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Interpello ambientale 08.09.2023 - Messa in sicurezza permanente

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Interpello ambientale 08 09 2023   Messa in sicurezza permanente

Interpello ambientale 08.09.2023 - Messa in sicurezza permanente ai sensi del titolo V del d.lgs. 152/2006

ID 21429 | 27.02.2024 / In allegato Testo interpello Ambientale 

L’art. 27 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha introdotto, all’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, l’istituto dell’interpello in materia ambientale, che consente di inoltrare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale. Una possibilità riconosciuta a Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Città metropolitane, Comuni, associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni o province autonome.

TUA | Testo Unico Ambiente
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Art. 3-septies (Interpello in materia ambientale)

1. Le regioni,le Province autonome di Trento e Bolzano, le province, le citta' metropolitane, i comuni, le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni o province autonome di Trento e Bolzano, possono inviare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia ambientale. La risposta alle istanze deve essere data entro novanta giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze di cui al presente comma costituiscono criteri interpretativi per l'esercizio delle attivita' di competenza delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, salva rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell'istante. Resta salvo l'obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l'istanza sia formulata da piu' soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Ministero della transizione ecologica puo' fornire un'unica risposta.

2. Il Ministero della transizione ecologica, in conformita' all'articolo 3-sexies del presente decreto e al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, pubblica senza indugio le risposte fornite alle istanze di cui al presente articolo nell'ambito della sezione "Informazioni ambientali" del proprio sito internet istituzionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, previo oscuramento dei dati comunque coperti da riservatezza, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

3. La presentazione delle istanze di cui al comma 1 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, ne' sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

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Interpello ambientale 08.09.2023

Oggetto: Richiesta chiarimenti su messa in sicurezza permanente ai sensi del Titolo V della parte quarta del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152

In applicazione del disposto normativo di cui in oggetto, il Comune di Castelnuovo del Garda, con nota del 18 luglio 2023, assunta agli atti di questa Amministrazione in pari data al prot.113856, ha formulato una serie di quesiti inerenti il procedimento di messa in sicurezza permanente.

Premette in Comune istante, letto l’art.240 del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152, che su detta disposizione normativa, l’interpello in materia ambientale riguardante la messa in sicurezza permanente richiesto dalla Provincia di Verona, con nota prot. 3866 del 14 gennaio 2022 aveva dato risposta ad alcuni quesiti riguardanti l’interpretazione della definizione di Messa in Sicurezza Permanente (MISP) da applicare alle procedure di approvazione da parte degli Enti.

In particolare, lo stesso aveva delineato con maggior precisione alcune caratteristiche peculiari della messa in sicurezza permanente, e segnatamente:

- la messa in sicurezza permanente può essere selezionata, in conclusione di un accurato processo di valutazione delle diverse opzioni di ripristino applicabili, solo qualora le tecniche di bonifica dovessero risultare meno efficaci, non sostenibili economicamente ovvero non compatibili con la prosecuzione delle attività produttive già in esercizio sul sito;

- la messa in sicurezza permanente deve isolare (letteralmente traducibile nella completa separazione sia orizzontale che verticale) la/e matrice/i ambientale/i contaminata/e (suolo, sottosuolo, materiali di riporto, acque sotterranee) dalle matrici limitrofe, in modo definitivo (quindi non temporaneo/provvisorio ma conclusivo e persistente nel tempo) ed idoneo a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza (in altri termini la massima protezione) per le persone e per l’ambiente; con la precisazione che tale isolamento può anche essere costituito da elementi naturali, quindi elementi che naturalmente determinano l’isolamento;

- la messa in sicurezza permanente non deve essere soltanto un’interruzione dei percorsi di esposizione, in modo da impedire la migrazione dei contaminanti all’esterno dell’area oggetto di intervento, ma un completo marginamento su tutti i lati della matrice compromessa.

Tali precisazioni, osserva il Comune istante, lascerebbero tuttavia aperte delle difficoltà interpretative.

Innanzitutto, non sarebbe facilmente declinabile il concetto di “interruzione dei percorsi di esposizione”, che non dovrebbe essere, osserva il Comune, la finalità della MISP, atteso che secondo l’Allegato 1 alla Parte IV Titolo V del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152 la definizione dei percorsi di esposizione è formulata come segue:

“Le modalità di esposizione (percorsi) attraverso le quali può avvenire il contatto tra l’inquinante ed il bersaglio variano in funzione delle vie di esposizione sopra riportate e sono distinguibili in:

- ingestione di acqua potabile.
- ingestione di suolo.
- contatto dermico.
- inalazione di vapori e particolato”.

Ne deriva, osserva ancora il Comune, che gli interventi di interruzione dei percorsi di esposizione, richiamati nella risposta del Ministero, sembrerebbero essere quelli che bloccano la migrazione degli inquinanti al di fuori dell’area contaminata, come per esempio una serie di azioni regolatorie o divieti per impedire il contatto tra bersaglio e sorgente o azioni che non possano avere l’effetto della definitività.

E’ evidente come, invece, una MISP debba prevedere il confinamento definitivo della sorgente in modo che non possa più migrare ed andare ad inquinare altre zone o raggiungere i recettori. Con la conseguenza che una barriera fisica che blocca il contatto dermico e l’ingestione interrompe senz’altro il percorso di esposizione ma rappresenta anche un confinamento della sorgente che quindi rientra a tutti gli effetti in una messa in sicurezza permanente.

Fattualmente, prosegue il Comune, il progetto effettivo di confinamento della matrice contaminata però dipenderà sia dalle caratteristiche sito-specifiche sia della sorgente di contaminazione che dell’ambiente circostante.

Non sarebbe per gli effetti chiaro il concetto di “definitività” dell’opera di MISP, in quanto quest’ultima risulta sempre relativa alle caratteristiche sito specifiche e alla tipologia di inquinante oltre che alla sorgente.

Inoltre, il confinamento legato alla MISP è relativo alle matrici coinvolte. Nel caso di acque sotterranee contaminate, detto confinamento, per svolgere la sua funzionalità, deve essere declinato su tutti i lati e sul fondo (che può essere costituito da materiale naturale argilloso) e deve possedere requisiti di impermeabilità, ma nel caso di suolo contaminato che ha interrotto la sua capacità di rilasciare contaminanti, per evitare che entri in contatto con altre matrici, con recettori o con altri suoli, diversamente il confinamento dovrà possedere requisiti di persistenza e stabilità funzionali al confinamento stesso. Pertanto, se al di sotto del suolo contaminato è comunque presente uno strato di terreno con sufficienti caratteristiche geotecniche e di persistenza, alla stregua delle acque, lo stesso potrebbe essere comunque fattualmente considerato come un confinamento naturale.

Oltretutto, ad avviso del Comune, non sarebbe chiaro se l’intervento di messa in sicurezza debba essere legato a degli obiettivi di bonifica, oppure se debba garantire l’assoluto confinamento di qualsiasi via di migrazione, anche nel caso in cui al recettore non vi sia alcun rischio sanitario ambientale superiore al limite consentito. Di fatto, se fosse confermata la validità del secondo caso, questa sembrerebbe essere in contraddizione con i fini ultimi dell’analisi del rischio così come prevista dal D.lgs. 3 aprile 2006 n.152.

Invero, l’art. 242 comma 7 prevede che: “Qualora gli esiti della procedura dell'analisi di rischio dimostrino che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile sottopone alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito.”

Al contempo, prosegue il Comune, l’Allegato 3 Parta IV Titolo V stabilisce che:” Gli obiettivi di bonifica o della messa in sicurezza permanente sono determinati mediante un’analisi di rischio condotta per il sito specifico secondo i criteri di cui all’Allegato 1, e devono tener conto della specifica destinazione d’uso prevista.

Gli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono assicurare per ciascun sito in esame il raggiungimento degli obiettivi previsti col minor impatto ambientale e la maggiore efficacia, in termini di accettabilità del rischio di eventuali concentrazioni residue nelle matrici ambientali e di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.”

Alla luce di quanto sopra, parrebbe quindi acclarato, afferma il Comune, che anche in caso di MISP, gli obiettivi debbano essere valutati con un’analisi di rischio. L’analisi di rischio dovrebbe infatti supportare le valutazioni tecniche sulle caratteristiche prestazioni delle “barriere” o confinamenti da mettere in atto.

Fatte queste premesse, il Comune ha proposto i seguenti quesiti interpretativi:

1) si chiede di chiarire se il concetto di confinamento (letteralmente traducibile nella completa separazione sia orizzontale che verticale) della/e matrice/i ambientale/i contaminata/e,
debba essere intesa come “sarcofago” in ogni caso, oppure se il confinamento debba essere proporzionato e calibrato sulla base della specifica matrice effettivamente contaminata e delle caratteristiche naturali del sito in cui si colloca;

2) nel caso di acqua sotterranea e suolo inquinati, una volta effettuata una bonifica delle acque (riduzione delle concentrazioni al di sotto delle CSC) e venga dimostrato o raggiunto l’esaurimento della sorgente di contaminazione (primaria o secondaria), si chiede di chiarire se sia possibile effettuare la messa in sicurezza del suolo (una volta dimostrata la non fattibilità della bonifica) attraverso la messa in opera di uno strato superficiale con spessori e caratteristiche tali da garantire la definitività dell’intervento sulla base anche dell’utilizzo finale dell’area e delle risultanze dell’analisi di rischio, verificando e garantendo la definitività e durabilità del confinamento tramite azioni di monitoraggio o di limitazione d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici in essere sul sito oggetto di MISP;

3) si chiede di chiarire se gli obiettivi della messa in sicurezza debbano essere valutati comunque con un’analisi di rischio, che supporti la valutazione tecnica della appropriatezza del sistema di confinamento da mettere in atto.

Letti i quesiti, si forniscono i chiarimenti normativi richiesti nei termini che seguono.

In primis, deve annotarsi come parte dei quesiti proposti dal Comune di Castelnuovo abbia trovato risposta già nell’atto di interpello, espressamente citato dal Comune e poc’anzi richiamato, a suo tempo proposto dalla Provincia di Verona, in cui il Ministero, al punto b), aveva pienamente ed espressamente convalidato l’assunto della Provincia istante, secondo cui la MISP “deve garantire l’isolamento (letteralmente traducibile nella completa separazione sia orizzontale che verticale) della/e matrice/i ambientale/i contaminata/e (suolo, sottosuolo, materiali di riporto, acque sotterranee) dalle matrici limitrofe. Tale isolamento deve essere definitivo (quindi non temporaneo/provvisorio ma conclusivo e persistente nel tempo) ed idoneo a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza (in altri termini la massima protezione) per le persone e per l’ambiente.

L’integrità e l’efficacia degli apprestamenti posti in essere secondo i suddetti criteri devono essere verificate sia in fase esecutiva che di post-operam tramite piani di monitoraggio e controllo e devono essere scelti per il sito utilizzi compatibili con le opere realizzate, prescrivendo all’occorrenza limitazioni d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici”.

Ne deriva, da un lato, come il Ministero avesse già chiarito che la mera interruzione dei percorsi fosse circostanza sì necessaria, ma non sufficiente, affinchè possa essere legittimamente autorizzato un intervento di MISP di terreni, che richiede, come detto, che l’isolamento sia completo (non essendo quindi sufficiente l’apposizione del solo strato superficiale) con l’ulteriore precisazione che il confinamento può essere anche naturale, e non necessariamente attuato per tramite del cd. sarcofago.

Ne deriva che già nell’interpello di cui alla nota prot.3866 del 14 gennaio 2022 più volte citato, il Ministero, in termini generali, aveva confermato, in ossequio a quanto disposto dall’art.240 comma 1 lett.o) del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152, che nel caso in cui, al di sotto del suolo contaminato, sia presente uno strato di terreno con sufficienti caratteristiche geotecniche e di persistenza, lo stesso possa essere considerato come un confinamento naturale e che, in termini generali, esaurite le fonti di contaminazione primarie e secondarie, possa essere assentibile, alle condizioni poc’anzi precisate, una MISP realizzata per tramite dell’apposizione di uno strato superficiale con spessore tale da garantire la definitività dell’intervento.

In ogni caso, come già precisato nella citata nota prot. 3866 del 14 gennaio 2022, l’applicazione concreta delle norme di cui al Titolo Quinto della Parte Quarta del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152 e dei principi che ne conseguono è rimessa all’Amministrazione competente, chiamata a svolgere valutazioni, anche di natura tecnica, che possono condurre ad esiti differenti alla luce delle specificità che caratterizzano le fattispecie di volta in volta esaminate.

Da ultimo, si conferma come, per espressa previsione normativa, gli obiettivi di bonifica/MISP debbano essere stabiliti, per ciascuna matrice ambientale, per tramite dell’Analisi di rischio sito specifica, che tenga conto della specifica destinazione d’uso prevista.

Per gli effetti, l’area si intenderà bonificata, ovvero oggetto di messa in sicurezza permanente, allorquando, per ciascuna matrice contaminata, i singoli contaminanti risultino essere al di sotto delle CSC, ovvero delle CSR calcolate per tramite dell’Analisi di rischio (cfr. art.240 comma 1 lett.f) del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152), da effettuarsi in modalità inversa. Raggiunto tale obiettivo, non si renderanno all’evidenza necessari interventi di MISP.

Fonte: MASE

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