Sentenza Consiglio di Stato Sez. IV n. 2859 del 3 aprile 2025
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Sentenza Consiglio di Stato Sez. IV n. 2859 del 3 aprile 2025 / Esonero dal contributo di costruzione
ID 23971 | 13.05.2025 / In allegato
La strumentalità rispetto all’esercizio di un servizio pubblico non è sufficiente ad integrare la nozione di “impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale”, di cui all’art.17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001), in quanto la stessa dipende da scelte discrezionali e, quindi, revocabili, della società, dovendosi dunque concludere che a rilevare non è la destinazione che soggettivamente s’intende dare alla struttura, bensì la sua natura oggettiva: solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione. L'esenzione prevista dal citato art. 17 necessita infatti che l’opera sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo a tempo indeterminato dell’intera collettività.
sul ricorso numero di registro generale 3848 del 2023, proposto dal Comune di Aprilia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Naccarato e Massimo Sesselego, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
contro
la ditta R.I.D.A. Ambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Nicola Lais, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Nicotera, n. 29;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Latina, sezione prima, n. 843 del 2022.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della ditta R.I.D.A. Ambiente s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2025 il Cons. Emanuela Loria;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale.
FATTO e DIRITTO
1. Oggetto del presente giudizio è costituito dal provvedimento emesso dal Comune di Aprilia, datato 13 dicembre 2013 prot. n. 103891, con il quale l’amministrazione ha richiesto il contributo di costruzione (euro 162.000 circa) alla società R.I.D.A. Ambiente s.r.l. (RIDA) per l’impianto autorizzato di recupero e smaltimento rifiuti ai sensi dell’art. 208 d.lgs.152 del 2006.
1.1. L’appellata ha proposto ricorso al TAR per l’annullamento del suindicato provvedimento e degli atti presupposti (deliberazione del Consiglio comunale n. 71 del 2012 e deliberazione della Giunta comunale n. 213 del 2005).
1.2. Con la impugnata sentenza il T.A.R. per il Lazio, sede di Latina, ha accolto il ricorso proposto dalla RIDA e ha conseguentemente annullato il provvedimento impugnato compensando le spese del giudizio.
In particolare, la sentenza n. 843 del 2002 ha accolto il secondo motivo del ricorso di primo grado e ha conseguentemente stabilito che il contributo di costruzione per l’impianto di RIDA non sia dovuto.
2. Con l’appello in esame il Comune di Aprilia ha impugnato la suindicata sentenza T.a.r., deducendo i seguenti motivi:
I. ERROR IN JUDICANDO. Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 11, 16, 17 D.P.R. n. 380 del 2001). Difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, omessa valutazione di circostanze di fatto, difetto dei presupposti, illogicità e contraddittorietà della motivazione, avendo la sentenza erroneamente ritenuto che l’intervento edilizio de quo presenti i due requisiti richiesti dall’art. 17, comma 3, lett. c) D.P.R. n. 380 del 2001 ai fini dell’esenzione da contributo di costruzione.
Secondo l’appellante l’opera in questione riguarderebbe un impianto di trattamento rifiuti privato, realizzato da un soggetto anch’esso privato, che persegue finalità lucrative, non potendo dunque applicarsi la prima parte della lett. c) del comma 3 dell’art. 17 D.P.R. n. 380 del 2001.
Neppure sarebbe invocabile la seconda parte della lettera c) riferita alle opere di urbanizzazione secondaria, stante che manca il requisito della “previsione in attuazione degli strumenti urbanistici comunali”, poiché l’opera è stata assentita con variante puntuale imposta dall’esterno e non è realizzata in attuazione di strumenti urbanistici comunali, ma anzi in deroga agli stessi.
II. ERROR IN PROCEDENDO. Violazione e falsa applicazione di legge, violazione dell’art. 35, comma 1, lett. a) e 41 c.p.a., in relazione alla tardività del gravame avverso le deliberazioni 213/2005 e 71/2012.Il TAR ha inoltre errato nel non dichiarare preliminarmente la tardività.
Il T.A.R. non avrebbe rilevato la tardività dell’impugnazione e della D.G.C. n. 213/2005 e della D.C.C. n. 71/2012, atto riferito ad hoc all’intervento e all’impianto della ricorrente, con cui il Comune ha qualificato la destinazione dell’impianto della RIDA, affermando la volontà di richiedere gli oneri e stabilendo che «per la determinazione degli oneri concessori la zona “D RIDA” sia equiparata alle zone D2» che ha introdotto il presupposto e la fonte stessa della natura dell’obbligazione di corrispondere il contributo di costruzione.
3. L’appellata si è costituita in giudizio sostenendo che l’impianto gestito costituirebbe un’opera di urbanizzazione secondaria ai sensi dell’art. 4, comma 2, lett. g) della legge n. 847/67 e dell’art. 16 del d.P.R. n. 380/01 e che pertanto rientrerebbe nella seconda fattispecie prevista dall’art. l’art. 17, comma 3, lett. c) del D.P.R. n. 380 del 2001 e quindi l’opera andrebbe esente dal contributo richiesto.
4. Entrambe le parti hanno depositato memorie di replica.
5. Alla udienza pubblica del 6 marzo la causa è stata trattenuta in decisione.
6. In via preliminare, il Collegio rileva che la parte appellata non ha riproposto i motivi non esaminati dalla sentenza di primo grado per cui gli stessi si intendono rinunciati.
6.1. Nel merito l’appello è fondato e da accogliere per le motivazioni di seguito espresse.
7. Questione centrale del presente contenzioso è l’interpretazione dell’art. 17, comma 3, lett. C) del d.P.R. 380/2001, secondo periodo, che prevede espressamente che il contributo di costruzione non è dovuto nel caso di “impianti, le attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati in attuazione di strumenti urbanistici”.
Sul punto, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr. ex multis, sent. Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 3556/2023) ha affermato costantemente che “La strumentalità rispetto all’esercizio di un servizio pubblico non è sufficiente ad integrare la nozione di “impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale”, di cui all’art.17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001), in quanto la stessa dipende da scelte discrezionali e, quindi, revocabili, della società, “dovendosi dunque concludere che a rilevare non è la destinazione che soggettivamente s’intende dare alla struttura, bensì la sua natura oggettiva: solo laddove l’opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione” (Cons. Stato, Sez. IV, 31 agosto 2016, n. 3750).
L'esenzione prevista dal citato art. 17 necessita infatti che l’opera sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo a tempo indeterminato dell’intera collettività.
Nel caso di specie, manca questo connotato, non risultando presente alcuna forma di convenzione o di utilizzazione a favore del territorio (Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 4 del 2 gennaio 2020).”
Ed ancora (cfr. ex multis, sent Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 5074/2021): “Ebbene, va confermato in questa sede l’orientamento espresso da questo Consiglio (sezione IV sentenza n. 5942 del 17 ottobre 2018) in un caso analogo (realizzazione di un edificio con “destinazione a servizi sanitari diagnostici specialistici e farmacia”) concludendo nel senso dell’inapplicabilità dell’invocato regime di esenzione. In particolare, si è osservato che “univoco orientamento giurisprudenziale subordina il riconoscimento della gratuità del permesso di costruire, ossia l'esenzione dal contributo, ad un duplice requisito oggettivo e soggettivo: la destinazione funzionale dell'opera e la sua realizzazione a cura di soggetti pubblici, sia essa diretta o indiretta, e quindi, in questa seconda ipotesi, "...qualora (come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all'ente per conto del quale il privato abbia operato...(e in definitiva)...se il privato abbia agito quale organo indiretto dell'amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega" (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 febbraio 2016, n. 595; nello stesso senso ancora più di recente Sez. IV, 20 novembre 2017, n. 5356; nel senso che "...solo laddove l'opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica si potrà dunque configurare il presupposto per l'esonero dal pagamento del contributo di costruzione" vedi Sez. IV, 30 agosto 2016, n. 3721; nella prospettiva dell'evoluzione della nozione di pubblica amministrazione può ammettersi l’ampliamento del requisito soggettivo soltanto per "...soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un'attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longa manus della p.a.”: Sez. IV, 6 giugno 2016, n. 2394”. Deve quindi conclusivamente escludersi l’applicabilità della prima parte della norma per difetto del requisito soggettivo richiesto dalla stessa. Ritiene, inoltre, il Collegio (…)che l’appellante costituisce un soggetto imprenditoriale che per sua natura persegue uno scopo di lucro. In tal caso, infatti, il costo di costruzione assume una particolare giustificazione in ragione proprio della finalità lucrativa che l’ente commerciale persegue. Ritiene l’appellante che si deve accedere ad una lettura costituzionalmente orientata della norma che, in sintonia con l’art. 43 (che offre una concezione oggettiva di servizio pubblico) e del novellato art. 118 della Costituzione in tema di sussidiarietà, porterebbe alla piena equiparazione tra strutture pubbliche e private operanti in regime di convenzionamento/accreditamento. Anche tali deduzioni trascurano la consustanziale reversibilità della destinazione sanitaria e la finalità lucrativa cui essa è preordinata.
Nemmeno può fondatamente assumersi l’applicabilità della seconda parte della norma ritenendosi che l’immobile debba qualificarsi come opera urbanizzativa secondaria realizzata da soggetto privato. Valgono anche in tal caso le considerazioni rese da questo Consiglio con la mentovata pronuncia, osservandosi che “la disposizione richiede, infatti, che si tratti di opere realizzate "in attuazione di strumenti urbanistici”, ossia che vi sia una previsione specifica e puntuale di un'opera di urbanizzazione la cui realizzazione sia consentita anche a privati. In altri termini, deve rilevarsi la essenziale distinzione tra la conformità dell'opera alla destinazione di zona, e attuazione di destinazione, e quindi di previsione, specifica di piano. Il Collegio ritiene decisivo il rilievo di tale distinzione, dalla quale discende che la semplice riconduzione all'astratta tipologia di opera d'urbanizzazione secondaria non può considerarsi sufficiente ai fini dell'esenzione del contributo. Sotto tale aspetto non è casuale che l'art. 17 comma 3 lettera c) del D.P.R. n. 380 del 2001 ponga su un piano di equivalenza, ai fini dell'esonero dal contributo, “gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti”, e “le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”. L'equiparazione si giustifica proprio in funzione della circostanza che si tratta di specifiche opere urbanizzative individuate dallo strumento urbanistico, ancorché la loro realizzazione sia poi eseguita da privati, come accade ad esempio nel caso in cui nel quadro di una convenzione e a fronte di una iniziativa edificatoria il privato assuma l’onere di realizzare le specifiche opere urbanizzative previste in quella maglia”.
La stessa giurisprudenza amministrativa ha evidenziato il carattere eccezionale e derogatorio delle ipotesi di concessione edilizia gratuita, a fronte del principio generale che è, invece, quello della sua onerosità, cosicché l'esenzione dal contributo concessorio riguarda ipotesi tassative e da interpretare in senso restrittivo (Cons. Stat. sez IV, 29 dicembre 2023 n. 11329).
7.1. Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame, non vi è dubbio che l’intervento in esame sia stato realizzato con autorizzazione unica, che ha determinato una variante dello strumento urbanistico, da un soggetto privato per una finalità imprenditoriale.
L’opera in parola pertanto non rientra tra quelle di cui alla prima parte dell’art. 17, comma 3, lett. c) cit. che riguarda interventi non necessariamente correlati alla collettività locale di riferimento, quali «gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale» per i quali si chiede che siano realizzati «dagli enti istituzionalmente competenti», bensì nella seconda parte della citata disposizione ossia quella di «opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici».
In primo luogo, per essere legittimata all’esenzione dal contributo di costruzione l’opera deve contribuire con vincolo indissolubile all’erogazione diretta del servizio, non essendo sufficiente un rapporto strumentale tra le opere e il servizio, non idoneo a soddisfare direttamente interessi pubblici né essendo sufficiente che le opere rendano più agevole la fruizione del servizio (cfr. Cons. Stato n. 3422 del 2018).
In definitiva, il discrimine è nella diretta contribuzione delle opere alla erogazione del servizio pubblico.
La conseguenza è che non può assumere rilievo, ai fini dell’esenzione del pagamento, la possibilità che le opere in futuro, per effetto della concessione o di accordi convenzionali, possano divenire di proprietà pubblica, elemento mancante nel caso in esame.
Inoltre, nel caso in esame, manca anche l’ulteriore requisito previsto dalla disposizione sopra indicata poiché non può affermarsi neanche che l’opera sia stata realizzata in “attuazione dello strumento urbanistico”: invero, lo strumento urbanistico non la prevedeva tant’è che è stata realizzata una variante mercè lo strumento dell’autorizzazione unica che di fatto realizza per l’amministrazione locale una variante imposta dall’alto in quanto prevista ex lege.
Conseguentemente, l’opera pacificamente non rientra - anche alla luce della consolidata giurisprudenza amministrativa sopra richiamata – nel caso di esenzione dal contributo di costruzione che pertanto è dovuto, con la conseguente legittimità del provvedimento impugnato.
8. Conclusivamente, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
9. Le spese del doppio grado seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna l’appellata R.I.D.A. Ambiente s.r.l. a rifondere al Comune di Aprilia le spese del doppio grado nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila) oltre accessori come per legge se dovuti (I.V.A., C.P.A. spese generali al 15%).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere, Estensore
Luigi Furno, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere
__________
Art. 17 (L)
Riduzione o esonero dal contributo di costruzione (legge 28 gennaio 1977, n. 10, articoli 7, comma 1; 9; decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, articoli 7 e 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94; legge 24 marzo 1989, n. 122, art. 11; legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 26, comma 1; legge n. 662 del 1996, art. 2, comma 60)
1. Nei casi di edilizia abitativa convenzionata, relativa anche ad edifici esistenti, il contributo afferente al permesso di costruire è ridotto alla sola quota degli oneri di urbanizzazione qualora il titolare del permesso si impegni, a mezzo di una convenzione con il comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo prevista dall'articolo 18.
2. Il contributo per la realizzazione della prima abitazione è pari a quanto stabilito per la corrispondente edilizia residenziale pubblica, purché sussistano i requisiti indicati dalla normativa di settore.
3. Il contributo di costruzione non è dovuto:
a) per gli interventi da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell'imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153;
b) per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari;
c) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici;
d) per gli interventi da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità;
e) per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia, alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela dell'assetto idrogeologico, artistico-storica e ambientale.
4. Per gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato, nonché per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 6, comma 2, lettera a), qualora comportanti aumento del carico urbanistico, il contributo di costruzione è commisurato alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione, purché ne derivi un aumento della superficie calpestabile.
4-bis. Al fine di agevolare gli interventi di rigenerazione urbana, ((di decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo,)) di ristrutturazione, nonché di recupero e riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore del 20 per cento rispetto a quello previsto dalle tabelle parametriche regionali. I comuni hanno la facoltà di deliberare ulteriori riduzioni del contributo di costruzione, fino alla completa esenzione dallo stesso.
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