Cassazione Civile Ord. Sez. 2 Num. 24230 Anno 2018

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impianto idrico

Gravi difetti dell'opera: impianto idrico

Responsabilità del venditore, costruttore, progettista e direttori dei lavori

Civile Ord. Sez. 2 Num. 24230 Anno 2018

Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: OLIVA STEFANO
Data pubblicazione: 04/10/2018

Fatti di causa

Con atto di citazione notificato il 24.1.2000 M. M., M. R., M. R., F. F., V. G., O. A. M., M. M., M. D. e B. I., acquirenti delle unità immobiliari comprese in un fabbricato sito in Castelfranco Emilia, via De Gasperi n.9, evocavano in giudizio innanzi il Tribunale di Modena I. Srl in liquidazione, F. G., Impresa Costruzioni Ing. F. Srl e i suoi soci F. F. e L. M. C., questi ultimi in via sussidiaria rispetto alla società, per sentirli condannare al risarcimento del danno derivante dai vizi e difetti riscontrati sull'immobile compravenduto, o in subordine (per il caso di accertata impossibilità di conseguire l'abitabilità delle unità immobiliari acquistate dagli attori) per la risoluzione del rispettivi contratti di compravendita e la condanna alla restituzione del prezzo. Gli attori lamentavano che l'edificio nel quale erano ubicati gli immobili da loro acquistati non aveva conseguito l'abitabilità, presentava fessurazioni nei muri esterni e conseguenti problemi di statica e non era dotato di impianto fognario a norma di legge, tanto che il Comune aveva intimato i convenuti, con ordinanza del 28.4.1999, a presentare un progetto di modifica da eseguirsi entro 90 giorni e a comunicare, all'esito, la fine lavori. Si costituivano con separate difese: (1) il progettista e direttore dei lavori F. G., quale deduceva di aver ricevuto incarico dalla proprietaria I. Srl; (2) L. M. C., liquidatrice di I. Srl e socia di Impresa Costruzioni F. srl; (3) nonché quest'ultima società e F. F., rispettivamente esecutrice delle opere e amministratore di I. Srl all'epoca delle vendite; restava invece contumace I. Srl. Tutti i convenuti costituiti contestavano a vario titolo la loro responsabilità per i vizi allegati dagli attori. Venivano espletati prima un A.T.P., poi una C.T.U. e la prova orale, e all'esito il Tribunale accoglieva la domanda condannando F. G., I. Srl e -in via sussidiaria rispetto alla Impresa Costruzioni F. srl- il socio F. F., anche in maniera rispetto all'altra soda, L. M. C., al risarcimento del danno causato agli attori. Interponeva appello il solo F. G. e la Corte di Appello di Bologna, con la sentenza impugnata n.1857/2014, rigettava il gravame confermando la sentenza di prime cure. La Corte territoriale, dopo aver escluso la sussistenza di profili di decadenza o prescrizione poiché i vizi erano stati effettivamente conosciuti dagli attori soltanto a seguito dell'A.T.P., confermava la qualificazione dell'azione ai sensi dall'art.1.669 c.c. e l'esperibilità di essa tanto contro il proprietario che nei confronti di costruttore, progettista e direttore dei lavori e respingeva le critiche sollevate dall'appellante all'operato del C.T.U. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione F. G. affidandosi a cinque motivi. Resistono con controricorso M. M., M. R., M. M., M. D., V. G., F. F., B. I., O. A. M. e M. R. Gli altri intimati Impresa Costruzioni A. Srl, F. F., I. Srl e L. M. C. non hanno svolto attività difensiva in questo grado. Il ricorrente ha depositato memoria.

Ragioni della decisione

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.101, 191, 194, 196 e 206 c.p.c., l'omessa motivazione e la nullità della sentenza e del procedimento in relazione agli artt,360 nn.3, 4 e 5 c.p.c., nonché la radicale nullità delle consulenze tecniche redatte in sede di A.T.P. e nel corso del giudizio di merito. Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello avrebbe dovuto rilevare che il consulente tecnico M., designato in fase di A.T.P., era andato oltre il quesito affidatogli e, dopo il primo accesso, non aveva più provveduto a convocare le parti o i loro consulenti; mentre il consulente tecnico B., nominato nel giudizio dì merito, aveva nel suo elaborato ritenuto non conformi opere che invece erano state eseguite nel rispetto della normativa tecnica del settore (il ricorrente sì riferisce, in particolare, al cordolo esterno in cemento, del quale il C.T.U. aveva "proposto" un ampliamento "per migliorare fa portata delle strutture perimetrali"). La doglianza è inammissibile in quanto sì risolve in un riesame del merito, precluso in questa sede. Inoltre, difetta della necessaria specificità in quanto il ricorrente: 1) con riferimento al lamentato travalicamento del quesito, non indica in quale parte o misura il consulente nominato in sede di A.T.P. sarebbe incorso in detto vizio; 2) con riferimento alla mancata riconvocazione delle parti e dei rispettivi consulenti per il prosieguo delle operazioni peritali dopo il primo accesso, non riporta il verbale di detto accesso e quindi non dimostra che il consulente tecnico non avesse direttamente indicato in quel verbale una data per la prosecuzione delle operazioni -solo in tale eventualità sarebbe stata infatti necessaria la riconvocazione di parti e C.T.P.-; 3) con riferimento invece all'ultima censura, relativa alle valutazioni del C.T.U, nominato nel giudizio di merito, non deduce quale sarebbe stata l'effettiva incidenza del presunto vizio logico dell'accertamento peritale sulla decisione finale della controversia, posto che il consulente si era limitato a formulare un mero suggerimento, che evidentemente spettava poi al giudice del merito valutare. Con il secondo motivo, il ricorrente lamentala violazione e falsa applicazione degli artt.101, 191, 194, 196 e 206 c.p.c., l'omessa motivazione e la nullità della sentenza e del procedimento in relazione all'art.360 nn,3, 4 e 5 c.p.c., nonché la radicale nullità delle consulenze tecniche redatte in sede di A.T.P. e nel corso del giudizio di merito e il mancato accoglimento dell'istanza di rinnovazione proposta dal F. Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che egli avesse criticato la C.T.U., posto che ne aveva eccepito piuttosto la radicale nullità e ne aveva invocato la rinnovazione. Inoltre, la Corte territoriale non avrebbe rilevato che il consulente tecnico aveva valutato un documento acquisito al di fuori del contraddittorio processuale e di provenienza ignota. La doglianza è infondata nella sua prima parte, poiché la Corte di Appello afferma testualmente che "Quanto alle doglianze relative agli accertamenti tecnici, preventivo e in corso di causa, devono essere disattesi i riproposti profili di nullità analogamente infondate /e obiezioni di irritualità della C. T. U. sia per il profilo concernente l'ausilio di un tecnico strutturista ... sia per il profilo relativo alla contestata acquisizione della tavola grafica delle fondazioni dell'edificio" (cfr. pagg.6 e 7 della sentenza impugnata). Di conseguenza, la Corte di merito ha correttamente interpretato le diverse eccezioni proposte dall'odierno ricorrente, concludendo -con motivazione scevra da vizi logico-giuridici per il loro rigetto. Ed è parimenti infondata nella seconda parte, posto che "Nello svolgimento delle indagini affidategli il consulente tecnico può assumere informazioni da terzi ed acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti ed il giudice, purché si tratti di fatti cosiddetti accessori e non di fatti costitutivi della domanda o delle eccezioni, può utilizzarli per il proprio convincimento anche se siano stati desunti da documenti non prodotti dalle parti" (Cass. Sez. L, Sentenza n.13015 del 14/07/2004, Rv. 574543). Né occorre una specifica autorizzazione del giudice all'acquisizione, posto che "Il consulente tecnico, nell'espletamento del mandato ricevuto, può chiedere informazioni a terzi ed alle parti, per l'accertamento dei fatti collegati con l'oggetto dell'incarico, senza bisogno di una preventiva autorizzazione del giudice e queste informazioni, quando ne siano indicate le fonti, in modo da permettere il controllo delle parti, possono concorrere con le altre risultanze di causa alla formazione del convincimento dei giudice" (Cass. Sez. 3, Sentenza n.15411 del 10/08/2004, Rv. 575933; conforme Cass. Sez, 1, Sentenza n.24323 del 22/11/2007, Rv.600629; Cass. Sez, 2, Sentenza n.14652 del 27/08/2012, Rv. 623714; Cass. Sez. 2, Sentenza n.4729 del 1010312015, Rv. 634655). Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.1669, 2053, 2964 e 2934 c.c. nonché il vizio della motivazione, in relazione all'art.360 nn.3 e 5 c.p.c. Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello avrebbe dovuto accogliere l'eccezione di prescrizione dell'azione e ritenere insussistenti i profili di responsabilità di cui agli artt.1669 e 2697 c.c., posto che gli attori avevano conseguito il possesso degli immobili nel 1994 ed avevano denunziato i vizi di cui è causa per la prima volta soltanto nel 1999. Non sarebbe condivisibile -sempre secondo il F.- l'interpretazione della Corte territoriale, che ha collocato la piena conoscenza dei vizi nel febbraio 1999, allorquando gli attori hanno avuto contezza della relazione tecnica eseguita dal perito da essi incaricato per la verifica dell'edificio. Inoltre non si tratterebbe di vizi rilevanti ai fini dell'azione ex art. 1669 c,c, polche gli attori hanno potuto usare le loro abitazioni per oltre vent'anni, e ciò dimostrerebbe la non incidenza dei difetti sul libero godimento del bene, Infine, sempre ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe considerato che l'edificio aveva conseguito il certificato di agibilità, né avrebbe graduato la colpa del venditore, del costruttore, del progettista e del direttore dei lavori. La doglianza, nelle sue varie articolazioni, è inammissibile. L'individuazione del momento in cui gli attori hanno conseguito la piena consapevolezza dei vizi di cui è causa costituisce oggetto di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito. Peraltro, nel caso di specie la Corte di Appello ha deciso in senso assolutamente conforme alla giurisprudenza di questa Corte, posto che il dies a quo per il computo dei termini previsti dall'art.1669 c.c. va individuato a partire dal momento in cui l'attore acquisisce la "… conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata fa gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo" (Cass. Sez. 2, Sentenza n.1463 del 23/01/2008, Rv.601284; conformi, Cass. Sez. 2, Sentenza n_10048 del 24/04/2018, Rv.648162 Cass. Sez. 1, Sentenza n.2460 del 01/02/2008, Rv.601449; Cass. Sez. 2, Sentenza n.20853 del 29/09/2009, Rv.610290; Cass, Sez. 21Sentenza n.11740 del 01/08/2003, Rv.565596). Dal che consegue l'inammissibilità della doglianza, sotto questo aspetto, anche per contrarietà all'art.360-bis n.1 c.p.c. Quanto poi ai fatto che gli attori abbiano abitato gli immobili di cui è causa, ciò non esclude l'incidenza dei vizi sul libero godimento del bene, posto che la valutazione va eseguita in termini oggettivi, dovendosi -secondo la costante giurisprudenza di questa Corte - dare rilievo ai vizi che "... al di fuori dell'ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell'edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante ii normale godimento, la funzionalità o l'abitabilità del medesimo" (Cass. Sez. 2, Sentenza n.5632 del 18/04/2002, Rv. 553832). Più precisamente, "I gravi difetti che ai sensi dell'art.1669 c.c, fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti dei committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura" (Cass. Sez. 2, Sentenza n.19868 del 15/09/2009, Rv.610578). A tal fine, rilevano anche vizi non totalmente impeditivi dell'uso dell'immobile, come ad esempio quelli relativi all'efficienza dell'impianto idrico (Cass. Sez. 2, Sentenza n.3752 del 19/02/2007, Rv.595414) o alla presenza di infiltrazioni e umidità (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21351 del 04/11/2005, Rv.584684), ancorché incidenti soltanto su parti comuni dell'edificio, e non sulle singole proprietà dei condomini (Cass. Sez. 2, Sentenza n.84 del 03/01/2013, Rv.624395). Inoltre, il profilo è anche privo di decisività, posto che esso afferisce a valutazioni differenti da quelle rilevanti ai fini della configurabilità del vizio previsto dall'art.1569 c.c. Per quel che invece concerne la rilevanza del certificato dì agibilità dell'edificio, va ribadito il principio secondo cui la valutazione delle prove appartiene al sindacato riservato al giudice di merito e la censura relativa alla "... insufficiente giustificazione logica dell'apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove, non può limitarsi a prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile o probabile corrispondenza alla realtà (attuale, poiché è necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l'unica possibile" (Cass. Sez. 1, Sentenza n.25927 del 23/12/2015, Rv.638292). Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.1298 e 2055 c.c. e l'omessa motivazione, in relazione all'art.360 nn.3 e 5 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe omesso di eseguire una graduazione delle colpe dei diversi soggetti ritenuti responsabili per i vizi di cui è causa. Ad avviso del ricorrente, la Corte di merito avrebbe dovuto considerare che: 1) il progetto non sarebbe mai stato oggetto di censura; 2) le opere sarebbero state eseguite da F. F., reale dominus dell'iniziativa; 3) il costruttore avrebbe eseguito talune lavorazioni all'insaputa della direzione lavori; 4) il ricorrente sarebbe cessato dalla carica dì direttore dei lavori tra la fine del 1994 e l'inizio del 1995. Di conseguenza, la Corte territoriale avrebbe dovuto escludere o sensibilmente limitare la responsabilità del ricorrente. La doglianza è inammissibile perché si risolve in una istanza di revisione del giudizio di merito operato dalla Corte di Appello. Inoltre, difetta della necessaria specificità in quanto il ricorrente afferma, ma non dimostra, che il progetto non sarebbe mai stato oggetto di censura; non indica quali opere sarebbero state svolte dall'impresa di costruzione all'insaputa della direzione lavori; non fornisce elementi idonei a dimostrare la sua effettiva cessazione dalla carica di direttore dei lavori nel periodo fine 1994 - inizio 1995 ovvero in qualsiasi altro momento; non dimostra, infine, di aver sollevato le diverse eccezioni indicate nel motivo nel corso dei precedenti gradi del giudizio. Peraltro, va ribadito che in assenza di prova contraria -che il ricorrente non ha fornito- va ravvisata la responsabilità concorrente e solidale di appaltatore, progettista e direttore dei lavori, in applicazione del principio di cui all'art.2055 c.c., tutte le volte in cui il vizio o difetto dipenda da un evento in relazione al quale sussiste un obbligo di controllo o di verifica a carico dì tutti i predetti soggetti (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n.14650 del 27/08/2012, Rv.623883, in relazione all'ipotesi del cedimento delle fondazioni dovuto alle caratteristiche geologiche del suolo; nonché Cass. Sez. 2, Ordinanza n.29218 del 06/12/2017, Rv.646538, con riferimento al caso di vizi connessi ad infiltrazioni d'acqua). Né rileva il diverso titolo al quale si ricollega la responsabilità dei vari soggetti coinvolti nella causazione del danno (Cass. Sez. 2, Sentenza n.972 dei 28/01/2000, Rv.533251), sussistendo comunque la responsabilità solidale di "... tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell'opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell'evento dannoso, costituito dall'insorgenza dei vizi in questione" (Cass. Sez. 2, Sentenza n.17874 del 23/07/2013, Rv.627344). Con il quinto ed ultimo motivo, il ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt.111 Cost., 132 e 156 c.p.c., perché la Corte di Appello: 1) avrebbe applicato alla fattispecie l'art.1669 cc. senza considerare che gli immobili erano stati abitati per vent'anni dagli attori; 2) non avrebbe tenuto conto del fatto che il metodo dì valutazione delle strutture utilizzato dai C.T.U. (metodo delle tensioni ammissibili) sarebbe stato superato anche a livello normativo, visto che il DM 14.01.08 -per la verità entrato in vigore dopo l'inizio della causa- prevede un diverso metodo (metodo degli stati limite); 3) non avrebbe valorizzato la circostanza che l'edificio aveva resistito ai terremoti verificatisi nella zona nel 1996, nel 2003 e nel 2012. Anche questa censura, come le precedenti, si risolve in una richiesta di riesame del merito ed è inammissibile. Inoltre, il tema del terremoto del 2012 è nuovo ed è stato proposto per la prima volta con le conclusioni in appello, il che rende ulteriormente inammissibile -sotto tale specifico profilo- la doglianza in esame. In definitiva, il ricorso va rigettato e le spese del grado, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art.1 comma 17 della Legge n.228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art.13 del Testo Unico di cui al D.P.R. n.115 del 2002, della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PMQ

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 8.200 di cui euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge. Ai sensi dell'art,13 comma 1-quater del D.P.R. n.115/2002, inserito dall'art.1 comma 17 della Legge n.228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art.1-bis dello stesso art.13. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, in data 21 giugno 2018.

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