Ritenuto in fatto
1. Con sentenza della Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Nola con cui D.DP. è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 590, commi lAe 3A cod. pen., per avere nella sua qualità di legale rappresentante della Ineca S.p.a., per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e violazione della disciplina sulla prevenzione degli infortuni su lavoro - ed in particolare dell'art. 70, comma 2 con riferimento all'allegato V, punto 5.7.1 d. Lgs. 81/2008, nonché degli artt, 29, 36 e 37 d.lgs. 81/2008- cagionato a M.M. lesioni personali gravissime, consistite nell'amputazione traumatica a livello III prossimale dell'avambraccio destro.
2. Il fatto, non contestato nella sua materialità, può essere così descritto: M.M., operaio palista, incaricato di alimentare con un escavatore la tramoggia del 'fresato', nell'impianto di frantumazione della Ineca S.p.a., resosi conto che nell'estrattore a nastro, posto sotto la tramoggia, era finito del materiale 'fresato', scendeva dalla pala meccanica per accertarsene. Nondimeno, nell'atto di scendere, perdeva l'equilibrio ed inciampando urtava con il braccio sul macchinario, finendo con le dita nel nastro trasportatore, che gli trascinava l'arto sotto il rullo.
3. Le sentenze di primo e secondo grado, non essendo contestata la modalità di accadimento, hanno affermato la responsabilità di D.DP., nella sua qualità di datore di lavoro, ritenendo che l'infortunio fosse derivato dalla violazione di norme cautelari imposte a tutela della sicurezza dei lavoratori.
In particolare, l'impianto di frantumazione, come risultato dagli accertamenti disposti dalla A.S.L., si presentava privo di sistemi di blocco idonei a prevenire l'accesso incondizionato del personale, in violazione dell'art. 70, comma 2 con riferimento all'allegato V, punto 5.7.1 d.lgs. 81/2008; il documento di valutazione dei rischi, redatto il 30 aprile 2011, non conteneva la valutazione del rischio dovuto all'utilizzo ed alla manutenzione delle macchine di cui all'impianto di frantumazione, in violazione dell'art. 29 d.lgs. 81/2008; il personale alle dipendenze dell'impresa, non aveva ricevuto formazione sufficiente, in violazione degli artt. 36 e 37 d.lgs. 81/2008.
4. La Corte nel rigettare l'appello ha ribadito che la presenza delle barriere avrebbe impedito l'evento, dando atto che era stato accertato dagli Ispettori del lavoro, che procedettero al sequestro del macchinario, che detti sistemi protettivi non erano presenti al momento dell'infortunio, tanto che fu impartita la prescrizione di provvedere alla loro adozione, non concretamente adempiuta a causa della rottamazione dell'impianto, successiva al dissequestro a ciò finalizzato. A ciò, ha aggiunto che i documenti - relativi a verbali di riunioni su temi di prevenzione dei rischi relativi agli anni 2002-2007- prodotti nel corso del giudizio di appello, allo scopo di provare l'adempimento all'obbligo formativo ed informativo di cui agli artt. 36 e 37 d.lgs. 81/2008, reputato non dimostrato dal giudice di primo grado sulla base delle dichiarazioni testimoniali- non sono utili ad integrare il positivo accertamento della partecipazione della persona offesa alle previste attività formative. Invero, non solo siffatti documenti non sono stati prodotti all'Ispettorato del lavoro, all'indomani del sinistro, ma essi sono riferiti alla società Fll.i DP., mentre fino all'anno 2008 M.M. era dipendente della Co.Ge.Fo, con la conseguenza che da quelle produzioni non può trarsi la partecipazione della persona offesa a corsi di formazione ed addestramento.
5. Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore, affidandolo a due motivi.
6. Con il primo fa valere, ex art. 606, comma 1, lett.re b) ed e) cod. proc. pen., la violazione di legge, in relazione all'art. 40 cod. pen. ed agli artt. 29, 36, 37, 70, comma 2, in relazione all'allegato V, parte II, punto 5.7.1 del d.lgs. 81/2008 ed il vizio di motivazione. Osserva che la decisione, ritenendo la condotta del lavoratore esente da rimproveri, ha omesso di valutarne l'incidenza causale esclusiva, posto che laddove la persona offesa avesse provveduto a spegnere l'impianto, prima di provvedere all'ispezione, il sinistro non si sarebbe verificato. Tanto più che, come correttamente descritto nell'imputazione, il lavoratore era inciampato, perdendo l'equilibrio, nell'atto di recarsi sotto la tramoggia, cioè quando aveva già varcato l'accesso all'impianto delimitato dalle sbarre di protezione. Sicché la contestata mancata adozione di sistemi di protezione va ritenuta ininfluente in relazione al prodursi dell'evento. Sostiene che la sentenza impugnata si manifesta gravemente illogica nella parte in cui, dopo avere dato atto del fatto che M.M. era un esperto 'palista', svolgendo dette mansioni da oltre vent'anni, ed essendo da sempre addetto all'utilizzo di quella tramoggia, si sottrae al confronto con la deposizione dell'ing. A., che aveva curato la formazione e l'informazione della persona offesa, proprio in relazione ai rischi dell'impianto semovente. Il teste, infatti, escusso nel corso del giudizio di appello, ha affermato di avere svolto corsi di formazione per contro della DP F.Ili , cui avevano partecipato anche dipendenti di altre imprese che operavano nella cava, precisando di avere proiettato nel corso delle sedute videoriprese di sinistri relativi a quella tipologia di impianto, e depositando, al termine della sua deposizione, i verbali di quelle riunioni, dai quali aveva desunto la presenza di M.M.. Cionondimeno, la Corte, valorizzando la tardività della produzione, pur non disconoscendo la genuinità della testimonianza e la veridicità del materiale, ne ometteva la valutazione, limitandosi a constatare che M.M. non era, all'epoca, dipendente della F.Ili DP.. Assume che siffatte considerazioni consentono di ritenere superata anche la contestazione inerente alla mancata valutazione del rischio relativo all'utilizzo ed alla manutenzione delle macchine e conseguentemente di escludere il nesso di causalità fra la
contestata omissione e l'infortunio.
7. Con il secondo motivo lamenta violazione dell'art. 606, comma 1A, lett. b) in relazione agi artt. 62 bis, 69, 132, 133, 590 commi 3 e 5 cod. pen.. Rileva che la Corte territoriale ha applicato una pena illegale. Ed infatti ha determinato la pena base in anni uno di reclusione, ridotta a mesi otto per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, benché applicando la riduzione di un terzo, abbia chiaramente ritenuto le circostanze di cui all'art. 62 bis cod. pen., prevalenti sulla contestata aggravante di cui all'art 590 comma 3A cod. pen.. Cosicché il calcolo avrebbe dovuto muovere da una pena base determinata nella cornice edittale del reato non circostanziato (reclusione fino a tre mesi ed euro 309,00 di multa) di cui all'art. 590 comma 1 cod. pen., anziché come ritenuto dalla Corte dalla pena base del reato 'così come aggravato', di cui all'art. 590, comma 3A cod. pen. (da uno a tre anni di reclusione).