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Gender pay gap: approvata la Direttiva sulla trasparenza retributiva

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Gender pay gap  Direttiva approvata

Gender pay gap: approvata la Direttiva sulla trasparenza retributiva (30.03.2023)

ID 19399 | 09.04.2023 / Download SchedaPay transparency measures - Legislaive Train 03.2023

Pubblicata la Direttiva (UE) 2023/970

In GU L 132 del 17.5.2023, pubblicata la Direttiva (UE) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione

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  • Nell'UE le donne guadagnano, a parità di mansioni, in media il 13% in meno degli uomini
  • Fine del segreto salariale: i lavoratori avranno diritto a ricevere informazioni sulla retribuzione nella loro categoria di lavoro
  • Sanzioni dissuasive, anche pecuniarie, per i datori di lavoro che non rispettano le regole
  • Obbligo di intervento delle aziende con un divario retributivo di genere superiore al 5%

La nuova Direttiva approvata dal Parlamento europeo il 30 Marzo 2023, imporrà alle imprese UE di divulgare informazioni che agevolino il confronto degli stipendi dei dipendenti e la denuncia dei divari retributivi di genere esistenti.

Le nuove regole, approvate in via definitiva dal Parlamento giovedì, con 427 voti favorevoli, 79 contrari e 76 astensioni, mirano a contrastare il divario retributivo tra i generi (gender pay gap in inglese). Queste impongono che le strutture retributive siano basate su criteri neutrali rispetto al genere, sia nel settore privato che in quello pubblico. Inoltre, dovranno essere introdotti dei sistemi di valutazione o classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere, così come dovranno esserlo gli avvisi di posto vacante e la denominazione delle posizioni lavorative. Infine, i processi di assunzione dovranno essere condotti in modo non discriminatorio.

Nel caso la dichiarazione obbligatoria sulle retribuzioni di un'azienda o dell’amministrazione pubblica mostra un divario di almeno il 5%, i datori di lavoro dovranno effettuare una valutazione delle retribuzioni in cooperazione con i rappresentanti dei loro dipendenti.

I Paesi UE dovranno inoltre introdurre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, ad esempio ammende, per i datori di lavoro che non rispettano le regole. Un lavoratore o una lavoratrice che abbia subito un danno a seguito di una violazione delle norme avrà il diritto di chiedere un risarcimento. Per la prima volta, sono stati inclusi nell'ambito di applicazione delle nuove norme la discriminazione intersezionale e i diritti delle persone non binarie.

Divieto del segreto salariale

Il segreto salariale sarà vietato. Le norme stabiliscono infatti che i lavoratori e i loro rappresentanti abbiano il diritto di ricevere informazioni chiare ed esaurienti sui livelli retributivi individuali e medi, suddivisi per genere. Non dovranno esserci clausole contrattuali che impediscano ai lavoratori di divulgare informazioni sulla loro retribuzione o di chiedere informazioni in merito ad essa o alla retribuzione di altre categorie di lavoratori.

Trasferimento dell'onere della prova

Infine, per quanto riguarda le questioni relative alla retribuzione, l'onere della prova passerà dal lavoratore al datore di lavoro. Se un lavoratore ritiene che il principio della parità di retribuzione non sia stato applicato e porta il caso in tribunale, la legislazione nazionale dovrà obbligare il datore di lavoro a dimostrare che non c'è stata discriminazione.

Prossime tappe

Il Consiglio dovrà approvare formalmente l'accordo prima che il testo sia varato e pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Le nuove regole entreranno in vigore venti giorni dopo la loro pubblicazione.

Contesto

Il principio della parità di retribuzione è sancito dall'articolo 157 TFUE. Nonostante ciò, in tutta l'Unione europea il divario retributivo di genere persiste e si attesta intorno al 13%, con notevoli differenze tra i Paesi membri. Negli ultimi dieci anni è diminuito solo in minima misura.

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