Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 4070 | 03 Febbraio 2021

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Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 03 febbraio 2021 n. 4070

Mancanza di parapetto regolamentare della scala in muratura e rovinosa caduta del lavoratore. Omessa adozione di una completa e corretta valutazione dei rischi

Penale Sent. Sez. 4 Num. 4070 Anno 2021
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 11/12/2020

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 24.4.2019 la Corte di appello di Torino confermava la condanna di A.R. in ordine al reato di cui all'art. 590, comma 3, cod. pen., per avere, quale datore di lavoro di fatto di Z.A., colposamente cagionato lesioni gravi al medesimo, non avendo provveduto a dotare di un parapetto regolamentare la scala di muratura di collegamento tra il piano seminterrato e quello superiore su cui lo Z.A. stava lavorando, in mancanza del quale il lavoratore cadeva dai gradini della scala, rovinando all'indietro sul pavimento di cemento, procurandosi un trauma cranico grave, con prognosi di 180 gg. s.c. (fatto del 26.9.2012).
2. Avverso tale sentenza d'appello propone ricorso per cassazione il A.R., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) violazione di legge e vizi motivazionali secondo i seguenti profili.
Si deduce, quanto alla corretta valutazione dei rischi di cui all'art. 96 d.lgs. n. 81/2008, che non convince l'argomentazione della Corte territoriale secondo cui "una corretta e completa valutazione dei rischi avrebbe consentito l'adozione delle misure necessarie a garantire la sicurezza dei lavoratori". Si afferma che ciò che rileva ai fini della produzione dell'evento sono le misure di prevenzione e sicurezza effettivamente installate e non la loro astratta previsione sulla carta all'atto della predisposizione del POS. Nel caso di specie è chiaro che la causa dell'evento è stata la mancanza di un idoneo parapetto e non certo la mancanza di un POS dettagliato e specifico.
Quanto alla violazione dell'art. 147 d.lgs n. 81/2008, relativamente all'assenza di un parapetto regolamentare, si ritiene illogica la motivazione nella parte in cui esclude che sia stato lo stesso lavoratore a rimuovere le protezioni laterali in questione. Sul punto le deposizioni del teste R. non appaiono significative e, semmai, confermano la probabile esistenza di analoghe protezioni al piano inferiore doveva lavorava l'infortunato. Inoltre, la rimozione delle protezioni non necessitata dall'esecuzione dei lavori in oggetto costituisce iniziativa autonoma ed estemporanea del lavoratore capace di porsi come causa sopravvenuta di per sé idonea a provocare l'evento. Tale aspetto non risulta approfondito nella sentenza impugnata.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Innanzitutto, va evidenziato che nel caso di c.d. "doppia conforme" le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
2.1. La Corte territoriale ha, invero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza, procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
2.2. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione, di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di r:icostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/ 06/ 2016 ).
2.3. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca, Rv. 255542).
2.4. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
2.5. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione della valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
2.6. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774): ipotesi che, nella specie, deve escludersi.
3. Ciò posto, giova rammentare che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante" è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il d.lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.
4. Nel caso che occupa, l'imputato (quale onerato della "posizione di garanzia" nella materia prevenzionale, come spiegato dai Giudici del merito) era il gestore del rischio e l'evento si è verificato nell'alveo della sua sfera gestoria (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261108).
E' stato accertato insindacabilmente che la scala in muratura di collegamento tra il piano seminterrato e quello superiore era priva delle previste protezioni laterali, la cui presenza avrebbe certamente evitato che il lavoratore, in caso di caduta accidentale, riportasse le gravi lesioni in atti refertate.
Non è questa la sede per rimettere in discussione le circostanze che hanno condotto alla situazione del cantiere, riscontrata a seguito degli accertamenti svolti dallo SPRESAL, né questa Corte può valutare diversamente le dichiarazioni rese dal R., non potendo entrare nel merito della ricostruzione dei fatti riportata nelle sentenze di merito, priva di incongruenze o di aporie logiche evidenti, come tale esente da vizi rilevabili nella presente sede di legittimità.
Anche le argomentazioni in ordine alla mancata adozione di una completa e corretta valutazione dei rischi, quale imposta dall'art. 96 del d.lgs. n. 81/2008, sono assolutamente congrue, logiche e prive di errori in diritto, potendosi certamente affermare che la genericità del Piano operativo di sicurezza abbia contributo, quale concausa, alla produzione dell'evento, posto che una corretta e completa valutazione dei rischi avrebbe consentito l'adozione delle misure necessarie a garantire la sicurezza dei lavoratori. Si tratta di una valutazione controfattuale certamente plausibile e ragionevole, che come tale sfugge alle apodittiche doglianze prospettate sul punto dal ricorrente.
Infine, la eventuale ed ipotetica condotta abnorme dello Z.A. non può considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento, poiché essa non si è collocata al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. In altri termini, la complessiva condotta del lavoratore, per come è stata accertata in sede di merito, non è stata eccentrica rispetto al rischio lavorativo che il garante (il ricorrente quale titolare della ditta) era chiam ato a governare (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, cit.).
5. La riscontrata inammissibilità del ricorso, cui consegue la mancata instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen., tra cui la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 21726601).
6. Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11 dicembre 2020

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