Considerato in diritto
1.1 ricorsi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati e reiterano doglianze prospettate in appello cui la Corte territoriale ha dato specifica ed esauriente risposta attraverso una motivazione logica e coerente con le risultanze istruttorie già ampiamente argomentate anche dal primo giudice.
2. Alcune considerazioni di premessa giovano ad una più spedita trattazione dei motivi di ricorso appena riassunti.
2.1 La interruzione del nesso di condizionamento, a causa del comportamento imprudente dei lavoratori, secondo i principi giuridici enucleati dalla dottrina e dalla giurisprudenza (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv.261106, in motivazione; Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, Rv.264365; Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Rv. 25409) deriva dalla condotta del lavoratore che si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è «interruttivo» non perché «eccezionale» ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare ( Sez.4 n.15124 del 13.12.2016,Rv.269603).
In tema di rapporto di causalità, ai sensi dell'art.41, terzo comma, cod.pen., il nesso di causalità non resta escluso dal fatto altrui, cioè quando l'evento è dovuto anche all'imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch'esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali (Sez. 4, n. 31679 del 08/06/2010, Rv. 248113), a meno che tale comportamento non sia qualificabile come concausa qualificata, capace di assumere di per sé rilievo dirimente nella spiegazione del processo causale e nella determinazione dell'evento.
La giurisprudenza di legittimità è ferma nel sostenere che non possa discutersi di responsabilità (o anche solo di corresponsabilità) del lavoratore per l'infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti criticità (Sez.4, n.22044 del 2.05.2012,n.m; Sez.4, n.16888, del 7/02/2012, Rv.252373). Le disposizioni antinfortunistiche perseguono, infatti, il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Sez.4, n.4114 del 13/01/2011, n.m.; Sez.F, n. 32357 del 12/08/2010, Rv. 2479962).
2.2 Il sistema di sicurezza aziendale si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica riguarda anche la gestione dei rischi in caso di affidamento dei lavori a singole imprese appaltatoci o a lavoratori autonomi all'interno dell'azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito del ciclo produttivo dell'azienda medesima.
Grava sul datore di lavoro, committente, l'obbligo di valutare i rischi derivanti dalle possibili interferenze tra le diverse attività che si svolgono in successione o contestualmente all'interno di un'area. Infatti ai fini dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall’art. 7 d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626 - ora previsti dall’art. 26 D.lgs 81/2008 - occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione - ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte (Sez.4 n.1777 del 6.12.2018 rv. 27507701). Nel caso poi di committente autotrasportatore il comma 3 bis dell'art. 26 D.lgs 81/2008 esonera il datore di lavoro dalla redazione del DUVRI quando, come nel caso di specie, la durata del lavoro non è superiore a cinque- uomini giorno. Tale coinvolgimento, funzionale nella procedura di lavoro di diversi plessi organizzativi, non esclude poi la necessità di adottare le misure previste per i diversi rischi specifici, a meno che non risultino inefficaci o dannose ai fini della sicurezza dell'ambiente di lavoro (Sez. 4 n. 18200 del 7.01.2016 rv 266640-01).
Gli obblighi di cooperazione e coordinamento gravanti sui datori di lavoro rappresentano la "cifra" della loro posizione di garanzia e sono rilevanti anche per delimitare l'ambito della loro responsabilità.
L'assolvimento di tali obblighi risponde all'esigenza antinfortunistica - avvertita come primaria anche dal legislatore europeo - di gestire preventivamente tale categoria di rischio.
La vigente tutela penale dell’integrità psicofisica dei lavoratori risente, infatti, della scelta di fondo del legislatore di attribuire rilievo dirimente al concetto di prevenzione dei rischi connessi all’attività lavorativa e di ritenere che la prevenzione si debba basare sulla programmazione globale del sistema di sicurezza aziendale, nonché su un modello collaborativo e informativo di gestione del rischio da attività lavorativa, dovendosi così ricomprendere nell’ambito delle omissioni penalmente rilevanti tutti quei comportamenti dai quali sia derivata una carente programmazione dei rischi.
2.3 Giova richiamare a tal proposito che questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che, se sono più i titolari della posizione di garanzia come nel caso di specie, G. datore di lavoro della vittima e F.F.. delegato alla sicurezza di la Veneta s.r.l., presso la cui azienda si effettuavano le operazioni di carico del materiale, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha originato la singola posizione di garanzia (Sez.4 n. 46849 del 3.11.2011 rv 252149; Sez. 4 n.8593 del 22.01.2008 rv. 238936).
E, ancora, che, quando l'obbligo di impedire un evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in momenti diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 comma primo cod. pen ( Sez. 4 n. 244455 del 22.04.2015 rv 263733-01;sez. 4 n. 37992 del 11.07.2012 rv 254368-01; sez. 4 n.1194 del 15.11.2013 rv 258232).
3. La Corte territoriale ha fatto corretta e coerente applicazione dei principi giuridici sopra esposti, avendo considerato nella individuazione del determinismo causale le condotte omissive delle doverose misure di prevenzione, facenti capo ai titolari delle posizioni di garanzia. In particolare F.F.. delegato alla sicurezza de La Veneta Reti s.r.l. ( fol 7) e responsabile dello stabilimento ( fol 6 sentenza di primo grado) e G., datore di lavoro della persona offesa L.G..
3.1 Ricorso G..
Il primo e il secondo motivo del ricorso sono manifestamente infondati alla luce dei principi già richiamati al paragrafo 2.
Tra l'altro le doglianze non tengono conto e non si raffrontano con la ricostruzione fattuale operata dai Giudici di merito ( cd. doppia conforme ) secondo cui l'autista non partecipò alle operazioni di carico ma, in maniera assolutamente scrupolosa e attenendosi alle proprie responsabilità relative al corretto posizionamento del carico durante la marcia, come logicamente affermato dalla Corte territoriale ( fol 8), chiese una migliore ricompattazione delle reti, trattandosi di un carico pesante che debordava dal pianale ( fol 4 sentenza di primo grado teste Spisal); fu il mulettista di La Veneta reti s.r.l. a richiedere la sua collaborazione per riuscire a tendere meglio le cinghie, mentre lavorava con il muletto per riportare in asse il carico; il tutto senza che le operazioni fossero coordinate da un responsabile di La Veneta reti, in difetto delle misure organizzative di coordinamento e di un'adeguata informazione e formazione da parte del datore di lavoro G. sui rischi e le criticità, sicuramente prevedibili, che si potevano verificare nelle operazioni attinenti al particolare carico di reti metalliche. Tanto più che risulta accertato ( fol 8 sentenza di primo grado) che il L.G. aveva sempre trasportato laterizi, era la prima volta che si recava presso La Veneta reti e che il trasporto del materiale richiedeva particolari e specifici accorgimenti per i quali non l'autista non risulta essere stato adeguatamente formato né informato.
3.2 Ricorso F.F..
I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono manifestamente infondati.
Il F.F. è stato correttamente individuato dai giudici di merito quale titolare della posizione di garanzia in quanto delegato alla sicurezza di la Veneta reti S.r.l.
Nel caso di specie la Corte territoriale con argomentazione logica e coerente ha evidenziato che F.F., cui competeva l'obbligo di fornire dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nel proprio ambiente di lavoro, in cui erano destinati ad operare anche terzi, nonché di prevedere le misure di prevenzione e di emergenza necessarie in relazione alla propria attività al fine di assicurare la netta separazione tra gli autisti e i soggetti incaricati del carico, ha omesso di adottare le misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi alla compresenza di uomini a terra e macchine in movimento ( fol 9), secondo quanto prescritto dall'art. 71 D.lgs 81/2008 all. VI punto 2.2., disposizione che non ha come specifico destinatario solo l'operaio addetto, ma è rivolta alla tutela di chiunque possa entrare in contatto con la macchina. Sul punto, ha logicamente e coerentemente argomentato la Corte territoriale, il F.F. si è limitato a segnalare con cartelli posti nel locale addetto alla ricezione una prescrizione, cioè l'obbligo per gli autisti di rimanere in cabina durante il carico ( fol 10), misura assolutamente insufficiente, senza prevedere specifiche misure di sicurezza e una concreta attività di coordinamento e vigilanza in relazione al rischio prevedibile derivante dalla interferenza tra mezzi in movimento e autisti a terra ( fol 9), nella specie tra il mulettista, che ha operato senza il coordinamento di un preposto, e l'autista cui era stata richiesta un'attività di supporto nel tiraggio delle cinghie per la sistemazione e la sicurezza del carico. Il F.F. ha omesso di valutare il rischio interferenziale prevedibile relativo anche alle criticità connesse alla fase di carico e comunque di assicurare e prescrivere I' adeguata e netta separazione tra gli autisti e i soggetti incaricati delle operazioni con i muletti, ponendo in essere una non adeguata formazione in proposito, volta ad evitare la compresenza di uomini a terra e macchine in movimento come prescritto dall'art. 71 D.lvo all. VI punto 2.2.( fol 9 e 10).
4.In conclusione i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende. F.F.. deve essere condannato anche alla rifusione delle spese di giudizio in favore della parte civile costituita liquidate come in dispositivo.