Sentenza CdS n 3098-2018 del 24 maggio 2018
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Sentenza CdS n 3098-2018 del 24 maggio 2018: distanze fabbricati
Il Consiglio di Stato conferma nelle distanze tra fabbricati e strade pubbliche le norme comunali prevalgono sulla normativa nazionale e che le stesse possono essere derogate in caso di opera di interesse pubblico
Con la sentenza n. 3098/2018 il Consiglio di Stato ribadisce che in merito alle distanze tra edifici e pubbliche vie /piazze la normativa locale/comunale può derogare da quelle che sono le disposizioni generali a livello nazionale contenute nel dm 1444/1968.
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Sentenza n. 3098/2018
Edivideo s.n.c. di Carrara Leonardo & C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Tullio D'Amora e Domenico Iaria, e con i medesimi elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio legale Lessona, corso Vittorio Emanuele II n. 18;
contro
Società F.I.M. S.r.l. non costituita in giudizio;
nei confronti
Comune di Barga non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE III n. 1565 del 2012.
Visto il ricorso in appello in appello con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 12 aprile 2018 il Cons. Silvia Martino;
Udito l’avv. Gabriella Mattioli su delega dell’avv. Domenico Iaria;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
1. La società F.I.M. s.r.l., in qualità di proprietaria di un fabbricato in Fornaci di Barga (frazione del Comune di Barga), ubicato nei pressi della Piazza principale (Piazza IV Novembre), impugnava innanzi al TAR per la Toscana la concessione edilizia n. 78/03 del 4 luglio 2003 rilasciata per un intervento di “ristrutturazione di chiosco per edicola”, richiesta dal titolare della relativa concessione di suolo pubblico, e cioè, dalla società “L’Edicola di Mara di Carrara Leonardo & C. s.n.c.”, subentrata, secondo quanto risulta dal provvedimento impugnato, alla precedente titolare dell’attività commerciale “Serena di Placanti Angela e C.”, attività al cui esercizio è strumentale il manufatto di cui trattasi.
Con il medesimo ricorso venivano impugnate, altresì, la delibera di Giunta Comunale n. 130/2002, con cui il Comune autorizzava la precedente titolare dell’edicola di che trattasi a presentare “il progetto relativo alla posa in opera di un nuovo manufatto da utilizzare, in sostituzione del precedente, ad edicola sul suolo pubblico di P.zza IV Novembre in Fornaci di Barga”; nonché la successiva delibera di Giunta Comunale n. 182/2002, con cui era stato approvato “il progetto di ristrutturazione dell’Edicola di P.zza IV Novembre, descritto negli elaborati della pratica edilizia n. 43/00”.
La società ricorrente faceva presente che la piazza IV Novembre, sulla quale si affaccia lateralmente il fabbricato nella proprietà della medesima, era stato recentemente oggetto di una serie di lavori di ristrutturazione, allo stato in via di ultimazione.
In tale contesto, soggiungeva, era stata tra l’altro operata la demolizione di un’edicola per la vendita di giornali e riviste, precedentemente esistente e sita a distanza di circa m. 3,5 dal confine con la proprietà della ricorrente ed installata sul suolo pubblico, al pari di un vecchio “vespasiano”, quest’ultimo ubicato al confine tra la proprietà pubblica e quella della ricorrente.
Al posto di tali manufatti era stata realizzata una nuova struttura “integrata” (edicola fornita di bagno), avente caratteristiche dimensionali del tutto diverse da quella preesistente, essendo molto più ampia e con altezza superiore a quella della struttura demolita, e con una diversa ubicazione, in quanto il nuovo manufatto si trovava a circa m. 1,5 dal confine con la proprietà della ricorrente e a circa m. 8,50 dal fabbricato ivi insistente.
L’originaria ricorrente deduceva, quindi, l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto il manufatto sarebbe stato edificato in violazione delle norme in materia di distanze tra edifici e dal confine dettate dal Regolamento Edilizio.
Sarebbe stata altresì omessa la comunicazione di avvio del procedimento.
Nella resistenza del Comune di Barga, il TAR accoglieva il ricorso.
Preliminarmente, respingeva l’eccezione di irricevibilità per omessa tempestiva impugnazione della delibera di Giunta Comunale n. 182/2002, con cui era stato approvato il progetto di “ristrutturazione dell’edicola”, sollevata dall’amministrazione resistente.
Si trattava, infatti, secondo il TAR, di un atto intermedio avente natura endoprocedimentale rispetto alla determinazione conclusiva del procedimento dal parte dell’autorità amministrativa con il rilascio della concessione edilizia.
Detto provvedimento, pertanto, era divenuto lesivo nel momento in cui aveva trovato attuazione con l’effettivo rilascio della concessione edilizia.
Il TAR riteneva poi fondato, e assorbente, il motivo concernente la violazione dell’art. 11.7 del Regolamento Urbanistico vigente nel Comune di Barga.
Era infatti incontestato che l’immobile oggetto della concessione edilizia impugnata (n. 78/03 del 4 luglio 2003) fosse stato realizzato attraverso un intervento di demolizione di una precedente edicola e di un vecchio “vespasiano” e che, in luogo di tali manufatti fosse stata costruita una struttura “integrata” (edicola fornita di bagno) del tutto diversa per dimensioni e sagoma dall’edicola precedente.
Tale intervento doveva essere, quindi, qualificato come “nuova costruzione”, secondo quanto pacificamente affermato dalla giurisprudenza e successivamente dal T.U. sull’edilizia n. 380/2001, che all’art. 3, nel testo novellato dall’art. 1, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. n. 301/2001, all’epoca vigente, colloca nell’ambito della ristrutturazione edilizia gli interventi di demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma, diversamente dandosi luogo a “nuova costruzione” assentibile unicamente con permesso di costruire.
A confermare tale qualificazione vi era peraltro l’inequivoca disposizione contenuta nell’art. 10.7 del Regolamento edilizio, in forza della quale si considerano “nuove costruzioni” quelle realizzate “previa totale demolizione degli edifici esistenti, che non costituiscano fedele ricostruzione dell’edificio demolito”.
Ciò comportava che il nuovo fabbricato assentito con la concessione edilizia impugnata fosse soggetto integralmente alla disciplina sulle distanze prevista dalla vigente normativa di legge e regolamentare.
Nel caso di specie, era stato violato l’art. 11.7 del Regolamento Edilizio comunale il quale prescrive che, salvo espresso diverso accordo derogatorio tra i proprietari confinanti interessati, le nuove costruzioni debbano rispettare una distanza minima dal confine di almeno mt. 5.
Nel caso di specie tale distanza non risultava essere stata rispettata, poiché il chiosco era stato costruito, tenuto conto degli elaborati progettuali allegati alla concessione edilizia, a circa mt. 1,5 dal confine con la proprietà della ricorrente.
Né il mancato rispetto di tale disposizione poteva essere giustificata dalla qualificazione del nuovo manufatto assentito come “precario” ovvero come opera pubblica e/o di pubblica utilità, contrariamente a quanto ritenuto dal Comune nella deliberazione G.M. n. 130 del 28 maggio 2002.
Le caratteristiche costruttive e la destinazione del manufatto erano infatti tali da escludere che lo stesso possa essere qualificato come “precario”.
Nemmeno poteva giustificare il mancato rispetto della disciplina delle distanze il fatto che il manufatto assentito insistesse su area pubblica, data in concessione al privato richiedente, e fosse stato realizzato unitamente ad un complessivo riassetto dell’arredamento urbano della Piazza IV Novembre in cui si trova. Tali circostanze, infatti, non sarebbero state sufficienti per far assumere ad un chiosco per la vendita di giornali il carattere di “opera pubblica”, né di “opera di interesse pubblico”, per la cui realizzazione l’art. 9.10 del regolamento edilizio comunale consente deroghe alle disposizioni sulle distanze dai confini.
Faceva infatti difetto, ai fini della qualificazione del manufatto di cui si controverte come opera pubblica, l’appartenenza pubblica del bene de quo, mentre precludeva che lo stesso potesse essere considerato come opera di interesse pubblico la circostanza che in esso si svolge un’attività non dissimile, agli indicati fini, da quella che si svolge in un qualunque altro esercizio commerciale.
2. La sentenza forma oggetto di appello da parte della società Edivideo s.n.c. di Carrara Leonardo & C., in persona del legale rappresentante, sig. Leonardo Carrara.
La parte appellante asserisce di gestire da oltre dieci anni l’edicola di cui si discute, con annesso bagno pubblico e postazione telefonica pubblica, realizzati sulla piazza IV Novembre del Comune di Barga.
Sostiene, altresì, di avere appreso solo recentemente della sentenza in esame in quanto l’originario ricorso è stato notificato alla società Edicola di Mara di Carrara Leonardo & C. s.n.c., ovvero un soggetto che già all’epoca non era più esistente in ragione della modifica della denominazione sociale avvenuta con atto registrato il 14 agosto 2003.
La società deduce:
1) Erroneità della sentenza appellata per omessa declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Il ricorso di primo grado è stato indirizzato ad un società non più esistente con conseguente nullità della notifica e mancata costituzione del contraddittorio.
In ogni caso, il giudice di primo grado avrebbe dovuto rilevarne la tardività, perché, secondo quanto risulta dal giornale di cantiere, la copertura del manufatto è stata ultimata il 28.10.2003 mentre la notifica del ricorso è intervenuta il 9 gennaio 2004.
2) Erroneità della sentenza nella misura in cui ha dichiarato l’opera in contrasto con la disciplina sulle distanze dai confini.
Un aspetto fondamentale della vicenda trascurato dal primo giudice, sarebbe il fatto che ai sensi dell’art. 879, comma 2, c.p.c. “alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze ma debbono osservarsi le leggi e i regolamenti che le riguardano”.
Il manufatto in questione sorge nella piazza IV Novembre ed è circondato da suolo pubblico, anche nella parte che fronteggia la proprietà dell’odierna appellata da cui lo separa una striscia di terreno che congiunge quella parte della piazza alle scalinate pubbliche che conducono alla parte superiore di essa.
In ogni caso, anche a ritenere applicabili le norme del Regolamento edilizio di Barga, il TAR avrebbe fatto malgoverno dell’art. 9.10, comma 4, n. 2) secondo cui “per edifici o impianti di interesse pubblico debbono intendersi quelli che, indipendentemente dalla qualità dei soggetti che li realizzano, enti pubblici o privati, siano destinati a finalità di carattere generale”.
Nel caso di specie, l’idoneità del manufatto a soddisfare un interesse generale discende dalla plurima funzione cui è destinato giacché ospita anche un bagno e un posto telefonico pubblici, ovvero opere per definizione pubbliche.
Anche l’edicola comunque svolge un’attività di servizi per cui vi è un interesse pubblico dell’amministrazione comunale, quantomeno all’allocazione entro una valida rete di distribuzione all’interno del territorio comunale.
Il riconoscimento dell’interesse generale sotteso all’intervento si ricava dalla delibera di Giunta n. 130/2002.
Nessuna delle parti appellate si è costituita in giudizio.
L’appello è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 12 aprile 2018.
3. L’appello è fondato.
3.1. Va anzitutto premesso che, ai sensi dell’art. 879, comma 2, c.c., le norme relative alle distanze non si applicano alle costruzioni erette a confine con le piazze e le vie pubbliche, dovendosi in tal caso osservare le leggi e i regolamenti per esse specificamente dettati.
Secondo la Cassazione civile (cfr., ex plurimis, Cass. civ. Sez. II, 12 febbraio 2016, n. 2863), la norma, esplicitamente riferita al caso di due fondi privati separati da via pubblica, è a fortiori applicabile quando la costruzione (nella specie un’edicola realizzata sul marciapiede) è edificata su suolo pubblico.
Nello stesso senso, questo Consiglio ha fatto osservare che la deroga prevista dall’art. 879, comma 2, c.c., discende dalla considerazione che in presenza di una strada pubblica non emerge tanto l'esigenza di tutelare un diritto soggettivo privato, quanto quella di perseguire il preminente interesse pubblico ad un ordinato sviluppo urbanistico, che trova la sua disciplina esclusivamente nelle leggi e nei regolamenti urbanistico edilizi (Sez. IV, 14 dicembre 2016, n. 5264).
3.2. Nel caso di specie, risultano poi dirimenti le delibere di Giunta n. 130/2002 e n. 182/2002, nonché il tenore (e la finalità) dell’art. 9.10 del Regolamento edilizio all’epoca vigente nel Comune di Barga.,
Dalla delibera di Giunta n. 130 del 28.5.2002 risulta che “il totale rifacimento della piazza sui cui insiste l’edicola ha consigliato l’Amministrazione a richiedere al concessionario la sostituzione del manufatto per adeguarlo, sotto l’aspetto estetico, al nuovo circostante arredo urbano” e che “in tale contesto la stessa amministrazione comunale ha richiesto al concessionario di gestire gli adiacenti gabinetti pubblici da anni inutilizzati proprio per carenza di manutenzione, pulizia e gestione”.
Inoltre “il concessionario ha aderito alla richiesta dell’Amministrazione comunale, indicando nuove condizioni in relazione all’alto costo dell’intervento facendosi carico anche della ristrutturazione dei servizi igienici pubblici che andranno a formare una unica struttura con l’edicola”.
La Giunta ha quindi ritenuto di “dover attuare nelle forme sopraindicate l’opera pubblica ricomprendendovi anche l’edicola per la connessione con i servizi igienici di cui sopra”.
Contestualmente, risulta essere stata rilasciato un nuovo atto di concessione di suolo pubblico, “redatto in conseguenza della nuova superficie concessa e necessaria alla posa in opera di un manufatto che esteticamente si adegui alla nuova piazza”.
La delibera si conclude con l’autorizzazione dell’originaria concessionaria a presentare il progetto relativo al nuovo manufatto e dà atto che l’intervento costituisce “per una parte opera pubblica e per la parte residuale opera di pubblica utilità”.
Il progetto risulta essere stato approvato, sempre dalla Giunta, con la successiva delibera n. 182 del 26.7.2002.
Tale sequenza procedimentale rende evidente:
- che il rifacimento dell’edicola è stato sollecitato dal Comune nel quadro della risistemazione della piazza IV Novembre;
- che è stato deliberato anche il rifacimento dei servizi igienici pubblici, accorpandoli con l’edicola;
- che il titolare dell’edicola (nonché concessionario del suolo pubblico) si è contestualmente impegnato a garantire la gestione dei servizi igienici pubblici.
E’ quindi vero che l’edicola, come fatto osservare dal primo giudice, non è un manufatto precario e che ospita un attività commerciale.
Egli ha tuttavia non adeguatamente valutato che, insistendo il manufatto sul suolo pubblico ed essendo stato fisicamente accorpato ad un’opera incontestabilmente pubblica, ricorrevano tutti i presupposti per applicare l’art. 9.10 del Regolamento edilizio, secondo cui “il Sindaco, previa deliberazione del Consiglio comunale, ha facoltà di derogare dalle disposizioni del presente Regolamento e da quelle dei vigenti strumenti urbanistici limitatamente ai casi di edifici ed impianti pubblico o di interesse pubblico”, con la precisazione che (ultimo capoverso, punto 2): “per edifici ed impianti di interesse pubblico debbono intendersi quelli che, indipendentemente dalla qualità dei soggetti che li realizzano, enti pubblici o privati, siano destinati a finalità di carattere generale”.
Non è poi un caso che, nella fattispecie, gli elaborati progettuali siano stati approvati dalla stessa Giunta che aveva programmato la ristrutturazione dell’edicola e dei servizi igienici pubblici quali opere funzionali alla nuova sistemazione della piazza laddove, ove si fosse trattato di rilasciare un normale permesso di costruire, sarebbe stato sufficiente l’intervento del dirigente competente.
In definitiva, poiché l’edicola è stata realizzata su suolo pubblico ed è accorpata ad un’opera funzionale all’esercizio di un servizio pubblico, ricorre obiettivamente una delle ipotesi per cui, sia in base alle disposizioni codicistiche che a quelle regolamentari vigenti nel Comune di Barga, era possibile derogare alle disposizioni relative alle distanze dai confini da osservarsi nelle nuove costruzioni.
4. Per quanto appena argomentato, l’appello deve essere accolto, con il conseguente rigetto, in riforma della sentenza gravata, del ricorso di primo grado.
Appare tuttavia equo, in considerazione della peculiarità della vicenda, compensare integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, di cui in premessa, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinte il ricorso proposto in primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
Giuseppa Carluccio, Consigliere
L'ESTENSORE
Silvia Martino
IL PRESIDENTE
Antonino Anastasi
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Fonte: Cds
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