insussistenza, nonché a proposito dell'asserita interruttività di detto comportamento nel decorso causale dell'infortunio: interruttività che, per le considerazioni appena svolte, non é in alcun modo configurabile.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.