che con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9 e 10 CCNL metalmeccanici, dell'art. 99 cod.pen. nonché dell'art. 7, Statuto dei Lavoratori (ex art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.), per non aver la Corte distrettuale correttamente interpretato ed applicato l'istituto della recidiva, la cui disciplina va mutuata esclusivamente dal processo penale, con conseguente necessità della ricorrenza di due precedenti provvedimenti "definitivi" (ossia confermati con sentenza passata in giudicato), tra i quali non può annoverarsi la contestazione disciplinare del 30.9.2013, impugnata in sede giudiziale;
che con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9 e 10 CCNL in relazione all'art. 7, Statuto dei Lavoratori (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale ritenuto efficace anche la contestazione del 16.9.2013 in considerazione della sua applicazione da parte del datore di lavoro, nonostante fosse stato contestato il vizio di omessa comunicazione;
che con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 4, L. 20 maggio 1970, n. 300 (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.), avendo erroneamente la Corte territoriale ritenuto tardivamente sollevato (e, comunque, infondato) l'ulteriore motivo di illegittimità del licenziamento consistente nella sottoposizione del lavoratore a controlli a distanza;
che il primo motivo di ricorso è infondato, atteso che l'istituto della recidiva presenta caratteri autonomi rispetto all'istituto regolato dal diritto penale, costituendo espressione unilaterale di autonomia privata del datore di lavoro, in relazione alla quale l'impugnazione da parte del lavoratore sanzionato è solo eventuale e, in ogni caso, non costituisce causa di sospensione della sua efficacia (cfr. sulla efficacia delle sanzioni disciplinari temporaneamente sospese, ex art. 7, comma 6, della legge n. 300 del 1970, a seguito di costituzione del collegio di conciliazione ed arbitrato, Cass. n. 7719 del 2016, Cass. n. 172 del 2005, Cass. 3915 del 1996);
che il secondo motivo, attesa la reiezione del primo, oltre che risultare ultroneo (essendo sufficiente, ai sensi dell'art. 10 del CCNL di settore, la sussistenza di due precedenti disciplinari), risulta comunque inammissibile, per avere ricondotto sotto l'archetipo della violazione di legge censure che in realtà si risolvono nella diversa valutazione delle risultanze istruttorie, avendo - la Corte territoriale - ritenuto sfornita di prova la deduzione della mancata notifica del provvedimento disciplinare del 16.9.2013, né risultando che il CCNL richiedesse una veste formale specifica per la comunicazione di una sanzione disciplinare;
che il terzo motivo di ricorso appare inammissibilmente formulato perché, senza contestare la statuizione di tardività della dedotta violazione dell'art. 4 della legge n. 300 del 1970 (in quanto profilo sollevato solamente in sede di discussione della causa), sollecita una diversa lettura delle risultanze procedimentali in ordine alla percezione della condotta datoriale illegittima, sindacato non suscettibile di vaglio in sede di legittimità;
che, ferma l'inammissibilità per carenza di impugnazione di entrambe le rationes decidendi, la Corte territoriale ha correttamente affermato - in conformità a orientamento consolidato di questa Corte - che, in tema di controllo del lavoratore, non è soggetta alla disciplina dell'art. 4, comma 2, legge n. 300 del 1970, l'installazione di impianti ed apparecchiature di controllo poste per esigenze organizzative e produttive o a tutela del patrimonio aziendale dalle quali non derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività lavorativa né risulti in alcun modo compromessa la dignità e riservatezza dei lavoratori (cfr. da ultimo, Cass. n. 22662 del 2016; Cass. n. 2531 del 2016, in motivazione; Cass. n. 10636 del 2017);
che, in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ.;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013);