Distanza tra edifici

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Distanza tra edifici

Distanza tra edifici (Distanza tra le costruzioni) / Update Rev 6.0 del 21 Febbraio 2024

ID 8052 | Rev. 6.0 del 21.02.2024 / Documento completo in allegato

In allegato Legislazione, Giurisprudenza, Documento illustrato, altra Documentazione (E. Mori) sulle distanze tra edifici.

Excursus

Le distanze in edilizia sono disciplinate dagli artt. 873, 874, 875 e 877 del Codice Civile. L’art. 873 stabilisce che “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.”

Distanza 3 metri

fabbricati pertanto, se non sono costruiti in aderenza sul confine, devono rispettare l’inderogabile distanza di tre metri l’uno dall’altro. Proprio su questo tema si è espressa di recente la sentenza n. 10318 del 19/05/2016 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, che stabilisce che il principio di prevenzione temporale è applicabile a chi costruisce per primo, anche se lo strumento urbanistico locale non consente la costruzione in aderenza o non prevede una distanza minima.

Distanza 5 metri

Chi edifica per primo, quindi, impone a chi edifica successivamente la distanza da rispettare. Quest’ultimo potrà, pertanto, decidere se costruire in aderenza o in appoggio, oppure arretrare fino a mantenere la distanza minima stabilita. La maggior parte degli strumenti urbanistici locali, inoltre, stabilisce che la distanza minima di un fabbricato dai confini di proprietà sia almeno di cinque metri.

Distanza 10 metri

Per quanto riguarda, invece, le distanze tra edifici antistanti aventi almeno una parete finestrata, l’art. 9 del D.M. 1444/1968 prescrive una distanza minima assoluta di 10 metri.

Update 21.02.2024

Sentenza Consiglio di Stato 17.7.2023 n. 7004

Calcolo delle distanze con riferimento alle pareti finestrate dell’edificio adiacente, alla luce della giurisprudenza in materia di criteri per calcolare la distanza minima fra i fabbricati di cui all’art. 9 del D.M. 1444 del 1968.

Il Consiglio di Stato in considerazione della ratio della suddetta disposizione, che è volta ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario con orientamento unanime ed omogeneo dal quale non v’è motivo di discostarsi in questa sede, ha chiarito che "la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall'art. 9 del DM. 2 aprile 1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela" (Consiglio Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909; Cons. Stato 7731/2010).

La medesima giurisprudenza, quanto alla nozione di “pareti finestrate” le ha individuate, non solo nelle pareti munite di "vedute", ma più in generale in tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l'esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce) e considerato altresì che basta che sia finestrata anche una sola delle due pareti (Corte d'Appello, Catania, 22 novembre 2003; Consiglio di Stato, sez. IV 22 ottobre 2013 n. 5557), e tale principio è stato ribadito anche dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 166/2018.

Update 22.09.2023

Ordinanza CC sez. II n. 4025 del 9 febbraio 2023

Le norme sulle distanze tra edifici si applicano anche ai cortili

«Le norme sulle distanze tra le costruzioni contenute nel codice civile nonché quelle, più restrittive, che integrano le prime devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra edifici e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili, le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall'appartenenza di essi ad un unico o a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni e non possono escludere l'applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze».

Update 19.10.2021

Sentenza Consiglio di Stato n. 5830 del 9 agosto 2021

Distanze tra edifici: il limite dei 10 metri non si applica ai centri storici

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5830 del 9 agosto 2021, ribaltando la decisione assunta in primo grado dal TAR, ha affermato che il limite di 10 metri previsto all’articolo 9 del DM 1444/1968 per le “nuove costruzioni” non è riferito ai centri storici ma alle “altre zone”.

Tra le motivazioni poste alla base della decisione il Consiglio di Stato ha ritenuto che:

- il DM 1444/1968 nel disciplinare le zone A (centri storici) ha prescritto in questi casi che la distanza “non sia inferiore a quella intercorrente tra i volumi edificati preesistenti”;
- il limite dei 10 metri si applica solo alle “nuove costruzioni” ed è riferito alle “altre zone” ossia diverse da quelle delle zone A – centro storico e non può essere data una interpretazione più ampia di quella che può esserne tratta in via letterale.

Sentenza Consiglio di Stato sez. II n. 4465 10 luglio 2020

Metodo lineare per il calcolo delle distanze

"con riferimento alla disposizione contenuta nell'art. 9, comma 1, n. 2, del DM 1444/1968, che impone la distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, le distanze tra fabbricati non si misurano in modo radiale, come invece avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare tracciando linee perpendicolari tra gli edifici".

Sentenza Corte di Cassazione n. 7285 del  07 Aprile 2005

La misura della distanza tra edifici si applica solo a quelli fronteggianti ed effettuata in modo lineare

"la misura della distanza si applica, in analogia con la distanza prescritta dall’art. 873 c.c., soltanto alle pareti che si fronteggiano e la misurazione deve essere effettuata in modo lineare e non radiale (o a raggio), come invece previsto in materia di vedute (art. 907 c.c.).

Update 03.05.2021

Il Decreto Legge 21 giugno 2013 n. 69 aveva introdotto con l'Art. 30, disposizioni derogatorie al DPR n. 380/2001 con l'aggiunta dell'Art. 2-bis (seguentemente modificato dal decreto legge 32/2019):

"Art. 2-bis. (Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati).

1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprieta' e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attivita' collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali";
...

Update 17.06.2019

Con il nuovo articolo 5, comma 1, lettera b del decreto legge 32/2019, "Sblocca Cantieri", convertito in Legge 14 giugno 2019 n. 55, il legislatore ha inserito modifiche all'Art. 2-bis del DPR n. 380/2001, e di conseguenza l’art. 9 del D.M. 1444/1968stabilendo il concetto generale secondo cui gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti se rispettano le distanze legittimamente preesistenti (ovvero se si assicura la coincidenza dell’area di sedime e del volume di quello ricostruito rispetto a quello demolito).

Il D.M. 1444/1968 è la norma di riferimento per le distanze tra edifici antistanti aventi almeno una parete finestrata, all'Art. 9 prescrive una distanza minima assoluta di 10 metri in tutte le zone diverse dai centri storici.

Con la novella anche nelle opere di demolizione e ricostruzione (che prevedono una fase senza il vecchio e il nuovo edificio) le Regioni e Province potranno introdurre deroghe alle distanze previste dal D.M. 1444/1968, prevedendo quindi distanze inferiori per le demolizioni e ricostruzioni.

Decreto Legge 32/2019
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Art. 5. Norme in materia di rigenerazione urbana

1. Al fine di concorrere a indurre una drastica riduzione del consumo di suolo e a favorire la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente, a incentivare la razionalizzazione di detto patrimonio edilizio, nonché a promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione, ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili e di assicurare il miglioramento e l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente, anche con interventi di demolizione e ricostruzione:

a) all’articolo 2-bis , comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, le parole “possono prevedere” sono sostituite dalla seguente: “introducono”; e le parole “e possono dettare” sono sostituite dalla seguente: “nonché”;

b) all’articolo 2-bis dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti: «1 -bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. 

1 -ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo.».

DPR n. 380/2001
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Art. 2-bis. Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati 

1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprieta' e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano introducono (sostituite le parole "possono prevedere" con "introducono" dal Decreto Legge 32/2019), con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e nonché (sostituite le parole "e possono dettare" con "nonché" dal Decreto Legge 32/2019) disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attivita' collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.

1 -bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.

1 -ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo. 

Le distanze previste da legislazione statale prevalgono sempre sui regolamenti locali.

La giurisprudenza riconosce al D.M. 1444/1968 efficacia di legge dello Stato, essendo stato emanato su delega dell’art. 41-quinquies Legge 1150/1942 (c.d. legge urbanistica), cosicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità edilizia, altezza e distanza tra i fabbricati cui i comuni sono tenuti a conformarsi nella redazione o revisione dei loro strumenti urbanistici, prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica, con conseguente loro diretta operatività nei rapporti tra privati (tra le tante Cassazione civile, sezioni unite, 07/07/2011, n. 14953).

Il D.M. 1444/1968 prevale, quindi, sempre sulle eventuali norme diverse contenute nei regolamenti edilizi comunali. Ogni previsione regolamentare che si pone in contrasto con l'art.9 è illegittima.

L’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001 “Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati”,  ha cercato di risolvere la problematica dell'introduzioni di eventuali deroghe alle distanze e in generale agli standard urbanistici ed edilizi del D.M. 1444/1968 prevedendo la possibilità per le Regioni di introdurle. La Corte Costituzionale ha interpretato però l’art. 2-bis in modo molto restrittivo, ritenendo le deroghe applicabili solo se giustificate dall’esigenza di soddisfare interessi urbanistici che si concretizzino in “strumenti funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio”.

Sentenza Corte Costituzionale n. 30 del 21 febbraio 2020

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione alla disposizione della Regione Veneto (art. 9, comma 8-bis, della legge regionale n. 14 del 2009, come introdotto dalla legge regionale n. 32 del 2013) con cui è stato previsto, in deroga ai parametri di cui al D.M. 1444/1968, che le altezze degli edifici soggetti a demolizione e ricostruzione possano essere incrementate sino al 40% dell’edificio esistente. Corte costituzionale, 21 febbraio 2020, n. 30 – Pres. Cartabia, Red. Barbera.

Sentenza del Consiglio di Stato n. 6136/2019

Distanza tra edifici

L'articolo 9 del D. Min. LL.PP. 1444/1968, al punto 2), prescrive per le nuove costruzioni ricadenti in zone diverse dalla zona territoriale omogenea A (quindi in zona diversa dal centro storico), l’obbligo di osservare una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate ed edifici antistanti.

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 6136 dell'11 Settembre 2019, ha ribadito alcuni principi:
- sull’inderogabilità della suddetta norma;
- sulla prevalenza della stessa sulle norme regolamentari e di pianificazione locale;
- sulle modalità di calcolo delle distanze;
- sulla nozione di pareti finestrate e obbligo di distanza minima anche per i tratti di parete in parte prive di finestre.

Limiti di distanza: interventi di nuova costruzione /interventi su edifici esistenti.

I limiti di distanza trovano applicazione con riferimento alle nuove costruzioni, intendendosi per tali gli edifici o parti di essi (es. sopraelevazioni) “costruiti per la prima volta” e non già gli edifici preesistenti per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse (vedi Cons. Stato, 27 ottobre 2011, n. 5759). È quanto ha stabilito la giurisprudenza, evidenziando in particolare che l’art. 9, comma 2 del D.M. 1444/1968 non riguarda gli interventi sul patrimonio edilizio esistente e dunque gli immobili che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili preesistenti con successiva ricostruzione; in questi casi infatti l’applicazione del limite di 10 metri comporterebbe un arretramento dell’edificio rispetto all’allineamento degli altri fabbricati preesistenti con conseguente perdita coattiva di volume (una sorta di espropriazione del diritto di proprietà) e realizzazione di intercapedini, rientranze e spazi chiusi nocivi per l’igiene e la salubrità (Consiglio di Stato, sezione IV, 14 settembre 2017, n. 4337).

Definizione urbanistica della distanza

La distanza tra edifici è rappresentata planimetricamente dal minimo distacco delle fronti del fabbricato da quelle dei fabbricati che lo fronteggiano. La misurazione deve essere fatta in maniera lineare o a squadra e non radiale come se le fronti antistanti avanzassero parallelamente a se stesse verso il confine.

“In relazione allo scopo delle limitazioni poste dall'art. 873 c.c., e dalle norme legislative o regolamentari che lo integrano, che è quello di evitare intercapedini dannose, le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare”. (Corte di Cassazione 25 giugno 1993, n. 7048).

R.D. 16 marzo 1942, n. 262 (Codice Civile)

Articolo 873 - Distanze nelle costruzioni

Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore

Articolo 907 Distanza delle costruzioni dalle vedute

Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'articolo 905.

Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.

Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.

Il codice individua aperture di due specie: luci, che lasciano soltanto passare l'aria e la luce, ma non consentono di affacciarsi sul fondo vicino e vedute , che consentono il libero affacciarsi sul fondo limitrofo (art.900 c.c.).

Nota
- Da questa definizione si deduce che la veduta corrisponde grosso modo al termine comune finestra, mentre nella categoria luce invece ricadono:

- fori di aerazione
- aperture chiuse con materiali che lasciano passare la luce ma non la vista, come il vetrocemento.

Misura della distanza con il metodo lineare

Nota 1 / Edifici non fronteggianti - Non si applica la misura della distanza

Facendo avanzare i due fabbricati verso il confine, in linea retta, le pareti di 1 e 2 non si incontrano in nessun punto e, pertanto, i due fabbricati non possono considerarsi fronteggianti. E' soddisfatto il principio di reciprocità. No misura radiale NM calcolata con centro in N o M. (Fig. 1). (Sentenza Corte di Cassazione n. 7285 del  07 Aprile 2005)

Fig  1   Edifici non fronteggianti

Fig. 1 - Edifici non fronteggianti / No misura distanza tra edifici

L’art. 9 del D.M. 1444/1968 prescrive una distanza minima assoluta di 10,00 m tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Ciò significa che: 

- la misura della distanza è da riferire, per espressa previsione letterale della norma, alle pareti di edifici che si fronteggiano
- la misura della distanza si applica, in analogia con la distanza prescritta dall’art. 873 c.c., soltanto alle pareti che si fronteggiano e la misurazione deve essere effettuata in modo lineare e non radiale, come invece previsto in materia di vedute (art. 907 c.c.)

In tal senso, si veda anche la recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione II, 16 aprile 2019, n. 10580: "Le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare; anzitutto lo scopo del limite imposto dall'art. 873 c.c. è quello di impedire la formazione di intercapedini nocive, sicché la norma cennata non trova giustificazione se non nel caso che i due fabbricati, sorgenti da bande opposte rispetto alla linea di confine, si fronteggino, anche in minima parte, nel senso che, supponendo di farle avanzare verso il confine in linea retta, si incontrino almeno in un punto".

Altra sentenza della Corte di Cassazione, Sezione II, 4 marzo 2011, n. 5158: “Le norme sulle distanze legali si applicano soltanto agli edifici che si fronteggiano, per cui la loro misurazione deve essere effettuata in modo lineare e non a raggio come invece previsto in materia di vedute”. (Sentenza Corte di Cassazione n. 7285 del  07 Aprile 2005).

In precedenza, la stessa Suprema Corte si era pronunciata allo stesso modo: “In relazione allo scopo delle limitazioni poste dall'art. 873 c.c., e dalle norme legislative o regolamentari che lo integrano, che è quello di evitare intercapedini dannose, le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare”. (Corte di Cassazione 25 giugno 1993, n. 7048).

Le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare. Infatti lo scopo del limite imposto dall'art. 873 codice civile è quello di impedire la formazione di intercapedini nocive, per cui la norma non trova applicazione se non nel caso in cui i due fabbricati, sorgenti da bande opposte rispetto alla linea di confine, si fronteggiano, anche in minima parte, nel senso che, supponendo di farli avanzare verso il confine in linea retta, si incontrino almeno in un punto”. (Corte di Cassazione 25 luglio 1972, n. 2548).

In direzione contraria, si cita una sentenza del Consiglio di Stato (n. 7731/2010) che ha affermato che la distanza di 10,00 m tra pareti finestrate di edifici antistanti va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati (e non alle sole parti che si fronteggiano) e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela.

Nota 2 Edifici fronteggianti

Facendo avanzare il fabbricato A verso il confine, in linea retta secondo le pareti di 1 e 2 esso non si incontra il fabbricato B. Per il principio di reciprocità facendo avanzare il fabbricato B verso il confine, in linea retta secondo la parete 3 (direzione MN/OP) i due fabbricati si incontrano nel  punto Q. Pertanto la distanza minima tra i due fabbricati è uguale al segmento QR (Fig. 2)

Fig  2   Misura della distanza minima con il metodo lineare Edifici fronteggianti

Fig. 2 - Misura della distanza minima con il metodo lineare edifici fronteggianti

Con le notazioni 1 e 2 applicando il principio della misura lineare delle distanze, la distanza minima tra i due fabbricati si misura sul segmento MN. No misura radiale QN calcolata con centro in Q o in N. (Fig. 3)

Distanza tra edifici 02

Fig. 3 - Misura della distanza minima con il metodo lineare

Con le notazioni delle figure precedenti applicando il principio della misura lineare delle distanze, la distanza minima tra i due fabbricati è la minore tra MN e QP.  No misura radiale QN calcolata con centro in Q o N. (Fig. 4)
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Fig. 4 - Misura della distanza minima con il metodo lineare

Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

Art. 9 D.M. 1444/1968

Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale (Fig. 5).

Nuovi edifici ricadenti in altre zone (B, C, D, E, F): è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.

Distanza tra edifici 03

Fig. 5 - Zona A

“… la distanza minima di dieci metri tra edifici ex art. 9 d.m. 2 aprile 1968 si applica alla realizzazione di nuovi edifici anche in zona omogenea "A" e può essere derogata soltanto nelle operazioni di risanamento conservativo e nelle ristrutturazioni” Cassazione civile , sez. II, 03 febbraio 1999, n. 879..."

Tutte le altre ZTO (Fig. 6)
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Fig. 6 - Distanza minina altre ZTO

Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a 12 m. (Fig. 7 e Fig. 8)

...

Fig. 7 - Distanza minima Zona C pari all’altezza del fabbricato più alto

Distanza tra edifici 04

Fig. 8 - Distanza minima Zona C se li edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a 12 m.

Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee (ZTO) sono stabilite come segue (Fig. 9 e Fig. 10):

Le distanze minime tra fabbricati tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

- 5,00 m per lato, per strade di larghezza inferiore a 7 m.
- 7,50 m per lato, per strade di larghezza compresa tra 7 m e 15 m;
- 10,000 m per lato, per strade di larghezza superiore a 15 m.
...

Fig. 9

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche (Fig. 10)
...

Fig. 10

Esemplificazioni

Distanza tra edifici 05

Da= distanza del preesistente edificio A dal confine (può essere minore, uguale o maggiore della distanza minima regolamentare).
Dc= distanza minima assoluta dal confine (misurata in modo radiale)
Db= distanza del preesistente edificio B dal confine (può essere minore, uguale o maggiore della distanza minima regolamentare).
La distanza minima Dm tra le pareti antistanti finestrate dell’edificio A e del costruendo edificio B è uguale a quella stabilita dalla NdA del PRG.
Nel caso di pareti antistanti non finestrate deve essere rispettata soltanto la distanza minima assoluta dal confine Dc.
La predetta distanza minima non è derogabile da accordi sottoscritti tra i privati confinanti.

Fig. 11 Esemplificazioni

1° CASO

Edificio esistente A con parete interna finestrata e costruendo edificio B  con parete B1, B2 e B3 indifferentemente finestrate/non finestrate.
La parete dell’edificio B1 che fronteggia l’edificio A deve essere posizionata alla distanza minima regolamentare (Dm).
Le pareti dell’edificio B2 e B3 che non fronteggiano l’edificio A possono essere posizionate alla distanza minima dal confine (Dc).

Distanza tra edifici 06
Fig. 12 Esemplificazioni

2° CASO

Edificio esistente A con parete interna finestrata e costruendo edificio B  con parete B1 finestrata, B2 e B3 indifferentemente finestrate/non finestrate.La parete dell’edificio B1 che fronteggia l’edificio A deve essere posizionata alla distanza minima regolamentare (Dm).
Le pareti dell’edificio B2 e B3 che non fronteggiano l’edificio A possono essere posizionate alla distanza minima dal confine (Dc).

Distanza tra edifici 07

Fig. 13 Esemplificazioni
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Fig. 14 Esemplificazioni
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Fig. 15 Esemplificazioni
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Fig. 16 Esemplificazioni
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Fig. 17 Esemplificazioni
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Fig. 18 Esemplificazioni

8° CASO

Edificio esistente A a piano terra con parete interna non finestrata di altezza Ha.

E’ possibile costruire l’edificio B a più elevazioni con piano terra finestrato e porticato con altezza a piano terra Hb non minore di Ha (nel rispetto delle altezze minime regolamentari) ponendo il nuovo edificio alla distanza minima dal confine (Dc).

Distanza tra edifici 08

Fig. 19 Esemplificazioni
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Fig. 20 Esemplificazioni

Distanze tra edifici

Legislazione

D.M. 1444/1968
...

art. 2. Zone territoriali omogenee

Sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:

A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;
B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;
C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l'edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);
D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;
E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);
F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.
...

art. 9. Limiti di distanza tra i fabbricati

Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale (come detto sopra).

2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.

3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml 12.
Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

- ml. 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7.
- ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;
- ml. 10,000 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

D.P.R 380/2001
...
Art. 2 bis Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati
1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprieta' e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attivita' collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali. (articolo introdotto dal decreto legge 69/2013)

Note ANCE

DISTANZE FRA EDIFICI DI CUI UNO SOLO CON PARETE FINESTRATA. La giurisprudenza ha più volte avuto modo di precisare che, ai fini dell’operatività della previsione del limite di 10 metri, è sufficiente che sia finestrata anche una sola delle due pareti interessate (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2013, n. 5557; Cons. Stato, 9 ottobre 2012, n. 5253).

DISTANZE FRA EDIFICI CON APERTURE POSTE A QUOTE DIFFERENTI. Ugualmente è stato evidenziato più volte che l’obbligo di rispettare le distanze stabilite dall’art. 9 DM 1444/1968 sussiste indipendentemente dalla eventuale differenza di quote su cui si collochino le aperture tra le due pareti frontistanti (Consiglio di Stato, sez. IV, 04/08/2016, n. 3522; Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 856; Cons. Stato, 11 giugno 2015, n. 2861; Cons. Stato, 22 gennaio 2013, nr. 354; Cons. Stato, 20 luglio 2011, n. 4374).

DISTANZE FRA EDIFICI LE CUI PARETI ANTISTANTI SONO IN PARTE FINESTRATE IN PARTE NO. La giurisprudenza ha poi dichiarato illegittimo un articolo delle NTA di un PRG che impone il rispetto della distanza minima di 10 m. tra pareti finestrate soltanto per i tratti di esse dotati di finestre, con esonero di quelli ciechi, in quanto contrastante con le prescrizioni dell’art. 9, comma 1, n. 2 DM 1444/1968, il quale prescrive l’osservanza di tale distacco con riferimento all’intera estensione della parete; ne deriva che la disposizione regolamentare va disapplicata e sostituita con inserzione automatica della diversa previsione statale, direttamente applicabile nei rapporti tra privati (Cassazione civile, sez. II, 02/03/2018, n. 5017; Cassazione civile, sezioni unite, 07/07/2011, n. 14953).

Al riguardo, viene precisato che “l’art. 9 DM 1444/1968 è volto a disciplinare le distanze tra le costruzioni e non tra queste e le vedute, in modo che sia assicurato un sufficiente spazio libero, che risulterebbe inadeguato se comprendesse soltanto quello direttamente antistante alle finestre in direzione ortogonale, con esclusione di quello laterale: ne conseguirebbe la facoltà per i Comuni di permettere edificazioni incongrue, con profili orizzontali dentati a rientranze e sporgenze, in corrispondenza rispettivamente dei tratti finestrati e di quelli ciechi delle facciate. Ne consegue che assume carattere preminente, nel calcolo delle distanze, la parete munita di finestre, nel suo sviluppo ideale verticale od orizzontale rispetto alla frontistante facciata e non già la reciproca posizione delle finestre in entrambe le superfici aperte” (Cassazione civile, sez. II, 02/03/2018, n. 5017).

DISTANZE FRA EDIFICI POSTI A QUOTE DIFFERENTI DEL PIANO DI CAMPAGNA. Su questo tema la giurisprudenza ha evidenziato che:

- l’art. 873 trova applicazione anche quando, a causa del dislivello tra i fondi, la costruzione edificata nell’area meno elevata non raggiunga il livello di quella superiore, in quanto non soltanto le esigenze di tutelare l’assetto urbanistico e l’ambiente non vengono meno per l’esistenza di una scarpata tra un fondo e l’altro, ma permane anche la necessità di evitare intercapedini dannose (Cassazione, Sez. 2, 10 novembre 1998, n. 11280; Sez. 2, 5 dicembre 2007, n. 25393; Sez. 2, 15 luglio 2008, n. 19486; Sez. 2, 11 settembre 2013, n. 20850 che da rilievo alla distanze in sè delle costruzioni, a prescindere dal loro fronteggiarsi o meno e dal dislivello dei fondi su cui insistono (cassazione, Sez. 2, 4 ottobre 2005, n. 19350).

- l’art. 9, comma 1, n. 2, nel fissare una distanza minima assoluta più ampia di quella dettata dal codice civile presuppone che le pareti, di cui almeno una finestrata, siano antistanti e quindi fronteggiantisi: tale norma, pertanto, non è applicabile per la costruzione, o per la parte di essa, realizzata nel fondo inferiore che non superi il dislivello naturale dei fondi (Cassazione, sez. 2, 17 ottobre 1992, n. 11435, sez. 2, 25 giugno 2012, n. 10575). La giurisprudenza ha specificato che, ai fini dell’applicazione dell’art 41-quinquies Legge n. 1150/1942, non può tenersi conto delle costruzioni sottostanti il piano di campagna, “le quali nel caso di fondi a dislivello non possono considerarsi frontistanti”.

DISTANZE FRA EDIFICI CON PARETI NON FINESTRATE. Nonostante il dettato normativo che impone il limite di distanza di 10 metri fra pareti finestrate, la giurisprudenza sembra propendere per l’applicazione di tale limite anche ad edifici antistanti le cui pareti siano prive di finestre (e quindi di vedute). Oltre a quanto specificato sopra in relazione agli edifici con pareti in parte finestrate, in parte no, in diverse pronunce si afferma che il divieto di costruire a distanza inferiore a 10 metri ha portata generale, astratta e inderogabile, da cui deriva l’esclusione di ogni discrezionalità valutativa del giudice circa l’esistenza in concreto di intercapedini e di pregiudizio alla salubrità degli immobili (cfr. TAR Campania, sez. II, 7 dicembre 2017, n. 5785; Cons. Stato, sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6489; Cons. Stato, sez. IV, 9 maggio 2011, nr. 2749; Cons. Stato., 5 dicembre 2005, n. 6909).

DISTANZE NELLE ZONE A (CENTRI STORICI). Con specifico riferimento alle zone A, la giurisprudenza ha evidenziato che per le distanze tra costruzioni in zona A, posto che il limite di distanza corrispondente a quella tra i volumi edificati preesistenti riguarda soltanto gli interventi di risanamento conservativo e di ristrutturazione, nel caso (eccezionale) di nuova costruzione anche nella suddetta zona si applica la distanza di 10 metri di cui all’art. 9, comma 1, punto 2), del DM 1444/1968 (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4337/2017; TAR Campania, sez. II, 7 dicembre 2017, n. 5785; Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 gennaio 2003 n. 419; Consiglio di Stato, Sez. V, 19 marzo 1999 n. 280; TAR Liguria, Sez. I, 14 dicembre 2012 n. 1660).

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Sentenza Consiglio di Stato sez. II n. 4465 10 luglio 2020
Sentenza CC n. 7285 del 07 Aprile 2005
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4.0 19.10.2021 Sentenza Consiglio di Stato n. 5830 del 9 agosto 2021
Sentenza Corte Costituzionale n. 30 del 21 febbraio 2020
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3.0 03.05.2021 Aggiunte modifiche DPR 380/2011 da D.L 69/2013 Decreto del fare Certifico Srl
2.0 16.06.2019 Aggiunte modifiche DPR 380/2011 da DL 32/2019 Sblocca cantieri Certifico Srl
1.0 07.05.2019 Aggiunta Rif.  Sentenza CC 16 aprile 2019, n. 10580 Certifico Srl
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