Motivi della decisione
1. Il ricorso è articolato in cinque motivi.
Con il primo motivo il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: "Può la violazione, da parte del lavoratore, dell'obbligo di reperibilità durante le fasce orarie previste per le visite mediche di controllo costituire ragione di licenziamento disciplinare anche nelle ipotesi in cui il fatto in sè non sia idoneo a smentire la sussistenza della malattia ovvero, ed a maggior ragione, nell'ipotesi in cui la sussistenza della malattia non sia contestata dal datore di lavoro o risulti altrimenti provata?".
Con il secondo motivo il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: "In considerazione del principio generale della proporzionalità in materia sanzionatoria (art. 2106 c.c.) e del divieto costituzionale di trattamento uguale in situazioni tutt'affatto diseguali (art. 3 Cost.) il datore di lavoro può adottare nei confronti del lavoratore la massima sanzione disciplinare del licenziamento, oltre che in caso di assenza ingiustificata dal lavoro per difetto di malattia vera e reale nonché (eventualmente) in caso di assenza ingiustificata dal lavoro per omessa trasmissione al datore di lavoro del certificato di malattia, anche in caso di mera assenza ingiustificata alle visite mediche di controllo (e dunque in presenza di malattia vera e reale e pur essendo stato regolarmente trasmesso al datore di lavoro il relativo certificato)?".
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione omessa o insufficiente in riferimento alle ragioni per cui il fatto addebitato era stato considerato di particolare gravità.
Con il quarto motivo il ricorrente di duole ancora del vizio di motivazione omessa o insufficiente in riferimento alle ragioni per cui sono state rigettate le istanze istruttorie orali formulate nell'atto di appello.
Con il quinto motivo il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: "Ai fini dell'applicazione dell'art. 139, comma 5, lett. b), c.c.n.l. 10 febbraio 1999 per i dipendenti da aziende dell'industria turistica, che prevede la assenza ingiustificata del lavoratore quale giusta causa di licenziamento se protratta oltre cinque giorni, devono intendersi come "ingiustificate" solo le assenze non riconducibili alla sussistenza di una malattia vera e reale (o, al più, anche al mancato inoltro al datore di lavoro del certificato medico) oppure anche le assenze alla visita medica di controllo pur essendo previsto per tale ipotesi dall'art. 117, comma 4, c.c.n.l. cit. il solo obbligo di rientro immediato in azienda? L'obbligo di immediato rientro in azienda in ipotesi di mancato rispetto dell'obbligo di reperibilità per le visite mediche di controllo previsto dall'art. 117, comma 4, c.c.n.l. cit. deve essere compatibile con lo stato di salute del lavoratore o prescinde da questo? In caso di violazione da parte del lavoratore dell'obbligo di reperibilità per le visite mediche di controllo l'obbligo di immediato rientro in azienda previsto dall'art. 117, comma 4, c.c.n.l. cit. è subordinato all'invito fattogli pervenire dal datore di lavoro? In caso di assenza alla visita medica di controllo il lavoratore è obbligato all'immediato rientro in azienda indipendentemente dal fatto che egli sappia o non sappia che il medico si è recato nel suo domicilio e non lo ha ivi trovato?". 2.1 primi due motivi del ricorso - che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi - sono infondati.
La giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis Cass., sez. lav., 13 dicembre 2005, n. 27429) ha da tempo affermato che la giustificazione dell'assenza nelle fasce di reperibilità deve essere fondata su motivi seri che determinano l'impossibilità di osservare l'obbligo di reperibilità e che la violazione dell'obbligo di reperibilità alla visita medica di controllo può giustificare il licenziamento; la valutazione complessiva della gravità dell'infrazione deve tener conto delle violazioni anteriori e delle sanzioni disciplinari inflitte. Cfr. anche Cass., sez. lav., 3 maggio 1997 n. 3837 secondo cui l'assenza del lavoratore dalla propria abitazione durante la malattia - oltre a dar luogo a sanzioni (quali la perdita del trattamento economico) comminate per violazione dell'obbligo di reperibilità facente carico sul lavoratore medesimo durante le cosiddette fasce orarie (D.L. n. 496 del 1983, art. 5, comma 14, conv. in L. n. 638 del 1983) - può integrare anche un inadempimento sanzionabile (nel rispetto delle regole del contraddittorio poste dall'art. 7 Stat. lav.) con una sanzione disciplinare, quale il licenziamento disciplinare, ove la condotta del dipendente importi anche la violazione di obblighi derivanti dal contratto di lavoro.
Quindi, al fine della giustificatezza del licenziamento, rileva la violazione di un obbligo, quale quello di reperibilità, che inficia il nesso fiduciario ex se, senza necessità che risulti la falsità della allegazione della malattia.
La valutazione dell'incidenza di questa violazione sul vincolo fiduciario è rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della insufficienza o contraddittorietà della motivazione, non potendo predicarsi invece - come fa il ricorrente - un generale difetto di proporzionalità e quindi di inidoneità ad integrare un'ipotesi di giusta causa di licenziamento.
Nella specie la Corte d'appello ha correttamente preso le mosse in diritto dal principio secondo cui la violazione dell'obbligo di reperibilità durante le fasce orarie previste per le visite mediche ispettive costituisce ragione autonoma e sufficiente non solo per l'applicazione della conseguenza di legge automaticamente connessa (la perdita del trattamento economico, nei limiti previsti dalla cit. L. n. 683 del 1983), ma anche per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari quali il licenziamento.
Quanto alla valutazione della gravità del fatto la Corte d'appello ha osservato che l'inizio del periodo di congedo per malattia (il giorno 22.1.2005) è stato connotato da una riconosciuta indifferenza del lavoratore rispetto all'obbligo di diligenza, atteso che egli non ebbe ad avvisare in alcun modo la datrice di lavoro e neppure si recò quello stesso giorno dal medico per munirsi della opportuna certificazione; indifferenza che aveva una particolare connotazione di gravità stante le mansioni specifiche del lavoratore - quelle di cuoco - che non erano agevolmente fungibili. Aggiunge la Corte d'appello che tutto ciò si saldava poi con la natura della patologia invalidante, successivamente certificata, che non era sicuramente tale da impedire di provvedere alla pronta e tempestiva comunicazione al datore di lavoro del luogo di provvisoria dimora e per dare ragguagli sul luogo di sua pronta reperibilità; ciò che invece il lavoratore omise di fare fino alla data del suo rientro e cioè fino al 2.2.2005.
Osserva anche la Corte che la prolungata ingiustificata assenza del lavoratore non poteva non aver provocato disagi rilevanti per la società, soprattutto a causa della rilevata qualifica specializzata da quello rivestita che implicava specifiche difficoltà di sua sostituzione, specie in termini rapidi e senza preavviso.
Infine la Corte d'appello ha considerato che la stessa contrattazione collettiva applicabile al rapporto considerava sufficiente un periodo di assenza ingiustificata protrattasi per più di cinque giorni ai fini della applicazione della sanzione espulsiva; limite nella specie ampiamente superato con conseguente ritenuta congruità della sanzione rispetto all'addebito.
In definitiva i giudici di merito, di primo e di secondo grado, hanno ritenuto che la condotta contestata costituiva ragione di irreversibile lesione del vincolo fiduciario e perciò idoneo supporto per l'adozione del più grave dei provvedimenti disciplinari, vale a dire quello espulsivo.
4. Anche il terzo motivo è infondato non sussistendo il denunciato vizio di motivazione. L'impugnata sentenza è infatti dotata di motivazione ampia e coerente che, muovendo - come già rilevato - dall'enunciato principio di diritto in ordine alla rilevanza, al fini della legittimità del licenziamento disciplinare, della violazione dell'obbligo di reperibilità, ha proceduto a valutare la gravità dell'inadempimento considerando le peculiarità del caso di specie e nient'affatto ipotizzando l'insussistenza della malattia del lavoratore.
5. Il quarto motivo è inammissibile atteso che le circostanze di fatto in ordine alle quali non è stata ammessa la prova testimoniale da parte dei giudici di merito (assistenza del lavoratore ammalato da parte della cugina in luogo diverso da quello dell'abituale dimora; mancata consegna, da parte del coinquilino del lavoratore, dell'avviso di presentarsi alla visita ambulatoriale) sono irrilevanti considerato che i giudici di merito hanno ritenuto che la violazione dell'obbligo di reperibilità in sè, e non già la (non ipotizzata) insussistenza della malattia, avesse leso l'indefettibile vincolo fiduciario del rapporto.
6. Infine il quinto motivo è parimenti infondato.
La Corte d'appello ha fatto riferimento alla nozione legale di giusta causa di licenziamento ed ha evocato la norma contrattuale (art. 139 c.c.n.l. 10 febbraio 1999 per i dipendenti da aziende turistiche) unicamente per trarre da essa un parametro di valutazione al fine di verificare la proporzionalità della sanzione espulsiva all'addebito; sanzione che la norma contrattuale raccorda all'assenza ingiustificata per più di cinque giorni. Gli artt. 116 e 117 del medesimo contratto collettivo - e segnatamente l'art. 117 nella parte in cui prevede come conseguenza della violazione dell'obbligo di reperibilità in caso di malattia l'applicazione delle sanzioni previste dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, art. 5, "nonchè l'obbligo dell'immediato rientro in azienda" - non contraddicono la valutazione fatta dai giudici di merito. Anzi il fatto che il lavoratore, assente alla visita di controllo, non sia rientrato in azienda (nè - può aggiungersi - abbia comunicato il luogo, diverso dall'abituale dimora, in cui era reperibile), come prescritto dalla citata norma contrattuale, comporta proprio che il prolungamento dell'assenza, in mancanza di una situazione di impedimento che giustifichi la mancata reperibilità, sia stato considerato da tale normativa come assimilabile all'assenza ingiustificata ed autorizza la considerazione dei Giudici di merito che, al fine di valutare la gravità dell'inadempimento, hanno anche tenuto conto della previsione dell'art. 139 cit., che appunto prevede la sanzione espulsiva in caso di assenza ingiustificata protrattasi per più di cinque giorni.
6. Il ricorso va quindi rigettato.
Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione (ex art. 92 c.p.c., comma 2, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2) stante la peculiarità del caso di specie.