Interpello ambientale 07.10.2024 - Inquinamento diffuso e oneri reali e privilegi speciali
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Interpello ambientale 07.10.2024 - Inquinamento diffuso e oneri reali e privilegi speciali
ID 22733 | 15.10.2024 / In allegato Testo interpello Ambientale
L’art. 27 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha introdotto, all’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, l’istituto dell’interpello in materia ambientale, che consente di inoltrare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale. Una possibilità riconosciuta a Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Città metropolitane, Comuni, associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni o province autonome.
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Art. 3-septies (Interpello in materia ambientale)
1. Le regioni,le Province autonome di Trento e Bolzano, le province, le citta' metropolitane, i comuni, le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni o province autonome di Trento e Bolzano, possono inviare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia ambientale. La risposta alle istanze deve essere data entro novanta giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze di cui al presente comma costituiscono criteri interpretativi per l'esercizio delle attivita' di competenza delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, salva rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell'istante. Resta salvo l'obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l'istanza sia formulata da piu' soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Ministero della transizione ecologica puo' fornire un'unica risposta.
2. Il Ministero della transizione ecologica, in conformita' all'articolo 3-sexies del presente decreto e al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, pubblica senza indugio le risposte fornite alle istanze di cui al presente articolo nell'ambito della sezione "Informazioni ambientali" del proprio sito internet istituzionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, previo oscuramento dei dati comunque coperti da riservatezza, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
3. La presentazione delle istanze di cui al comma 1 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, ne' sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.
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Interpello ambientale 07.10.2024 (Bonifiche)
Con la nota in oggetto la Regione Toscana ha formulato interpello su due differenti temi; il primo in materia di inquinamento diffuso (artt. 239, comma 3, e 240, comma 1, lett. r), D.Lgs. n. 152 del 2006), e il secondo in ordine all’istituto dell’onere reale e privilegio speciale (art. 253, D.Lgs. n. 152 del 2006) in presenza della sola contaminazione delle acque sotterranee.
La Regione Toscana, in particolare, dopo avere precisato che “sta provvedendo a disciplinare con norma regionale il procedimento tecnico amministrativo per la definizione del Piano di risanamento delle aree affette da inquinamento, diffuso”, chiede “di chiarire dunque quale sia l’Amm.ne Pubblica obbligata ad intervenire, laddove siano necessari interventi di risanamento dell’inquinamento diffuso non riconducibili ad uno specifico sito. Si chiede, altresì, su quale Amm.ne Pubblica debbano ricadere gli oneri della bonifica in caso di impossibilità di individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento”.
In merito al quesito sull’onere reale, la Regione interpellante, dopo avere evidenziato una serie di circostanze in fatto tipiche della contaminazione delle acque sotterranee (natura dinamica della falda che renderebbe di incerta/impossibile identificazione l’area su cui prevedere gli istituti dell’art. 253; notevole estensione delle aree in cui si riscontra contaminazione della matrice ambientale acque sotterranee che comporterebbe molteplici implicazioni e/o difficoltà per la Pubblica amministrazione, in merito al procedimento di iscrizione presso l’Agenzia del territorio, ai costi elevati, alle difficoltà di garantire la partecipazione procedimentale dei proprietari, all’elevato rischio contenzioso derivanti anche dalle difficoltà applicative della norma), ha chiesto “di chiarire se, nel caso di un sito contaminato per la sola falda sotterranea e oggetto di un intervento di bonifica, l’applicazione dell’art. 253 del TUA sia legittimo considerando la sola area sorgente della contaminazione, così come individuata a seguito del modello concettuale previsto dal piano di caratterizzazione, tenendo dunque in considerazione le particelle e subalterni, o porzioni di questi, su cui insistono/insistevano gli oggetti da cui si è originata la contaminazione”.
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Riscontro al quesito sull’inquinamento diffuso
L’articolo 239, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, demanda alle regioni la disciplina, mediante appositi piani, degli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso, fatte salve le competenze e le procedure previste per i siti oggetto di bonifica di interesse nazionale (SIN) e comunque nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal decreto stesso in materia di bonifica.
L’art. 240, comma 1, lett. r), D.Lgs. cit., definisce l’inquinamento diffuso come “la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine”.
Sulla nozione di inquinamento diffuso si è espresso il Ministero dell’ambiente e della tutela del mare con nota/circolare Prot.14957STA del 23 gennaio 2018. La circolare chiarisce che gli elementi caratterizzanti di detta definizione sono:
- l’origine: da fonti diffuse e non imputabili ad una singola fonte;
- gli effetti: contaminazione o alterazioni (chimiche, fisiche o biologiche) delle matrici ambientali. L’articolo 303, lettera h), del D.lgs. 152/2006 stabilisce, inoltre, che la Parte Sesta (recante Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente) “non si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l’attività di singoli operatori”.
La Corte di Giustizia (9 marzo 2010, C-378/08, cit.) ha statuito che l’inquinamento diffuso si riferisce a fattispecie non circoscritto nello spazio, nel tempo e a un numero limitato di operatori. In ordine al regime di responsabilità, la citata circolare prevede “che l’inquinamento diffuso non si identifica con l’inquinamento di un’area ‘estesa’/’vasta’ – tesi volta a far scattare la clausola di cui all’art. 250 cit. al fine di far ricadere, in buona sostanza, i costi di riparazione sulla collettività -così come va respinta la tesi secondo cui, in caso di mancata individuazione del
soggetto responsabile della contaminazione, si sia automaticamente al cospetto di un fenomeno di inquinamento diffuso.
Secondo l’accezione dettata dalla norma (nazionale e comunitaria) sopra riportata, infatti, non si può parlare di inquinamento diffuso in tutti i casi in cui è comunque possibile, sulla base dei criteri sopra enunciati per l’individuazione del nesso causale (quali la vicinanza degli impianti e la riconducibilità dei contaminanti rilevati al ciclo produttivo di un determinato operatore), determinare uno o più soggetti responsabili”.
Così ricostruita la nozione di inquinamento diffuso ed il relativo regime giuridico - non potendosi imputare gli interventi di bonifica ad un soggetto responsabile, mancando la possibilità di accertare un nesso causale tra l’attività di uno o più soggetti e l’inquinamento rilevato - i medesimi interventi si configurano sin dall’origine come interventi pubblici con oneri a carico della Pubblica amministrazione. In assenza di una diversa disposizione normativa, si ritiene che gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso ed i relativi oneri siano di competenza della Regione nell’ambito dei piani di cui all’art. 239, comma 3, D.Lgs. n. 152 del 2006, che ne riserva - appunto - la disciplina alle Regioni. In altri termini, nella misura in cui la legge attribuisce alla Regione la “disciplina” degli interventi di bonifica delle aree caratterizzate da inquinamento diffuso, è la stessa Regione a doversi fare carico - al fine di garantire la piena effettività alle misure di risanamento ambientale previste nel piano - dell’individuazione dei soggetti attuatori e delle relative risorse.
Riscontro al quesito sull’onere reale in caso di contaminazione delle sole acque sotterranee
L’art. 253, D.Lgs. n. 152 del 2006, circoscrive l’onere reale ai “siti contaminati” prevedendo, altresì, che esso viene iscritto nei registri immobiliari tenuti dagli uffici dell’Agenzia del territorio “a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica” (comma 1).
Il “sito contaminato” è definito come “un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati” (art. 240, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 152 del 2006); “tale situazione (i.e. “sito contaminato”) viene riportata dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune e viene comunicata all'Ufficio tecnico erariale competente” (art. 251, comma 2, D.Lgs. cit.).
La normativa tecnica per l’elaborazione dell’analisi di rischio (allegato 1, Parte quarta, Titolo V, D.Lgs. n. 152 del 2006, recante i “Criteri generali per l’analisi di rischio sanitario ambientale sito- specifica”) definisce le CSR come un criterio-soglia di intervento “che identifica i livelli di contaminazione residua accettabili, calcolati mediante analisi di rischio, sui quali impostare gli interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica”. Ai fini dell’elaborazione dell’analisi di rischio i componenti da parametrare sono i contaminanti indice, le sorgenti, le vie e le modalità di esposizione, i ricettori finali.
Nell’ambito dei recettori o bersagli della contaminazione di fondamentale importanza è la scelta del punto di conformità, soprattutto quello per le acque sotterranee.
Secondo l’Allegato 1 citato “Il punto di conformità per le acque sotterranee rappresenta il punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato originale (ecologico, chimico e/o quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire tutti i suoi usi potenziali, secondo quanto previsto nella parte terza (in particolare articolo 76) e nella parte sesta del presente decreto (in particolare articolo 300). Pertanto, in attuazione del principio generale di precauzione, il punto di conformità deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica e la relativa CSR per ciascun contaminante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all'Allegato 5 della parte quarta del presente decreto”.
Così ricostruita, in sintesi, la normativa di riferimento, bisogna soffermarsi anche sulla natura e sui caratteri dell’onere reale previsto dall’art. 253.
La giurisprudenza è ormai univoca nel ritenere che l’istituto previsto dall’art. 253 costituisce una forma di garanzia reale a tutela delle spese sostenute dall’Amministrazione che abbia eseguito direttamente gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica, sicché il creditore può ricavare forzatamente dal fondo il valore della prestazione che gli è dovuta (ex multis, Cons. Stato, Adunanza Plenaria, ordinanza 25 settembre 2013 n. 21).
Il Consiglio di Stato, con la decisione 6 agosto 2019, n. 5580, si è anche pronunciato sull’applicabilità dell’istituto dell’onere reale in caso di bonifica delle acque sotterranee. Secondo il Giudice amministrativo “Invero, l’istituto dell’onere reale è finalizzato, innanzitutto, a costituire garanzia reale a tutela del recupero delle spese di bonifica nelle ipotesi in cui il responsabile non provveda o non sia individuato; inoltre, risponde all’obbiettivo di evitare l’arricchimento a vantaggio del patrimonio del proprietario del bene derivante dalla bonifica del sito inquinato, oltre a porre un onere a carico della proprietà nel recupero del bene.
La sentenza ha statuito che «il Collegio rileva che la stessa società ricorrente, nell’illustrare il primo motivo di ricorso, afferma di non volersi nè potersi sottrarre a tale onere ma di ritenerlo limitato alle spese di bonifica del solo terreno, escludendo le acque sotterranee e la relativa falda interessate dall’inquinamento, come la stessa aveva in effetti già compiuto ai fini di una ristrutturazione urbanistica in essere.
Il Collegio in merito osserva, però, che la tesi della società ricorrente non appare convincente.
Il c.d. “decreto Ronchi” ed il collegato D.M. n. 471/99 (in particolare l’art. 17, commi 1, 2, 4, 6 bis, d.lgs. cit. e l’art. 2 D.M. cit.), applicabili all’epoca del provvedimento impugnato, in relazione alla nozione di “inquinamento” facevano riferimento alla sua realizzazione sul relativo “sito” – e non solo sul terreno superficiale – inteso quale area o porzione di territorio intesa nelle diverse matrici ambientali e comprensiva anche delle “eventuali” strutture edilizie ed impiantistiche presenti in cui si riscontrano livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del “suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o “sotterranee” tali da determinare un pericolo per la salute pubblica. Lo stesso D.M. n. 471/99, richiamando la nozione di bonifica, faceva riferimento all’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel “sottosuolo”, nelle acque superficiali o “sotterranee”, chiarendo ulteriormente che la stessa doveva interessare tutte le matrici ambientali coinvolte, dato che senza un’efficace depurazione della falda non sarebbe possibile certificare gli interventi di bonifica del soprasuolo, come condivisibilmente osservato dalla Regione Toscana nella sua ultima memoria. Così pure l’art. 17, comma 1, lett.a) e c-bis), d.lgs. faceva riferimento ai suoli ed alle “acque sotterranee” in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti, con ciò confermando che le operazioni di bonifica e quelle ad esse correlate riguardano il generale inquinamento del sito e non solo il terreno superficiale insito in esso.
In più, osserva il Collegio, la proprietà, come noto in base ai principi civilistici di cui all’art. 840, comma 1, c.c., si estende anche al sottosuolo con tutto ciò che vi si contiene, in applicazione del noto brocardo secondo cui la proprietà si estende “usque ad inferos et usque ad sidera”.
Il su ricordato limite del “valore del bene”, quindi, non potrà che considerare tali principi, ritenendo il sottosuolo parte integrante del bene stesso nel caso di specie».
Tali osservazioni sono pienamente condivisibili, atteso che detto onere reale, correlato al diritto di proprietà, deve ritenersi esteso, sempre nei limiti di valore di mercato dell’area, anche con riferimento al sottosuolo e alle acque di falda che nello stesso sono contenute”.
In ragione del quadro normativo e giurisprudenziale sopra richiamato, si rimettono le seguenti considerazioni di sintesi in riscontro al quesito posto.
L’onere reale ha una duplice funzione: garantire il recupero delle spese sostenute dell’Amministrazione ed evitare l’arricchimento a vantaggio del patrimonio del proprietario del bene derivante dalla bonifica del sito inquinato.
Nel caso di sola contaminazione delle acque sotterranee, le difficoltà applicative rappresentate dall’Amministrazione interpellante - anche alla luce dello specifico precedente giurisprudenziale sopra riportato - non elidono l’istituto dell’onere reale.
Ciò detto, per quanto concerne l’estensione dell’onere reale, l’art. 253 correla l’onere reale al sito contaminato. Conseguentemente, ai fini della delimitazione delle aree su cui iscrivere l’onere reale nei registri immobiliari nel caso di contaminazione delle sole acque sotterranee, si ritiene che possano essere considerati i seguenti elementi:
- i risultati dell’analisi di rischio che per legge, nel caso di superamento delle CSR, devono essere riportati dal certificato di destinazione urbanistica, nonché dalla cartografia e dalle norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico generale del comune, e comunicati all’Ufficio tecnico erariale competente (art. 251, comma 2);
- il progetto di bonifica, ed in particolare, le aree risultate contaminate oggetto di interventi di bonifica al fine di garantire al punto di conformità gli obiettivi di bonifica;
- l’obbiettivo dell’onere reale, ossia evitare l’arricchimento del proprietario del bene derivante dalla bonifica del sito inquinato tenendo conto del brocardo “usque ad inferos et usque ad sidera”.
Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3-septies del D.Lgs. n. 152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.
[...] Segue in allegato
Fonte: MASE
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Risposta prot. n. 181754 del 07-10-2024.pdf |
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Interpello prot. n. 113903 del 20-06-2024.pdf |
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