Considerato in diritto
1. I motivi di ricorso sono ai limiti della inammissibilità, perchè in parte in fatto e, soprattutto, perchè non si confrontano con le corrette ed esaurienti motivazioni dei giudici di merito, con specifico riferimento a quelle del giudice di primo grado, richiamate dal giudice di appello, che hanno chiarito come Bending e Emarc costituissero, di fatto, un'unica realtà imprenditoriale operante all'interno del medesimo stabilimento (la Bending è controllata al 100% da Emarc).
2. A carico dell' A. sono stati, quindi, ragionevolmente rinvenuti i seguenti profili di colpa specifica.
In primo luogo, la violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71, comma 1, in relazione all'art. 23 della stessa legge (il capo di imputazione è chiaro in tal senso), per avere venduto e messo a disposizione della Emarc, e conseguentemente del suo dipendente, un macchinario inidoneo, non rispondente alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Nel ricorso si insiste sul fatto che si trattava di una "quasi-macchina", senza considerare - come correttamente osservato dai giudici di merito - che anche la restante parte della "macchina" era stata venduta da Bending a Emarc. Si trattava di un macchinario complesso, composto da due pezzi: un struttura denominata "curvatrice universale", sulla quale era collegato un c.d. "attrezzo di curvatura". Quest'ultimo, come accertato in sede di merito, era stato però venduto da Bending senza marcatura CE e senza sistemi antinfortunistici o di sicurezza autonomi. L'unico sistema di sicurezza della "curvatrice universale" era costituito dalle barre optoelettroniche verticali e dalle protezioni fisse perimetrali posteriori e laterali. I giudici hanno tuttavia accertato, tramite consulenza tecnica del prof. C., che tale sistema non garantiva dal rischio di avviamento del ciclo mentre l'operatore si trovava nell'area pericolosa, poichè la consolle di comando mobile non si trovava al di fuori della pedana metallica, esternamente rispetto all'area coperta dalle barriere optoelettroniche. Sicchè l'avviamento del ciclo poteva comunque avvenire da parte del secondo operatore (come avvenuto nel caso di specie). In sostanza, il macchinario complesso risultante dall'assemblaggio dei due pezzi non aveva marcatura CE, nè collaudo finale, nè libretto di uso e manutenzione; era privo delle protezioni adeguate nella zona di caricamento e la barriera ottica non era in grado di individuare la presenza di una persona sulla pedana metallica all'interno dell'area di lavoro. E' stato, quindi, plausibilmente affermato dai giudici di merito che si era in presenza di un macchinario inidoneo, la cui carenza dei sistemi di sicurezza aveva causato le lesioni alla persona offesa, con conseguente responsabilità colposa anche del titolare della ditta costruttrice Bending, vale a dire l'odierno ricorrente.
In secondo luogo, la violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art., per l'evidente rischio interferenziale, non adeguatamente valutato da Bending, che aveva consentito l'installazione di un macchinario inidoneo nei propri locali.
Come ben spiegato dal Tribunale, il contratto intercorrente fra le due società per la collocazione del macchinario nei locali della Bending costituiva una fictio, posto che a fronte dell'asserito addestramento del personale, è stato accertato che il macchinario era pienamente utilizzato dai dipendenti Emarc (e da quelli della Bending, sia pure a titolo di supporto informativo) per il proprio ciclo produttivo. Conseguentemente il DUVRI predisposto presentava forti criticità, in quanto nulla diceva in ordine alla prevenzione dei rischi connessi all'uso del macchinario, derivanti dalla presenza di lavoratori di imprese diverse che dovevano coesistere e cooperare sul medesimo luogo di lavoro. Sul punto è stato correttamente osservato che la Bending avrebbe dovuto, a monte, predisporre e, a valle, vigilare sull'esistenza e l'utilizzo dei sistemi di sicurezza del macchinario utilizzato nel proprio capannone sia dai propri dipendenti, sia dai dipendenti di Emarc. Difatti il concetto di interferenza, ai fini dell'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione previsti dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 (ora D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 26), è dato dal contatto rischioso tra il personale di imprese diverse operanti nello stesso contesto aziendale, e pertanto occorre aver riguardo alla concreta interferenza tra le diverse organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori, e non alla mera qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - vale a dire contratto d'appalto o d'opera o di somministrazione - in quanto la "ratio" della norma è quella di obbligare il datore di lavoro ad organizzare la prevenzione dei rischi interferenziali attivando percorsi condivisi di informazione e cooperazione nonchè soluzioni comuni di problematiche complesse (Sez. 4, n. 9167 del 01/02/2018, Verity, Rv. 27325701).
Dai suddetti elementi i giudici di merito hanno plausibilmente desunto il nesso di causalità fra le omissioni addebitate al prevenuto e l'infortunio, posto che la predisposizione di adeguati sistemi di sicurezza sul macchinario, anche a fini di salvaguardia del rischio interferenziale, avrebbe certamente impedito l'evento lesivo occorso al lavoratore.
3. E' appena il caso di rilevare che l'argomento/quesito finale formulato dal ricorrente - in cui si sostiene, in sintesi, che l'installazione sul macchinario di sistemi di sicurezza adeguati costituiva esclusivo onere dell'impresa acquirente e non di Bending - è male impostato e fuorviante in fatto, posto che la macchina venduta senza dispositivi di sicurezza è quella complessivamente assemblata e formata dai due pezzi venduti entrambi da Bending, per cui non ci si può limitare a considerare la sola "quasi-macchina" ai presenti fini. E' indubbio che la fornitura da parte di Bending di due pezzi costituenti un macchinario complesso imponeva alla ditta costruttrice/venditrice di assicurarne l'idoneità a fini prevenzionistici. In ogni caso, una adeguata valutazione del rischio interferenziale avrebbe imposto alla Bending di predisporre le misure di sicurezza omesse, come in effetti è avvenuto dopo l'infortunio, atteso che i giudici di merito hanno dato conto del fatto che la Bending, aderendo alle indicazioni del consulente tecnico del PM, dopo l'incidente aveva installato una ulteriore barriera optoelettrica orizzontale, in modo tale che l'avviamento del ciclo produttivo era possibile soltanto quando l'area pericolosa era libera da persone; inoltre, l'intero perimetro della macchina era stato delimitato con griglie metalliche per impedire il passaggio di persone.
4. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.