Il Rischio ATEX INAIL

Il Rischio ATEX: Nota e Documenti / INAIL 2019
ID 20597 | 17.10.2023 / In allegato Documenti sezione Rischio ATEX INAIL
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ID 25114 | 12.12.2025 / In allegato
Cassazione Penale Sez. 3 del 10 dicembre 2025 n. 39563
Infortunio con il trapano a colonna dismesso. Delega e funzioni di alta vigilanza: accolto il ricorso del datore di lavoro
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Fatto
1. Con sentenza in data 15 aprile 2025, la Corte d'Appello di Torino, giudicando in sede di rinvio a seguito della sentenza di annullamento pronunciata dalla Corte di cassazione n. 8375/2024, in parziale riforma della sentenza, in data 27/04/2021, del Tribunale di Aosta, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena inflitta a A.A., nella misura di Euro 200,00 di multa, ed ha confermato la sentenza di condanna in relazione al reato di cui all'art. 590, commi 1, 2 e 3 cod. pen., in relazione all'art. 583, comma 1, n. 1 cod. pen. perché, in qualità di datore di lavoro quale amministratore delegato della "Nuova Carpenteria Aosta Srl", cagionava al dipendente B.B. lesioni personali gravi consistenti in frattura esposta del radio e ulna sinistri al terzo distale, per colpa consistita in imprudenza e imperizia negligenza nella violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e segnatamente nella violazione dell'art. 2087 codice civile, nella violazione dell'articolo 36 comma 1, lett. a), comma 2, lett. a) decreto legislativo n. 81 del 2008, e art. 70 comma 2, nella parte in cui prescrive che le attrezzature di lavoro debbano essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all'Allegato 5 del medesimo decreto, da cui scaturiva il mancato impedimento della violenta torsione del braccio sinistro del lavoratore provocata dal trapano a colonna che quest'ultimo stava utilizzando, alla cui punta in rotazione si impigliava uno dei guanti indossati dallo stesso, resa possibile dall'inesistenza di un sistema protettivo idoneo ad impedire l'accesso alle parti mobili e dalla inesistenza di un dispositivo di arresto di emergenza. In Aosta il 19/11/2019.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione A.A., a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2.1. Violazione della legge processuale in relazione all'art. 627, commi 2 e 3 cod. proc. pen.
Argomenta il difensore che i giudici territoriali avrebbero disatteso il dictum della sentenza rescindente che aveva annullato la sentenza rilevando che la delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e, tuttavia, detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta e minuta conformazione delle singole lavorazioni -che la legge affida al garante -concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato; ne consegue che l'obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato -al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo -e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni. Ciò premesso, la sentenza impugnata avrebbe escluso un obbligo di capillare vigilanza in capo al B.B. in considerazione delle dimensioni dell'impresa, non particolarmente rilevanti, e del lasso di tempo intercorso tra il conferimento della delega volta alla dismissione dell'attrezzatura pericolosa e l'infortunio di B.B.. Con tale motivazione i giudici del merito avrebbero eluso il principio enunciato dalla sentenza rescindente non essendosi confrontati, i giudici territoriali, con l'organizzazione aziendale, nella quale risultava come il B.B. avesse delegato le funzioni in materia di sicurezza al direttore tecnico e ad un preposto, e come questo avesse inoltre approntato una procedura informativa che, ove attuata, avrebbe assicurato la conoscenza in capo al datore di lavoro del perdurante utilizzo delle attrezzature di cui era stata ordinata la dismissione. Evidenzia, il difensore, che il potere cognitivo e di valutazione del giudice di rinvio è obbligatoriamente limitato dalla valorizzazione degli elementi fattuali, se ed in quanto correttamente accertati in sede di merito, per parli a fondamento della risoluzione della questione di diritto in sede di giudizio rescindente, mentre gli è inibito di pervenire all'affermazione della responsabilità sulla base degli stessi argomenti che la pronuncia di annullamento ha ritenuto viziati. Nel caso in esame, la Corte territoriale sarebbe incorsa nello stesso vizio della sentenza annullata nella misura in cui avrebbe ribadito pedissequamente il percorso motivazionale della decisione annullata, finendo con l'affermare di un obbligo di vigilanza del tutto identico a quello già oggetto del precedente annullamento. Ancora una volta la Corte territoriale avrebbe ritenuto che il datore di lavoro avrebbe dovuto verificare l'attuazione dell'ordine di dismissione dell'attrezzatura non conforme, in patente conflitto con la questione di diritto risolta dall'organo nomofilattico in senso diametralmente opposto.
2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 43, comma 3 e 590 cod. pen. Secondo il difensore la penale responsabilità del B.B. sarebbe stata affermata in difetto della sussistenza dell'elemento soggettivo dello stesso.
Quanto al caso in esame, fermi i principi in tema di accertamento della colpa e della natura bifasica del giudizio di accertamento, ricomprendente, in primo luogo, la valutazione circa l'effettiva violazione della norma cautelare disciplinante il caso specifico, e, in secondo luogo, l'ulteriore valutazione inerente all'esigibilità di una condotta posta in essere nel rispetto della norma risultata violata, da parte del soggetto imputato, argomenta, la difesa, che tale seconda valutazione, risulterebbe viziata, in quanto mancherebbe di considerare, la sentenza impugnata, un duplice elemento: l'esecuzione della disposizione che avrebbe evitato l'infortunio, era stata infatti demandata dall'imputato ad altri soggetti, inseriti nell'organigramma aziendale, ed in secondo luogo la circostanza che il B.B. aveva istituito adeguate procedure al fine di esercitare correttamente una funzione di alta vigilanza (ricomprendenti altresì un modulo mediante il quale i preposti avrebbero dovuto segnalare e rilevare situazioni pericolose riscontrate nell'esercizio della propria attività delegata), non potendosi tuttavia riconoscere, nel caso concreto, la possibilità per lo stesso, di venire a conoscenza del mancato rispetto delle disposizioni impartite.
Dato quanto premesso, la difesa evidenzia come un'eventuale condanna, risulterebbe inevitabilmente tradursi nella configurazione di una responsabilità oggettiva in capo allo stesso, sostanziandosi nell'attribuzione della responsabilità penale, esclusivamente in considerazione della posizione di garanzia di cui formalmente risulterebbe titolare l'imputato.
3. Il Procuratore generale ha chiesto l'annullamento con rinvio.
Diritto
4. Il ricorso è fondato.
Occorre muovere dall'accertamento in punto di fatto per come descritto nella sentenza rescindente, e non più discutibile nella sua dimensione storica, secondo cui il lavoratore B.B., dipendente di "Nuova Carpenteria Aosta Srl" con mansioni di operaio, mentre stava utilizzando un trapano a colonna per forare una guarnizione in gomma, riportava lesioni personali gravi, consistenti in frattura esposta del radio e ulna sinistri al terzo distale. L'attrezzatura presente in loco, tra cui il trapano a colonna, era stata ereditata dalla società dalla precedente gestione aziendale ed era stata immediatamente scartata in quanto priva di protezioni, marcatura certa, documentazione di sicurezza e manuale di uso e di manutenzione. In particolare, la dismissione del trapano a colonna era avvenuta con il verbale di riunione del 22/01/2019, ma il macchinario, tuttavia, era rimasto presente in officina. Il datore di lavoro aveva deliberato la dismissione del macchinario pericoloso ed aveva conferito delega per la sua esecuzione al direttore tecnico e al preposto.
5. Ciò posto in fatto, la sentenza rescindente ha dapprima richiamato i principi secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, la delega di funzioni -ora disciplinata precipuamente dall'art. 16 T.U. sulla sicurezza -non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e, tuttavia, detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni -che la legge affida al garante -concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato; ne consegue che l'obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato -al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo -e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni (Sez. 4, n. 22837 del 21/04/2016, Rv. 267319) ed ha poi rilevato come la Corte territoriale avesse fondato il giudizio di penale responsabilità nei confronti dell'imputato sulla omissione, configurata in termini meramente astratti, dell'obbligo di vigilare sull'osservanza delle disposizioni in materia di sicurezza da parte dei lavoratori, senza, tuttavia, confrontarsi in concreto con l'organizzazione aziendale in cui il B.B. aveva, non solo delegato le funzioni in materia di sicurezza al direttore tecnico e ad un preposto, ma aveva altresì approntato una procedura informativa che, ove attuata, avrebbe assicurato la conoscenza in capo al datore di lavoro del perdurante utilizzo delle attrezzature di cui era stata ordinata la dismissione (cfr. par.).
6. La corte territoriale, nel giudizio di rinvio, ha disatteso il principio di diritto enunciato nella sentenza rescindente.
La corte territoriale, a pag. 8, ha argomentato il difetto di vigilanza in ragione del lasso di tempo trascorso tra dismissione del macchinario e infortunio in un contesto di dimensione aziendale di modeste dimensioni, lasso di tempo nel quale l'imputato non si era attivato nonostante non fosse stato informato della mancata dismissione, fondando nuovamente l'affermazione della responsabilità sul mancato controllo momento per momento delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni, ritenendolo comportamento di "ordinaria diligenza", ricadendo nel medesimo vizio che aveva determinato l'annullamento della precedente sentenza.
La giurisprudenza di legittimità, anche citata nella sentenza rescindente, ha da tempo chiarito il contenuto e perimetro dell'obbligo di vigilanza all'interno di organizzazioni complesse, e che in tema di sicurezza sul lavoro, la delega di funzioni, disciplinata dall'art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro sul corretto espletamento delle funzioni trasferite, ma, afferendo alla correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato, non può avere ad oggetto il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni (Sez. 4, n. 51455 del 05/10/2023, Rv. 285535 -01).
Quanto poi al contenuto, la sentenza rescindente ha chiarito che "l'obbligo datoriale di vigilare sull'osservanza delle misure prevenzionistiche adottate può essere assolto attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza del datore di lavoro delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione adottate a seguito della valutazione dei rischi" (Sez. 4, n. 14915 del 19/02/2019, Arrigoni, Rv. 275577 -01). Sulle concrete modalità di adempimento dell'obbligo di vigilanza, nella sentenza citata Arrigoni, si è chiarito che esse non potranno essere quelle stesse riferibili al preposto, ma avranno un contenuto essenzialmente procedurale, tanto più complesso quanto più elevata è la complessità dell'organizzazione aziendale (Sez. 4, n. 14915 del 2019)
L'interpretazione è ulteriormente confortata dalla previsione del comma 3 dell’art. 16, secondo il quale l'obbligo di vigilanza "si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4" ovvero attraverso l'adozione di cautele procedurali che, quanto al caso in esame, risultavano essere state previste.
7. Nuovamente, la Corte di merito, a fronte del perimetro del giudizio di rinvio a seguito di annullamento, non ha valutato, come era stato devoluto dalla sentenza rescindente, ai fini dell'adempimento dell'obbligo di vigilanza, che il B.B. aveva, non solo delegato le funzioni in materia di sicurezza al direttore tecnico ed ad un preposto, ma aveva altresì approntato una procedura informativa che, ove attuata, avrebbe assicurato la conoscenza in capo al datore di lavoro del perdurante utilizzo delle attrezzature di cui era stata ordinata la dismissione (pag. 6 sentenza rescindente).
La sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi su quanto devoluto in sede di annullamento, e cioè di valutare, in presenza di delega di funzioni al preposto, l'adempimento dell'obbligo di vigilanza, come sopra richiamato, nella dimensione procedurale e cioè, quanto al caso concreto, di valutare l'adeguatezza della predisposizione di moduli per l'informazione del datore di lavoro dei rischi di infortuni (modello appositamente predisposto per la prescritta eventuale segnalazione) e la verifica della concreta possibilità da parte del datore di lavoro, in assenza della prevista segnalazione della situazione pericolosa (risultando accertato che il direttore si era avveduto della mancata dismissione la settimana prima dell'infortunio, ma non aveva predisposto alcuna informazione al datore di lavoro), di avere contezza della presenza e dell'utilizzo dei macchinari dismessi nell'officina.
8. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato. La sentenza impugnata non contiene alcuna motivazione sull'elemento soggettivo della colpa nella sua dimensione di prevedibilità ed evitabilità dell'evento secondo gli arresti di Questa Corte di legittimità.
9. La sentenza va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Torino.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03 e ss.mm.
Così è deciso in Roma, il 27 novembre 2025.
Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2025.

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