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Proposta revisione direttiva trattamento delle acque reflue urbane

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Proposta revisione direttiva acque reflue urbane

Proposta revisione direttiva trattamento delle acque reflue urbane

ID 21268 | 31.01.2024

La direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane ("la direttiva") è stata adottata nel 1991. La direttiva ha lo scopo di proteggere l'ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue da fonti urbane e settori specifici. Gli Stati membri sono tenuti a garantire che le acque reflue provenienti da tutti gli agglomerati con oltre 2000 abitanti siano raccolte e trattate secondo le norme minime dell'UE. Devono anche designare "aree sensibili" secondo i criteri contenuti nella direttiva, soggette a norme e a scadenze più rigorose. Ogni due anni gli Stati membri riferiscono in merito all'attuazione della direttiva; le informazioni sono pubblicate dalla Commissione in relazioni biennali.

Un'approfondita valutazione REFIT ("la valutazione") della direttiva, conclusa nel 2019, ha confermato che l'attuazione della direttiva ha comportato una notevole riduzione delle emissioni inquinanti. Nel territorio dell'UE, le acque reflue provenienti da circa 22000 città corrispondenti all'inquinamento di circa 520 milioni di abitanti equivalenti (a.e.) sono trattate in sistemi centralizzati. Gli effetti sulla qualità di laghi, fiumi e mari dell'UE sono visibili e tangibili.

Uno dei motivi principali dell'efficacia della direttiva risiede nella semplicità delle sue prescrizioni, che ne consente l'applicazione diretta. Oggi il 98% delle acque reflue dell'UE è raccolto adeguatamente e il 92% è trattato adeguatamente, anche se un numero limitato di Stati membri incontra ancora difficoltà a raggiungere la piena conformità. I fondi europei forniscono un sostegno essenziale per aiutare gli Stati membri a realizzare gli investimenti necessari. In media ogni anno 2 miliardi di EUR sono destinati a investimenti per l'approvvigionamento idrico e i servizi igienico-sanitari nell'UE. Secondo la valutazione, questo approccio che combina misure di applicazione e sostegno finanziario ha pagato e ha contribuito a garantire progressivamente livelli elevati di conformità alla direttiva.

Gli operatori del settore delle acque reflue sono principalmente (60%) società di diritto pubblico di proprietà delle autorità pubbliche competenti. Può trattarsi anche di società private che operano per un'autorità pubblica competente, o di società miste. Fanno parte di un mercato "vincolato", poiché le persone e le imprese collegate alla rete pubblica non possono scegliere i propri operatori. La valutazione e il processo di consultazione hanno confermato che il settore è prevalentemente reattivo ai requisiti di legge.

La valutazione ha individuato tre serie principali di sfide rimanenti, sulle quali si è basata la definizione dei problemi per la valutazione d'impatto.

1. Inquinamento residuo da fonti urbane: la direttiva è incentrata sull'inquinamento da fonti domestiche raccolte e trattate in strutture centralizzate. Minore attenzione è prestata ad altre fonti di inquinamento urbano, che stanno diventando prevalenti (piccole città con meno di 2 000 a.e., strutture decentrate, inquinamento da acque meteoriche). I valori limite per il trattamento di alcuni inquinanti ormai sono datati rispetto ai progressi tecnici compiuti dal 1991 e sono emersi nuovi inquinanti, quali microplastiche o microinquinanti, che possono essere nocivi per l'ambiente o la salute pubblica già a livelli di concentrazione molto bassi.

2. Allineamento della direttiva al Green Deal europeo: dall'adozione della direttiva sono emerse nuove sfide sociali. Il Green Deal europeo pone obiettivi politici ambiziosi per contrastare i cambiamenti climatici, rafforzare la circolarità dell'economia dell'UE e ridurre il degrado ambientale. Nel settore delle acque reflue occorrono ulteriori sforzi per: ridurre le emissioni di gas a effetto serra (34,45 milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno – circa lo 0,86 % delle emissioni totali dell'UE), ridurre il consumo energetico (circa lo 0,8% dell'uso totale di energia nell'UE) e promuovere la circolarità migliorando la gestione dei fanghi (in particolare il recupero di azoto e fosforo e di sostanze organiche potenzialmente preziose) e aumentando il riutilizzo in sicurezza delle acque trattate.

3. Livello di governance insufficiente e disomogeneo: dalla valutazione e da studi dell'OCSE è emerso che il livello di prestazioni e trasparenza varia notevolmente da un operatore all'altro. Una relazione della Corte dei conti inoltre ha evidenziato che il principio "chi inquina paga" non è applicato in misura sufficiente. I metodi di monitoraggio e comunicazione potrebbero essere migliorati, in particolare con l'ulteriore digitalizzazione. La recente crisi COVID-19 ha dimostrato infine che le acque reflue sono una fonte molto rapida e affidabile di informazioni utili per la salute pubblica, se le autorità competenti per la salute e la gestione delle acque reflue sono ben coordinate.

La revisione della direttiva è uno dei risultati attesi del piano d'azione "inquinamento zero" (ZPA). L'obiettivo principale è affrontare le summenzionate sfide in modo efficiente in termini di costi, mantenendo la direttiva il più semplice possibile per garantire la corretta attuazione e applicazione delle sue prescrizioni.

- Coerenza con le disposizioni vigenti nel settore normativo interessato

La revisione della direttiva dovrebbe ridurre ulteriormente gli scarichi inquinanti provenienti da fonti urbane. In tal senso è direttamente collegata alla revisione degli elenchi di inquinanti nell'ambito della direttiva Standard di qualità ambientale e della direttiva Acque sotterranee, due direttive "figlie" della direttiva quadro Acque, che disciplinano i livelli accettabili di inquinanti nei corpi idrici superficiali e sotterranei. La revisione della direttiva avrà un impatto positivo sui futuri riesami della direttiva quadro Strategia per l'ambiente marino e sul riesame della direttiva Acque di balneazione. È connessa anche alla revisione della direttiva Emissioni industriali e al relativo riesame del regolamento E-PRTR , poiché alcune emissioni industriali sono raccolte in reti fognarie pubbliche. Azioni aggiuntive comprese nella revisione della direttiva intese a ridurre ulteriormente i microinquinanti, in particolare provenienti dall'uso di prodotti farmaceutici e per la cura personale, contribuiranno all'attuazione efficace della strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili e della strategia farmaceutica.

Il piano d'azione per l'economia circolare indica chiaramente che occorre una migliore integrazione del settore delle acque reflue urbane nell'economia circolare. Si tratta di un aspetto di particolare rilievo per la direttiva Fanghi di depurazione, che disciplina l'utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura e presenta implicazioni per le proposte in materia di salute del suolo annunciate nella strategia dell'UE per il suolo per il 2030.

Esistono collegamenti diretti con la strategia sulla biodiversità, poiché la riduzione dell'inquinamento idrico esercita un effetto benefico diretto sugli ecosistemi. Le azioni per l'aumento degli spazi verdi nelle città, come quelle derivanti dalla legge sul ripristino della natura, oltre a creare un habitat favorevole per impollinatori, uccelli e altre specie, contribuiscono direttamente al controllo delle acque meteoriche e del relativo inquinamento, migliorando nel contempo la qualità di vita complessiva. Una migliore gestione dell'acqua nelle aree urbane, in termini qualitativi e quantitativi, contribuirà anche all'adattamento climatico.

- Coerenza con le altre normative dell'Unione

La nuova realtà geopolitica impone all'UE di accelerare drasticamente la transizione verso l'energia pulita per porre fine alla dipendenza da fornitori inaffidabili e combustibili fossili volatili. In linea con gli obiettivi del piano REPowerEU e della proposta legislativa del 2022 COM(2022) 222 che modifica la direttiva Rinnovabili, che identifica già i siti di trattamento delle acque reflue come "zone di riferimento", la revisione della direttiva dovrebbe contribuire direttamente a tali scopi, fissando un obiettivo chiaro e misurabile per raggiungere la neutralità energetica nel settore del trattamento delle acque reflue entro il 2040. L'esperienza degli Stati membri più avanzati dimostra che tale risultato si può conseguire mediante una combinazione di azioni volte a migliorare l'efficienza energetica, in linea con il principio "efficienza energetica al primo posto", e attraverso la produzione di energie rinnovabili, in particolare di biogas dai fanghi, che può sostituire le importazioni di gas naturale.

Tale obiettivo è pienamente coerente con l'obiettivo di neutralità climatica dell'UE contenuto nella normativa europea sul clima combinato con il regolamento Condivisione degli sforzi , che richiede agli Stati membri di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dai settori non ETS secondo gli obiettivi nazionali. È coerente anche con la recente proposta di rifusione della direttiva Efficienza energetica che prevede un obiettivo di riduzione annuale del consumo di energia per tutti gli enti pubblici dell'1,7 %, con la proposta del 2021 di una revisione della direttiva Rinnovabili e con il piano REPowerEU, che prevede un obiettivo aumentato pari al 45 % di energie rinnovabili entro il 2030. L'iniziativa potrebbe anche contribuire all'obiettivo del piano REPowerEU di incrementare la produzione di biometano nell'UE a 35 miliardi di metri cubi nel 2030, e alla proposta della Commissione COM(2021) 805 del 2021 di un regolamento sulla riduzione delle emissioni di metano.

La revisione della direttiva è anche pienamente allineata alle proposte finali della Conferenza sul futuro dell'Europa, in particolare quelle riguardanti la lotta all'inquinamento, nello specifico la proposta 2.7 "tutelare le risorse idriche e combattere l'inquinamento degli oceani e dei fiumi, anche attraverso la ricerca e la lotta all'inquinamento da microplastiche".

La proposta infine contribuirà direttamente al principio 20 del pilastro europeo dei diritti sociali. L'UE è anche impegnata nei confronti dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e dei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), come l'OSS 6 sull'accesso a servizi igienico-sanitari adeguati ed equi per tutti.

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Il 29.01.2024 i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico provvisorio su una proposta di revisione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane del 26 Ottobre 2022. La direttiva riveduta è uno degli obiettivi chiave del piano d'azione dell'UE "inquinamento zero".

Riconoscendo il potenziale del settore del trattamento delle acque reflue di contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell'UE, le nuove norme introducono un termine per conseguire la neutralità energetica nel settore, nonché un regime di responsabilità estesa del produttore per garantire un contributo equo dei settori più inquinanti al trattamento delle acque reflue per i microinquinanti.

L'accordo è provvisorio in attesa dell'adozione formale da parte di entrambe le istituzioni.

Ambito di applicazione della direttiva

Per affrontare il problema dell'inquinamento proveniente dai piccoli agglomerati, i colegislatori hanno ampliato l'ambito di applicazione della direttiva a tutti gli agglomerati con 1 000 abitanti equivalenti (a.e.) o più, rispetto ai 2 000 a.e. dell'attuale direttiva. Ai fini della direttiva, il numero di abitanti equivalenti è un parametro utilizzato per definire le quantità di acque reflue in termini di carico inquinante potenziale delle acque causato da una persona in un giorno, mentre per "abitante equivalente" si intende il carico organico biodegradabile giornaliero avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni di 60 g di ossigeno al giorno.

Reti fognarie e piani di gestione delle acque reflue

I colegislatori hanno convenuto che l'obbligo di realizzare reti fognarie per le acque reflue urbane dovrebbe essere esteso a tutti gli agglomerati con 1 000 a.e. o più. Hanno inoltre posticipato il termine per conformarsi a tale obbligo dal 2030 al 2035 al fine di concedere tempo sufficiente per adeguarsi ai nuovi requisiti. Hanno introdotto una serie di deroghe, anche per gli agglomerati più piccoli che scaricano nelle zone costiere, per gli scarichi in aree meno sensibili e per gli Stati membri che hanno aderito all'UE più di recente, come la Romania, la Bulgaria e la Croazia.

Se la realizzazione di una rete fognaria non è giustificata, fattibile o efficace sotto il profilo dei costi, gli Stati membri possono utilizzare sistemi individuali per raccogliere e trattare le acque reflue urbane.

Il testo fissa i termini entro cui gli Stati membri devono elaborare un piano integrato di gestione delle acque reflue urbane che comprenda gli agglomerati con oltre 100 000 a.e. entro il 2033 e gli agglomerati a rischio con un numero di a.e. compreso tra 10 000 e 100 000 entro il 2039. Tali piani integrati di gestione saranno riesaminati almeno ogni sei anni, in linea con la direttiva quadro sulle acque.

Trattamento delle acque reflue

Il Consiglio e il Parlamento hanno esteso l'obbligo di sottoporre le acque reflue urbane a un trattamento secondario (ossia la rimozione della materia organica biodegradabile) prima dello scarico nell'ambiente a tutti gli agglomerati con 1 000 a.e. o più entro il 2035. Si applicano deroghe agli agglomerati più piccoli e agli Stati membri che hanno aderito all'UE di recente e che pertanto hanno già dovuto effettuare più recentemente investimenti significativi per attuare l'attuale direttiva (ossia Romania, Bulgaria e Croazia).

I colegislatori hanno inoltre allineato le soglie e i termini per il trattamento terziario (ossia l'eliminazione dell'azoto e del fosforo) e il trattamento quaternario (ossia l'eliminazione di un ampio spettro di microinquinanti). Entro il 2039 e il 2045, rispettivamente, gli Stati membri dovranno garantire l'applicazione del trattamento terziario e quaternario negli impianti di maggiori dimensioni che trattano un carico di 150 000 a.e. o più, con traguardi intermedi nel 2033 e nel 2036 per il trattamento terziario e nel 2033 e 2039 per il trattamento quaternario. I colegislatori hanno convenuto di estendere gli obblighi di trattamento terziario e quaternario entro il 2045 per gli agglomerati più piccoli con 10 000 a.e. o più che scaricano in zone che soddisfano determinati criteri basati sul rischio. Hanno introdotto una deroga all'obbligo relativo al trattamento terziario nei casi in cui le acque reflue urbane trattate sono riutilizzate per l'irrigazione agricola, a condizione che non vi siano rischi ambientali e sanitari.

Responsabilità estesa del produttore

Per coprire i costi aggiuntivi derivanti dal trattamento quaternario e in linea con il principio "chi inquina paga", i produttori di prodotti farmaceutici e cosmetici che provocano l'inquinamento delle acque reflue urbane con microinquinanti dovrebbero contribuire almeno all'80% dei costi di tale trattamento supplementare mediante un regime di responsabilità estesa del produttore.

I colegislatori hanno convenuto di lasciare agli Stati membri un margine di flessibilità sulle modalità di ripartizione dei costi rimanenti. I costi per la raccolta e la verifica dei dati sui prodotti immessi sul mercato dovranno essere sostenuti anche dai produttori. I colegislatori hanno incaricato la Commissione di valutare il potenziale impatto di tale disposizione sull'accessibilità, anche economica, dei medicinali.

Neutralità energetica ed energie rinnovabili

I colegislatori hanno convenuto che il settore del trattamento delle acque reflue urbane potrebbe svolgere un ruolo significativo nel ridurre notevolmente le emissioni di gas a effetto serra e nell'aiutare l'UE a conseguire il suo obiettivo di neutralità climatica. Hanno introdotto un obiettivo di neutralità energetica, il che significa che, entro il 2045, gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane dovranno produrre energia da fonti rinnovabili, in base ad audit energetici periodici, con traguardi intermedi progressivi. Tale energia può essere prodotta in loco o altrove e fino al 35% dell'energia da fonti non fossili può essere acquistato da fonti esterne, percentuale che si applica solo all'obiettivo finale.

L'accordo provvisorio sarà ora sottoposto per approvazione ai rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio (Coreper) e alla commissione per l'ambiente del Parlamento. Se approvato, il testo dovrà poi essere formalmente adottato dalle due istituzioni, previa messa a punto da parte dei giuristi-linguisti, prima che la direttiva possa essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'UE ed entrare in vigore.

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Fonte: CE

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Tags: Ambiente Reflui Rifiuti

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